Diritti o dritti. Di fatto.

Chiaro e limpido: nel Belpaese, una coppia di fatto non ha diritti ma soltanto doveri. Incluso quello di farsi privare dei propri diritti. Con questa, il P.I.L. va allo 0,8%, garantito (e comunque occhio all’instant poll). 

Niente più alimenti a chi ha una nuova famiglia di fatto

La Cassazione: di fronte a unioni stabili decade il diritto al mantenimento. Anche gli enti pensionistici stanno studiando come adeguarsi alla novità
 13/04/2015
FRANCESCO GRIGNETTI
ROMA

Cattive notizie per chi conta sull’assegno di mantenimento. La Corte di Cassazione è tornata sul tema del diritto agli alimenti, e ha precisato meglio un concetto già avanzato nel 2011: nei casi in cui uno dei due ex coniugi – e le statistiche dicono che è quasi sempre l’ex marito a versare e la ex moglie a incassare – si sia rifatto una famiglia, anche se è una convivenza di fatto e non è un secondo matrimonio in piena regola, ebbene, il diritto all’assegno di mantenimento decade.

Con la sentenza 17195 del 2011, la Cassazione aveva già stabilito il principio che il subentrare di una famiglia di fatto faceva cadere la necessità economica del mantenimento da parte dell’ex coniuge. In quel caso si stabiliva però che siccome una famiglia di fatto è temporanea per definizione, allora anche la sospensione dell’assegno di mantenimento sarebbe stata temporanea e non definitiva, tantomeno automatica. Con la sentenza 6855 del 3 aprile 2015, la Prima sezione civile della Cassazione va oltre e riconosce molta più forza di un tempo alla famiglia di fatto, che – scrivono – non consiste «soltanto nel convivere come coniugi, ma indica prima di tutto una “famiglia” portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione dei figli».

INSTANT POLL

Niente più alimenti se l’ex moglie ha una nuova famiglia di fatto. Sei d’accordo con la sentenza della Cassazione

93%

Sì  4068 vote(s)

6%

No  277 vote(s)

1%

Non so  45 vote(s)

Quando la famiglia di fatto è qualcosa di serio, dunque, la Cassazione riconosce che «il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale non può che venir meno di fronte all’esistenza di una vera e propria famiglia, ancorché di fatto». Ma quando la famiglia di fatto diventa stabile? Quando i conviventi elaborano «un progetto e un modello di vita in comune». Magari con figli. «E non si deve dimenticare che obblighi e diritti dei genitori nei confronti dei figli sono assolutamente identici in abito matrimoniale e fuori dal matrimonio». Ecco, secondo la Cassazione quella convivenza non è più una meteora.

È questo il nuovo caposaldo giuridico: se l’ex coniuge si ricostruisce una vita, anche se questa non passa nuovamente per un matrimonio, è da considerarsi come una nuova stabilità. E da questo punto di vista, la decadenza dell’assegno di mantenimento, pur clamorosa, può essere considerato un mero effetto collaterale. Già, perché la sentenza 6855 è soprattutto un altro mattone alla giurisprudenza che fortifica la famiglia di fatto in Italia. La sentenza è divenuta oggetto di studio addirittura negli enti pensionistici, perché le ricadute potrebbero essere enormi, mettendo in forse le regole sulle pensioni di reversibilità: qualora il coniuge sopravvissuto torni a ricostruirsi una famiglia, sia pure di fatto e non di diritto, e quindi non fosse più da considerarsi un vedovo/vedova, ha diritto ancora ad incassare l’assegno di reversibilità? E di contro: il convivente sopravvissuto all’altro convivente, se la famiglia di fatto è equiparata a quella di diritto, non avrà forse diritto al vitalizio di reversibilità? Quesiti. A cui la politica tarda a dare risposte e una volta di più spetta alla magistratura supplire.

(Da La Stampa del 13/4/2015)

Mandato di Cattura

Fermi. Prima che la vostra fantasia si scateni tentando d’indovinare il politico di turno, ci terrei a spiegare che “Mandato di Cattura” è il mio nuovo racconto, uscito oggi nella collana “Chew-9” edita da DelosDigital e disponibile su Amazon.  E’ fantascienza pura, lo garantisco; tuttavia, doveste proprio trovare qualche rassomiglianza, per quanto circostanziale, per quanto vaga, per quanto sottilmente allusiva… beh, che ci crediate o no è puramente casuale. Altro? Sì, leggere fa bene alla mente e allo spirito. Sayonara!

Mandato di cattura

Sunday spot

Sunday spot: tra i grandi problemi che affliggono l’umanità italica, c’è la scarsa attitudine alla lettura. Solo ed esclusivamente a titolo d’incoraggiamento (perbacco, che altro motivo potrei mai avere?) vi segnalo questi agili e orrorifici raccontini, tutti disponibili in versione e-book, a costo non proibitivo. Leggete! Eddai….

Amazon AM page

Sunday Spot

Per una volta, niente politica nazionale. Domenica pubblicitaria o Sunday Spot: oggi pagina della cultura, per non dire letteratura. Di genere. Forse, degenere. Date un’occhiata, please.

THeiNCIPITsottoilsoledimezzanotte

THeiNCIPIT è un sito che pubblica racconti a puntate, di ogni genere. Ogni racconto dovrà svolgersi in dieci puntate; per ciascuna, i lettori avranno la possibilità di leggere e commentare il racconto, oltre a votare il preferito tra i tre possibili sviluppi della puntata successiva(*).

Su THeiNCIPIT ho pubblicato due racconti di genere giallo già conclusi (sempre leggibili) “Questione di Classe” e “Sotto la pioggia”; “Sotto il sole di mezzanotte”, invece è il racconto in corso, attualmente alla quarta puntata.

N.B.: (*) racconto e suggerimento per il seguito, li metto io. Non come il governo con le campagne tipo “La Buona Scuola” (ecco, mi è scappata, eppure avevo detto niente politica…)

La libertà di sentirsi liberi

Synapses

La libertà di sentirsi liberi dovrebbe essere qualcosa tipo – che so – la nervatura centrale della Democrazia, la possibilità (giusto per fare un esempio a caso) di sedersi al proprio Pc, accedere al proprio blog e scrivere esattamente quello che si ha in mente, badando solo a non commettere apologia di sé stessi; a non raccontare menzogne e a non insultare e/o diffamare nessuno. Sono limiti democratici, all’interno dei quali è permessa la libertà di pensiero e opinione. La libertà di sentirsi liberi, insomma.

La cosa interessante di questo post, però, non è nemmeno quello che non posso scrivere anche se lo vorrei ma il motivo per il quale parlo d’altro: semplicemente, per quanto io possa decontestualizzare il mio racconto, modificare tempi e luoghi, omettere nomi e descrizioni, rischierei comunque di espormi – solo esprimendo la mia opinione, sentendomi libero di farlo – a spiacevoli ricadute. Non solo: in questo caso non avrei neppure il sostegno, morale e non, di chi condivide la mia stessa idea.

Diciamo anche che la questione non è di tale importanza da dover essere a tutti i costi pubblicizzata; e aggiungiamo anche che magari mi sono sentito troppo libero di dare all’episodio una valenza simbolica che non ha. Diciamo che mi sono preso la (troppa) libertà di sentirmi libero di esprimere un’opinione magari errata ma libera. In effetti, per sentirsi liberi bisogna avere la libertà di capire quando si è liberi di sentirsi liberi.

Finale, with disclosure: non siete liberi di sentire che io abbia appena espresso un’opinione; qualsiasi riferimento a fatti, persone, tempi e modi che possiate, eventualmente, individuare nelle righe precedenti, è una vostra speculazione. Rispetto e incoraggio la vostra libertà di sentirvi liberi d’interpretare quello che scrivo ma vi avverto che si tratta, per l’appunto, di un’interpretazione.

Per questa sera, rivendico orgogliosamente d’avere scelto la libertà di sentirmi libero di PENSARE quello che mi pare.

Rapporto Sulla Stabilità Finanziaria

Ipse dixit. Banca d’Italia ha appena pubblicato il “Rapporto Sulla Stabilità Finanziaria” di cui al titolo di questo post: potete leggere il testo integrale QUI. Come aperitivo alla lettura, non semplicissima ma sicuramente utile, Vi offro qualche highlight, concentrando l’attenzione sull’argomento Famiglie. Secondo il rapporto, “Nel corso del 2013 si è attenuata la flessione del reddito disponibile in termini reali delle famiglie in atto dal 2011; nell’anno la contrazione è stata dell’1,2 per cento. Il reddito nominale è rimasto sostanzialmente invariato; a fronte di una riduzione dei consumi, il risparmio è cresciuto in misura considerevole (11,1 per cento). Ciò, insieme all’aumento dei prezzi delle attività mobiliari, ha contribuito all’incremento della ricchezza finanziaria dello 0,5 per cento nei primi nove mesi del 2013. La ricchezza totale ha tuttavia continuato a ridursi per effetto del calo del valore degli immobili“.

Il grassetto è mio: le espressioni evidenziate spiegano tutta la difficoltà e contraddittorietà di questa fase. Il reddito delle famiglie è comunque diminuito; è tornato a crescere il risparmio ma soltanto perché i consumi sono diminuiti. La lieve ripresa delle Borse consente un recupero della ricchezza finanziaria (recupero che qualcuno ha pensato bene di abbattere con una tassazione al 26%) ma la svalutazione degli immobili intacca il volume della ricchezza totale. Più avanti si legge: “Nel biennio 2012-13 i bassi tassi di interesse e le misure di sostegno ai mutuatari in difficoltà hanno limitato le conseguenze del forte calo del reddito disponibile sulle condizioni finanziarie delle famiglie indebitate. I dati dell’ultima Indagine sui bilanci delle famiglie italiane indicano che nel 2012 la quota di famiglie vulnerabili (quelle con un’incidenza del servizio del debito sul reddito superiore al 30 per cento e con un reddito inferiore al valore mediano) era pari al 2,9 per cento del totale. Nella seconda metà del 2013 l’incidenza dei prestiti deteriorati sul totale di quelli alle famiglie è aumentata di tre decimi di punto, al 10,3 per cento. Il peggioramento è stato più elevato per la categoria che comprende i mutui accesi per attività professionali“.

Doccia calda e doccia fredda: si evidenzia l’utilità dell’intervento di sostegno ai mutuatari in difficoltà ma in parallelo aumenta l’incidenza dei prestiti deteriorati (alias, non più restituibili/esigibili) sul totale. Dato ancor più grave, il peggioramento è più elevato per i mutui a carattere professionale. Che succede ad una azienda o a un professionista che non sono più in grado di pagare il mutuo/finanziamento dello studio, del capannone, dei macchinari? Rischio chiusura/cessazione attività, ecco cosa. Prendete nota della definizione di “famiglie vulnerabili” e andiamo all’ultimo estratto (vi ricordo che è una selezione personale).

“Nostre proiezioni indicano che in uno scenario di graduale ripresa economica (cfr. Bollettino economico, n. 1, 2014) la percentuale di famiglie vulnerabili rimarrebbe sostanzialmente stabile (2,8 per cento nel 2015). Il fattore di rischio più rilevante per le famiglie indebitate è rappresentato dalla dinamica del reddito disponibile: se esso rimanesse invariato rispetto al 2013, la quota di famiglie vulnerabili aumenterebbe al 3,3 per cento nel 2015. L’impatto, nello stesso periodo, di un rialzo di 100 punti base del tasso Euribor a 3 mesi sarebbe più contenuto: la quota di famiglie vulnerabili arriverebbe al 3,0 per cento“.

Immagino che saranno i molti ad appellarsi all’esiguità di quello 0,3% di differenza. In attesa di tradurlo in cifre, tuttavia, la lettura di questo paragrafo altro non significa che solo la ripresa economica può contenere il livello delle ‘famiglie vulnerabili’. E per quanto riguarda il totale delle famiglie indebitate, in assenza di un significativo incremento del reddito disponibile, questo dato è destinato a crescere più di quanto non accadrebbe in caso di peggioramento delle condizioni economiche generali.

Ora, la domanda è: quanti, nel correntone trasversale degli 80 euro, si stanno convincendo che basta così?

Alcune piccole differenze

Il testo qui allegato sintetizza con efficacia gli scopi che ABI si è prefissa con la disdetta anticipata del Contratto Nazionale dei bancari: un autentico colpo di mano, la più totale dequalificazione di una professione che richiede etica, esperienza, competenza e qualità umane. Nelle intenzioni di ABI, invece, solo chiacchiere e distintivo.

E’ una vera e propria dichiarazione di guerra; se non sapremo rispondere come lavoratori e come categoria, sarà la nostra Pearl Harbour. Solo che non ci daranno tutto quel tempo per riprenderci.Contratto si – Contratto no – cosacambia

L’Impero colpisce ancora

L’Associazione Bancaria Italiana ha disdetto unilateralmente il contratto nazionale di categoria, ratificato nello scorso gennaio 2012. Una prima precisazione: il contratto non aveva scadenza 30 giugno 2014 come riportato dai media;  quella data fa riferimento alla scadenza tecnica di due anni che le parti si sono date da quando la durata effettiva del contratto stesso è stata elevata da tre a quattro anni. A quel termine prestabilito si ridiscute, ove necessario, solo la componente economica dell’accordo (insomma, in parole povere, l’adeguamento delle retribuzioni alle mutate condizioni economiche generali). Dunque, non sussiste, come sostenuto da ABI, il rispetto dei termini previsti per la disdetta contrattuale, se non, per l’appunto, con un cavillo tecnico: in realtà, è una precisa scelta politica, basata su una tempistica ai limiti dell’incoscienza. Difatti, l’ultima cosa che serve all’attuale Governo è un ulteriore fronte di malcontento sociale; per non parlare dell’eventualità (che certo non io auspico) che venga a mancare il Governo stesso, interlocutore di fondamentale importanza nell’eventuale trattativa (nonché probabile destinatario della richiesta ABI di intervento per coprire i costi sociali di nuove, pesanti “uscite” dalla categoria).

Di particolare durezza le parole di Francesco Micheli, presidente del comitato affari sindacali dell’ABI (riporto testualmente dal Corriere della Sera di oggi): “Il punto non sono le voci del Tfr ma un sistema che non è più sostenibile. Solo un esempio: Internet ha ridotto le transazioni del 50%. Dobbiamo trovare il coraggio di innovare introducendo nuovi mestieri. La consulenza va portata al cliente  fino a casa. Bisogna creare un maggior legame tra retribuzioni e risultati. E sempre più sarà necessaria flessibilità sugli orari di lavoro”.

Più che una dichiarazione, una piattaforma; alla quale mi auguro che la categoria e le rappresentanze sindacali sappiano dare adeguata ed altrettanto dura risposta. Basata magari su questi, concreti argomenti, nello stesso ordine di quelli enunciati dal presidente Micheli: 1) se il sistema non è più sostenibile, non lo si deve certo alle retribuzioni; 2) Internet non ha ridotto l’affluenza agli sportelli del 50%, l’affluenza é ridotta (dove è ridotta) perché l’utenza non ha liquidità da investire né altri motivi attraenti (vedi facilità di accesso alle forme di finanziamento o sostegno alle situazioni di difficoltà, che pure ci sono) per presentarsi ai nostri sportelli. Magari sarebbero da evitare costosi e fuorvianti spot pubblicitari, per una comunicazione meno penosamente ”simpatizzante” e più concreta; 3) Nuovi mestieri – e quali? I call center in videoconferenza  non sembrano proprio  “nuovi”  e se  comunque è questa  la  scelta  delle Banche che venga almeno normata  decentemente; 4)  La consulenza  viene già portata a casa del Cliente,sin dagli anni ’80;  5) Retribuzioni  e  risultati? Intende forse legare gli appannaggi di presidenti, a.d. e dirigenti di alto livello esclusivamente al risultato d”esercizio?;  6) Gli  orari sono  già  stati flessibilizzati nei  precedenti contratti: abbiamo le  notti, l’orario continuato, l’apertura  fino  alle  20  ed  al sabato. What  else??