24:p.d. – Leave Another Day

Quello che segue accade tra le 02:00′ e le 03:00′

Roma, vicinanze Eur, un’elegante quanto anonima palazzina a tre piani, chiusa da un’alta recinzione di mattoni. Telecamere ai quattro lati del perimetro ed agli ingressi. All’interno, silenzio e luci spente, tranne che all’ultimo piano: è l’ufficio del Direttore del riformato Controllo Tenuta Unitaria, l’ex-sindacalista Generale Epifani. A dispetto dell’ora tarda e della notte afosa è sveglio ed impeccabile nel suo completo giacca-e-cravatta; è solo, seduto ad una scrivania molto più design che praticità e sta rileggendo degli appunti. Si interrompe, sollevando la testa, quasi annusasse qualcosa – un problema, ad esempio.

“Ben arrivato, Jack”, pronuncia a voce alta, in apparenza rivolgendosi alle tende, chiuse a metà, della parete-finestra davanti a lui. E’ la zona della stanza più in ombra e non sarebbe così facile arrivare sino lì scalando la facciata della palazzina, eppure.. La tenda si muove appena, rivelando l’agente Giacomo Bauer, detto Jack. Ha l’aria disfatta, un vistoso cerotto che copre un brutto taglio sulla guancia sinistra, le nocche delle mani spellate e sanguinanti. Tuttavia è perfettamente rasato e non ha il benché minimo bisogno di andare in bagno: è normale, in questa serie.

“Signore, il nome è Giacomo, signore”, risponde. “Ah, davvero? Giacomo. Non suona bene come Jack, quindi ti chiamerò Jack. Dobbiamo imparare a comunicare meglio, dobbiamo recuperare il dialogo con il paese reale. Jack è più reale, Jack. So che sei di Trieste.. sei con il gruppo di Kuperlov? Anche lui è di Trieste ma con quel nome.. potrebbe benissimo essere una spia sovietica”, replica il Generale Epifani, aggiustandosi la cravatta e ravviandosi i capelli accuratamente pettinati.

“Signore, lei sa che la mia lealtà è per il Partito, non faccio parte di nessun gruppo. Ho fatto cose per questo partito delle quali non sono orgoglioso – ma le ho fatte per il bene del Partito. Non credevo che avremmo riaperto il CTU ma ne sono felice. L’Ulivo è in pericolo”, dice Giacomo/Jack sfiorandosi la guancia ferita con la canna della pistola, saldamente impugnata con la sinistra. “Jack, Jack.. l’Ulivo non c’è più, ragazzo”, risponde con aria mesta il Direttore. “Mi scusi, signore. Avevo dimenticato l’Unione”

“Quella la vorremmo dimenticare tutti, Jack.. ma non siamo più il Controllo Tenuta Unione. Ora c’è il Partito Democratico, quello che dobbiamo garantire è la tenuta Unitaria. Mai come ora, è necessario mantenere la massima coesione. Quello che si è verificato durante le votazioni presidenziali non dovrà mai più accadere.. a proposito, Jack: ma tu, dov’eri?”. Prima di rispondere, Jack spinge inavvertitamente la canna della pistola contro la ferita: “Sull’aereo del Presidente Prodi, Signore. Al ritorno”

Il Direttore Epifani sorride, un sorriso mesto come prima della sigla di un accordo: “Tutti ce la siamo vista brutta ma i pericoli non sono finiti. Siamo stretti in una morsa, il pericolo è sullo scacchiere internazionale: dove ci porterà la crescita della Gioventù Turca? Ed il misticismo dell’Area Dem-Catt? Ci possiamo fidare dei filocomunisti islamici di Maxeem Daalem? E cosa ha riportato dall’esilio africano Valter Veltroni?”

Jack/Giacomo ha un guizzo, a quel nome. “Roma, Signore. Non si è mai mosso da Roma”. La replica del Direttore è secca: “Davvero? E perché, allora, ha i vestiti coperti di sabbia? I mocassini pieni di sabbia? Persino quando parla, si sente sapore di sabbia!”

“E’ una tattica, Signore, non dobbiamo farci coinvolgere. E’ sempre stato esperto nell’arte di scivolare via, come sabbia nella clessidra. E lasciar scorrere il tempo. Non è l’unico, a giocare con il tempo: c’è anche chi lo vorrebbe accelerare”. Jack s’interrompe, temendo d’avere detto troppo: non fa parte dei suoi compiti, giudicare; lui deve lavorare su ciò che unisce, non su ciò che divide. Ma ora che l’ha evocata, l’ultima ombra di divisione sembra stagliarsi come un gigante nella stanza illuminata solo da un abat-jour.

“Parli dell’Infante di Toscana, forse?”, sbotta il Direttore con un sogghigno così perfido da sembrare confindustriale, “colui che vorrebbe mandarci tutti in pensione infischiandosene delle nostre capacità, della nostra esperienza, di tutto..” – è solo un istante ma Jack coglie la rabbia repressa nella voce del Direttore, prima che concluda – “tutto quello che abbiamo fatto, in tutti questi anni”. Jack non vorrebbe, ma la puntualizzazione che segue fa parte dei suoi compiti.

“Non è l’unico a pensare che il bilancio del passato sia alquanto.. discutibile, Signore. Non spetta a me dirlo. E se posso, vorrei finalmente sapere perché mi ha richiamato in servizio. Signore”. Il Direttore lo osserva con attenzione, stringendo gli occhi come un falco che si concentri sulla preda. “Ben detto, Jack. Non spetta a te. E nemmeno a qualcuno che ha studiato la politica al Trivial Pursuit. Vuoi sapere perché ti ho richiamato? Non ci crederai, Jack – è sempre la solita vecchia storia. Volano pallottole e tocca a te fermarle. Dobbiamo arrivare al Congresso ed aprire una nuova fase”.

Lentamente, Jack rimette la pistola nella fondina, sotto l’ascella destra. Ha lo sguardo triste ma è probabilmente dovuto alle due arcate sopraccigliari, entrambe fratturate. “E’ un onore essere richiamato in servizio, Signore. Come ha detto lei, è una vecchia storia. Soprattutto quella della fase nuova. Ad ogni modo, sorveglierò il Partito e farò del mio meglio. Sono pronto”. Il Direttore riprende in mano i propri appunti, li osserva pensoso per un istante, quindi torna a rivolgersi a Jack: “Sto completando il mio rapporto. Sono in carica fino al Congresso e farò di tutto per arrivarci al meglio. Riceverai le tue istruzioni via file, farò modificare lo Statuto di modo che tu possa avere un tablet”.

In silenzio, si stringono la mano, entrambi consci della gravità del proprio compito. Jack si avvia verso la porta (in realtà, vorrebbe calarsi dal balcone ma questa se la tiene buona per un altro episodio); prima di uscire, volta la testa verso il Direttore. “Una parola, Signore”

“Jack?”

“Le modifiche allo Statuto non portano mai nulla di buono, Signore”

“Buonanotte, Jack”.

02:59′:57″…02:59′:58″…02:59′:59″

Booktella

“Irresistibile Nutella, soprattutto quando potrebbe diventare il datore di lavoro ideale. La Ferrero, per la prima volta, riesce a scavalcare Google come società preferita dagli studenti italiani di facoltà dell’area business. Seguono Unicredit, Intesa Sanpaolo e la Banca Centrale europea. Big G si conferma invece al primo posto per gli studenti di ingegneria, informatica, scienze naturali e precede Ferrari e Microsoft. A rivelarlo è la classifica “Italy’s most attractive employers” stilata da Universum, società specializzata nelle strategie aziendali per attrarre i migliori talenti, in base alle preferenze espresse da quasi 21mila studenti di 39 tra università e business school del nostro paese”.

(fonte: Il Sole-24Ore, 20 giugno 2013, articolo di Enrico Netti)

Così stanno le cose, per ben 21.000 studenti italiani Area Business, ancora in formazione ma già – giustamente – proiettati verso il momento del concreto ingresso nel mondo del lavoro. Dopo di che, è noto, la vita rimescola le carte ed i percorsi – ma l’afflato di una generazione non si disperde. Quindi, il futuro ed il comune sentire di questa nuova onda ci prepara i seguenti cambiamenti:

1) Google lancia il proprio tablet “BookTella”, l’unico con la cover in cioccolato fondente 90%, disponibile anche in versione cioccolato al latte; per studenti ed imprenditori finanziamento comunitario incorporato, attivabile con l’apposita App”PayTella”;

2) Unicredit crea una nuova linea di prodotti obbligazionari riservata ai piccoli investitori di età fino a 13 anni: Unicredit Fixed Tart, l’obbligazione a tasso dolce che paga interessi in monetine di cioccolata. In abbinamento, il c/c dedicato: Genius Smart Phone, l’unico conto corrente in forma di carta con display 3″ e sistema operativo Bankroid;

3) Ferrero prosegue nella proposta del proprio tradizionale prodotto di punta, in una nuova versione: Nutella Plus, la golosa crema interattiva che ti permette di navigare mentre la spalmi, grazie all’apposita fetta di pane al silicio nocciolato. La squisitezza di sempre diventa ‘social’: condividi con gli amici i tuoi succhi gastrici!

Disclaimer: tutto quanto sopra ha intenti puramente giocosi, non satirici; nessuna intenzione di offendere né di offrire immagini pubblicitarie, positive o negative. Ovviamente,  detengo il brevetto (intellettuale) dei prodotti descritti: non si può mai sapere..

 

THE WALKING PDEAD – Finale della stagione uno

Riassunto finale: il non più sindaco, non più segretario ed ancora tintore (ma senza smacchiatore) Luca decide di abbandonare il campo, sopraffatto dai cambiamenti profondi intervenuti nel corpo vivo (ma anche no) della società. Qualcosa in lui gli urla di restare, di provare, di cercare un terreno di condivisione. Qualcos’altro, gli urla e basta.

Il tramonto è una lama di luce infernale, oro e rosso lambiti dal viola dell’oscurità che avanza, come il nuovo – e con altrettanta, indolente, indifferenza. Il chiarore sempre più fioco che filtra dalle consumate tende dell’aula di scienze è comunque sufficiente per trasformare la scena all’interno in un gioco di orrore psichedelico: le fattezze sempre meno composte (ops) dei cittadini di Sbagliate Creanza tracciate da rapidi riflessi cremisi, schegge di luce sanguigna che descrivono carni coperte di sangue e schegge d’osso fuoriuscite. “Dev’essere l’anticamera della Pubblica Amministrazione infernale”, pensa Luca mentre si dirige verso la porta dell’aula, facendosi strada tra di ali di folli, pardon: di folla. Ancora tre metri, ancora due, ancora..

E’ una scena al rallentatore: lui cammina e cammina, avanza, eppure la porta rimane sempre a due metri. Le due ali di folla sembrano allungarsi, oscillando avanti ed indietro come onde, una mareggiata di carne marcia. Luca non sente più le gambe ma è consapevole di muoversi, cerca di accelerare il passo, quasi si mette a correre. Se solo sentisse le gambe. All’improvviso, Pier Paolo Dito è accanto a lui, bisbiglia al suo orecchio, un alito caldo e maleolente come tombini scoperchiati in agosto.

“Dove pensi di andare, il tuo posto è qui, devi pagare per quello che hai fatto, devi rispondere degli ultimi venti anni di pessima amministrazione, tu e tutti i dinosauri come te avete fatto di questo paese quello che è ora”, sibila con voce che improvvisamente si è fatta roca e acida come l’alito. Luca solleva un braccio cercando di allontanare l’interlocutore (il braccio sale, si stende, piano, piaaaaano e Dito è sempre lì, sempre vicino. Sembra persino più grande di quello che è. Ha bisogno di ridimensionarsi, pensa Luca). “Dov’è il problema? Ci sei tu, c’è il movimento, voi avete tutte le risposte – mettiti al mio posto e fammi vedere. Vediamo come te la cavi quando non si tratta di chiacchierare ma di agire. Vuoi governare? Governa. E comunque, non è a causa mia che il paese è ridotto… così”, risponde Luca, una mano finalmente serrata intorno alla maniglia della porta.

E’ questione d’un attimo. L’universo torna veloce, troppo veloce. Pier Paolo scatta in avanti con la testa mentre ancora Luca sta abbassando la maniglia. Scatta a denti aperti, raggiunge la spalla di Luca: non ha più labbra ma i denti sono buoni, sono aguzzi, strappano la camicia, lacerano la pelle, affondano nella carne. Luca urla, divincolandosi. Si libera ma una vistosa chiazza di rosso sta affiorando da sotto.

“Mi hai morso! MI HAI MORSO!”, urla, impaurito ed incurante dell’ovvietà di quell’affermazione. Anche se, in politica, nulla è mai davvero ovvio e poco, davvero poco, è oggettivo. Infatti, Dito allarga le braccia, rivolgendosi ai cittadini con espressione stupefatta (è davvero bravo, difficile assumere un’espressione convincente con solo metà faccia).

“Io? Non sono io ad averlo morso – è lui ad avermi costretto! Se siamo così, è per colpa sua, è praticamente lui ad avere messo la sua spalla tra i miei denti. Sei tu, che ci obblighi a farti questo. E poi, ancora non l’hai capito?”

Non è il dolore alla spalla lacerata, quello che all’improvviso crea una stalattite di gelo nello stomaco di Luca, non è nemmeno la paura che il morso possa infettarlo. C’è anche quella, tuttavia è proprio l’ultima affermazione di Pier Paolo a colpirlo come una martellata, ‘ancora non hai capito’. “Capito, cosa?”, domanda, già temendo di conoscere la risposta.

“Lo smacchiatore. Il tuo fottuto smacchiatore. Sono stati i vapori dell’esplosione a fare.. questo!!”

Qualcosa dentro Luca urla che non è vero. Qualcos’altro sussurra che, perché no, non si può pasticciare con la chimica – e con la politica, e con la società – senza creare mostri. Scuote la testa. Un fiotto d’acida nausea gli allaga la gola. La porta è aperta, non sa come: si volta e percorre il corridoio, di corsa, di corsa, a perdifiato. Ignorando i cittadini che lo inseguono. Sono lenti. Troppo lenti. E adesso?

La fattoria abbandonata, non sa neppure come ci è arrivato, non sa quante volte è caduto correndo in modo scomposto, sa soltanto d’avere decine di graffi addosso ed una ferita che potrebbe essere non soltanto infetta. Potrebbe essere la sorgente d’una trasformazione che lui proprio non ha voglia di subire. Non così. Si può cambiare, si deve cambiare, adattarsi ai cambiamenti – ma non a morsi. Deve fare qualcosa, deve..

Il capanno degli attrezzi è lì davanti a lui, una risposta ad una preghiera inespressa; entra e vede subito l’accetta, l’afferra, la soppesa, cerca il coraggio. E’ l’unica soluzione, l’unica via d’uscita. E poi ricominciare. Quante volte l’ha detto, quante volte ha ricominciato? Solleva l’accetta, stende il braccio ferito: non è la spalla, è il bicipite. Bene. Un taglio netto e si ricomincia. Esita, qualcosa lo disturba nell’idea che un progresso possa derivare da una mutilazione. C’è qualcosa di sbagliato. Accetta in alto. Braccio in basso. Chiude gli occhi, un ultimo pensiero prima di amputare.

“Si chiude una stagione”

(fine della prima stagione. Alzate le mani rimaste se volete la seconda)

THE WALKING PDEAD – Diciannovesimo Episodio

Riassunto: empasse politico-cimiteriale nel paese di Sbagliate Creanza. Il sindaco-tintore Luca scopre di essere, dal punto di vista politico, un cadavere in avanzato stato di decomposizione. I suoi cittadini, viceversa, non si accorgono d’essere, dal punto di vista umano, dei cadaveri in avanzato stato di decomposizione. Una contraddizione filosofica di difficile soluzione – ma di sicuro  olezzo..

“Carne”. Non serve l’istinto del buon politico e neppure il buon senso del padre di famiglia per capire che la situazione sta precipitando; “carne”, Luca non ci aveva pensato – proprio per questo commettendo l’errore che i suoi cittadini gli stanno rimproverando. Non ha capito, non ha visto l’evolversi della crisi, le conseguenze. Ha perso di vista la gente, i veri bisogni.

Ad occhio e croce, escludendo i non-ritornati, su 150 anime, 120 bisogni in avanzato stato di astinenza da cibo. Un unico cibo, un solo alimento che può placare la fame del popolo: la carne. E  va già bene che nessuno stia precisando di quale qualità.

Anche se, da come lo guarda Pier Paolo Dito. Quella che gli cola dall’angolo della mascella pendula, non é forse bava?

“Quindi, fatemi capire: il punto centrale del programma é  provvedere ad un approvigionamento di carne tale da soddisfare le.. eehr.. nuove esigenze della comunità?”, domanda, ben sapendo di non poter ottenere altro che un deciso ciondolare di teste in segno di assenso. Un paio di teste, per l’intenso sforzo condivisivo, rotolano a terra – ma vengono subito recuperate. Luca prosegue, ragionando più tra sé, a voce alta, che con l’assemblea.

“E va bene, certo, ci dobbiamo adeguare al mutamento dei tempi, trovare soluzioni nuove  alla crisi, rispondere alle esigenze dei cittadini.. qualcuno mi dice come la pagheremo, tutta questa carne? Il nostro bilancio presenta entrate per diecimila euro e spese per dodicimila – siamo già in rosso di duemila euro. Qualche idea? Tagli al bilancio? Alle spese? Nuove entrate? Vendiamo metà della centrale del latte ai privati?”

Qui giunto, Luca s’accorge d’avere commesso un altro errore,  di nuovo la foga oratoria ha  fatto venire meno la lucidità  politica: la centrale del latte, da dieci anni ormai, é privatizzata al 100%. Anzi, passando di proprietà in proprietà,  ora non é più nemmeno italiana. Il sindaco-tintore sceglie di fare buon viso a  cattivo gioco, di attendere le proposte. Che arrivano, come no. Nell’ordine:

Qualche  idea? Tante, i cittadini sono una miniera, basta ascoltarli (riconosce la voce, é di nuovo Sara, al terzo cambio di T-shirt. Questa recita.”Il  popolo ha sempre raggione”, due ‘g’, sostantivo rafforzativo);

Tagli  al bilancio? Sì, aboliamo i contributi per le scuole private e facciamo liquidità vendendo gli immobili comunali (Luca sogghigna, non é l’unico a doversi aggiornare: l’unica scuola privata di Sbagliate Creanza era l’Istituto Informatico Bistazzoni, fallito dopo che  il Dott.Bistazzoni era stato arrestato per utilizzo del proprio hardware su software minorile. Quanto agli immobili comunali, l’unica proprietà di Sbagliate Creanza é il municipio, ricavato da una vecchia cascina. Il Comune sta ancora pagando il mutuo quarantennale per l’acquisto dal vecchio proprietario, il fattore Fedrighini, defunto da venticinque anni e dunque presente alla riunione – la proposta deve averla suggerita lui..);

Tagli alle spese? Un  coro: ridurre i costi dell’amministrazione comunale, dimezziamo i dipendenti (questa dura lo spazio d’un secondo, il tempo di precisare che i dipendenti comunali si quantificano in ragione di uno. Qualcuno propone di dimezzare ugualmente);

Nuove entrate? Qui grande intervento del leader del momento, pardon: del movimento, P.P.Dito: “Servono nuove entrate MATERIALI. Il popolo chiede carne e carne deve avere: abbiamo le scandalose percentuali dell’invenduto annuale, degli scarti, di tutto quello che le multinazionali della carne mandano al macero. Dobbiamo intervenire, dobbiamo requisire. Ed una volta creato questo flusso di carne in entrata …”

“No, per favore” pensa con improvviso e gelido timore Luca, “non un’altra proposta rivoluzionaria..”.  E’ un pensiero cattivo e viene subito punito, P.P.D. conclude:

“.. redistribuirlo sotto forma di SPUNTINO  DI CITTADINANZA”

Applausi (per lo più a braccio singolo), urla (di agonica gioia), approvazione famelica. Il momento è cruciale, Luca lo sa, soprattutto sa cosa deve fare. Ha scelto, non tornerà indietro.

“Sapete che c’é? Io questo programma non lo voto. Non voto un bilancio così. E siccome su queste materie, é in discussione la fiducia alla Giunta, non mi voto neppure la fiducia. E quindi, conseguentemente, mi dimetto. Fatevela da soli, la Giunta”.

E prima che qualcuno possa replicare, si avvia verso la porta dell’aula.

(continua – meno uno al finale di stagione. E senza aspettare Halloween)

THE WALKING PDEAD – Diciottesimo episodio

Riassunto, mentre la polvere dei secoli si deposita: swiiiiiifffer. (Traduzione: Sbagliate Creanza, 150 anime – effettive – travolte dalla crisi. Anime tormentate, anime risolute a trovare una soluzione. Anime. La carne, in effetti, é scesa di qualità)

“La tua squallida manovra per raggirare la volontà popolare é fallita. Il tuo penoso tentativo di falsare le regole elettorali naufraga davanti alla verità, all’ordine naturale delle cose: finché c’é Movimento, c’é vita. Noi rappresentiamo la nuova società, il cambiamento, la rivoluzione. Siamo più che riformisti, siamo risorti. Tu, invece, sei morto”

“Una logica ineccepibile”, riflette in contingente silenzio Luca. “Ineccepibile, certo, se ti chiudi in bagno da solo a masturbarti”, si risponde, in astinenza d’assenzio. Vorrebbe essere ancora in negozio, nel retro, a miscelare gli ingredienti dello smacchiatore: ce l’aveva quasi fatta, non avesse sbagliato la dose di acido, avrebbe avuto l’arma finale contro lo sporco. Sarebbe stata una rivoluzione. La rivoluzione del bucato.

“Non é tempo di rivoluzioni”, proclama, stoppando con una presa volante di sinistro l’ultimo carpiato autofilettante (coefficiente di difficoltà 3,0) di  Pier Paolo Dito, il leader dei 5 Rotelle. “C’é una crisi che impone soluzioni ragionate ed interventi a tutto campo, senza escludere nessuno. I vostri sette punti interessano solo a voi”

Dito, riuscendo comunque a terminare il salto autofilettante, punta verso di lui un indice alla memoria (nel senso: tende la pargoletta mano ormai ridotta ad un melograno, senza più dita ognor): “Noi? Svegliati, cadavere – noi siamo i Cittadini, noi siamo la società, siamo le vittime del tuo sistema, siamo quelli che hai ridotto in miseria con le tue ruberie”. “Miseria” e “Ruberie”, funzionano, rianimando l’assemblea che s’era temporaneamente assopita. Non che fosse proprio sonno. E neppure temporaneo.

“BBBBWWWaastaah con i politici corrottiiiIIIHHH.. MMMBBBBBAAhhstaaa con la vecchiaaAAHHaaaAAAKKLAaaasseh dirigenteeeMMMGGGHHH.. A casaaahMMMMMGGGutti a MMMMMGGGGGaasah”

“Sei scemo?”, interviene con la consueta, serena lucidità Sara, la sua (in)fedele vice-segretaria: “Cosa vuoi fare, metterti contro i tuoi stessi cittadini? Alienarti dalla realtà? Dobbiamo restare nelle strade, nelle piazze, dove si vive la vita vera!!”

Vita vera? VITA vera? Con un branco di avanguardisti del movimento “si scopron le tombe/si levano i morti/i martiri nostri/son tutti risorti” che dà a lui – a  LUI – del cadavere? Luca conta lentamente da dieci a zero, un buon politico, un buon amministratore sanno quando è il momento di mantenere la calma, di mantenersi lucidi.

“IO sarei un corrotto? Sono quindici anni che lavo i vostri panni sudici, che smacchio le schifezze che vi impastate sulla camicia, sulla giacca, sulla gonna.. vi ho lavato tutti, a prezzi inferiori a quelli di mercato, perché cercavo di aiutarvi, perché capivo la difficoltà.. vi ho smacchiato a secco e quasi a gratis.. risciacquo e centrifuga a prezzo politico.. pantaloni stirati perfettamente in linea.. in linea.. la linea.. una volta,  c’era la linea, c’era un progetto, un obiettivo comune e si seguivano delle regole e ADESSO, adesso venite a dirmi che c’é  la rivoluzione, c’é il movimento, c’é la società nuova MA VI SIETE GUARDATI BENE??”

Si ferma. E’ consapevole: sta sbagliando tutto, prima o poi ci sarà un’altra elezione, i cittadini vanno blanditi, vanno capiti, giustificati, scusati, sempre. Sta sbagliando. MA. Non ne può più – com’é quella vecchia barzelletta? Oh, come si chiamano gli abitanti di Sbagliate? Gli Sbagliati? Beh, lui é il Sindaco. E’ il Primo Sbagliato. E conclude, sullo slancio.

“Vi siete guardati? Siete così nuovi, così bravi, così puliti che l’intera popolazione di insetti ed anellidi di questo paese si sta nutrendo di voi. E se vi rimanesse qualche bulbo oculare, potrei anche andare a caccia di travi”.

“Cacciaaa??”, strilla P.P.Dito, “il Movimento é contrario alla caccia!! La caccia fa parte della vecchia politica, é parte del sistema. Noi aboliremo la caccia ed apriremo ai supermercati”

“Cosa c’entrano i supermercati, adesso?” chiede Luca.

“E’ normale che un politico arrogante e vecchio non capisca i bisogni dei cittadini, i bisogni veri, concreti di ogni giorno. Servono più supermercati perché serve più CARNE. Abbiamo FAME”. E nel dirlo, schiocca la mandibola.

Quella, gli è rimasta. E bella forte.

(continua – meno due al finale di stagione. Non granché, del resto é una stagione morta)

THE WALKING PDEAD – Diciassettesimo episodio

Riassunto, dall’inizio: prendete un giovane Segretario, di professione tintore, impegnato a vincere un’elezione e distillare un nuovo, potente smacchiatore. Mescolate, sbagliando le dosi, proprio come lui. Bang. A questo punto, svegliatevi in ospedale, senza sapere che sono passate due settimane e, nel frattempo, il mondo – almeno il vostro – si è capovolto. E che le elezioni, era meglio perderle.

Non vola una mosca, nell’aula di scienze della vecchia scuola elementare. Sono tutte posate, infatti, sulle avvizzite fattezze dei cittadini di Sbagliate Creanza, fanno oramai parte di loro: sono cittadini ronzanti. A loro modo, soddisfatte della situazione.

Non vola una mosca ed il sole sta tramontando, le ormai lise tende di tela grezza grigioverde lasciano trapelare lance di luce dorata, tendente all’imbrunire. Un soffuso disegno diagonale che gioca con le fattezze severe – genere: mummificato – dei presenti. Gioca con i capelli ramati di Sara, il cui vivace incarnato contrasta – genere: opposizione continua – con il livido pallore generale. Gioca con le orbide incavate di Pier Paolo Dito, il giovane skater, il nuovo che avanza, il rappresentante del Movimento  5 Rotelle. Nel gioco di luci tagliate ed ombre diffuse, la sua espressione non è decifrabile con facilità ma si potrebbe dire che stia ridendo.

Del resto, gli si è appena staccata una guancia, la sinistra. Gli rimane la destra, un pochino gonfia – ma é sempre un bel ragazzo. Ha le sue ammiratrici, pronte a staccarsi i capelli per lui. Cadrebbero, comunque.

Non vola una mosca, quindi, ma alte volano le proposte dei neo-assessori incaricati. Tutte, peraltro accomunate da un dato: prevalentemente intese a favorire una ed una sola parte della comunità, per quanto, al momento, numericamente preponderante. Il nuovamente Sindaco Luca (neppure lui saprebbe dire come e perché ed il taglio di luce gli arriva dritto negli occhi, rendendogli difficile distinguere quelle traballanti ombre assiepate davanti a lui) sa che é arrivato il suo momento, la  parola é a lui, per l’ultima proposta, per completare il programma in otto punti. Non é che non trovi le parole. Non riesce proprio ad esprimere un’idea. Quel consesso tanto programmaticamente determinato quanto biologicamente in decadimento sta per sovvertire il naturale ordine delle cose come se mai ne fosse esistito uno. Le nuove regole altro non sono che la funebre parodia di quelle vecchie. In nome della comunità. In nome del nuovo. Riforme e progresso.

“Ma se nemmeno il sole si decide a tramontare”, pensa tra sé, lo stomaco perforato dall’acidità, “se nessuno é mai veramente morto, se nulla é mai davvero rimesso a nuovo.. qui fuori ci sono i ponteggi, da dodici anni. Lavori di ristrutturazione mai iniziati.  Questo posto ha qualcosa di sbagliato.. é iniziato tutto qui ma non é qui che finirà.. questi possono andare avanti per altri cento anni, a finire..”

E’ sopraffatto dalla disperazione, si sente inadatto, fuori luogo: lui é diverso, troppo diverso da tutti gli altri, eppure sono i suoi compaesani, i suoi clienti, suoi colleghi di partito, suoi familiari – più o meno stretti. Alcuni, non li vedeva da anni: del resto, erano – temporaneamente – collocati a eterno riposo. Eppure, proprio in quel frangente, proprio quando é sul punto di abbandonare, lo coglie l’idea, l’ispirazione generata dal dubbio. E’ molto semplice: se si é usciti dal giusto binario, l’unica soluzione é ripartire dall’inizio. Ora si sente pronto, ora ha la sua proposta.

“Punto otto del programma: revisione dei criteri di eleggibilità. Poiché il nostro statuto afferma che i partiti non possono tesserare i morti, allo stesso modo non sarà possibile candidare ed eleggere i risorti”.

Stringe gli occhi, più per affrontare la reazione della platea che per il fastidio della luce. Pensa di essere preparato ma ancora una volta l’evoluente Pier Paolo Dito lo sorprende, portando il dibattito su un terreno imprevisto. Con la semplicità di una piroetta.

“I partiti, no, certo. Ma i movimenti, sì: finché c’é Movimento, c’é vita. E’ l’ordine naturale”

(continua – meno tre al finale di stagione. Tranquilli: nessuno muore, in questa serie. E se muore, beh, ritorna..)

THE WALKING PDEAD – Sedicesimo episodio

Riassunto, allo stato: a Sbagliate Creanza si forma la nuova giunta, democraticamente ed alleanticamente includendo almeno un rappresentante per ogni forza, raggruppamento, partito, movimento, gruppo, dire, fare, baciare, lettera e testamento. Soprattutto, testamento.

Luca, ex-segretario tintore, ex-sindaco di una maggioranza ormai dissolta (anche se gli verrebbe un altro aggettivo, sempre con la “d”), si ritrova ora a presiedere una giunta comunale moolto rinnovata. Rivoluzionata.

“Rottamata”, mormora tra sé, rassegnato ma non domo. Hic Rodus, Hic Salta, dicevano gli antichi: “questa è la mia prova, questo il terreno, questi gli attori”, riflette, “da ciascuno, me compreso, devo saper trarre il meglio. Per il bene del paese”. Sorridendo, stringe la mano agli otto prescelti; il temporaneo clima di generale buona volontà e armonia fa sì che passino inosservati i seguenti particolari: la stretta di mano causa la caduta di un braccio, lo sbriciolamento di complessive quindici dita atrofizzate, la fuoriuscita di totali tre ossa del gomito ed infine, causa involontario movimento sussultorio causato dalla sunnominata stretta, la fuoriuscita di un singolo bulbo oculare – prontamente riposizionato dall’intervento del sempre evoluente Pier Paolo Dito, un Dito nell’occhio, per così dire.

“Bene”, esordisce Luca ad alta voce, “se siamo tutti a posto.. cioè.. se prendiamo posto.. vorrei cominciare. Considerata la novità della nostra formazione, considerato il numero ridotto di componenti, scelto per un criterio giusto e che tutti condividiamo di risparmio e minore burocrazia, considerata la necessità di lavorare presto e bene – insomma, chiederei a ciascuno di noi un punto di programma, da fissare e perseguire”.

A “perseguire” s’accorse d’esserseli giocati. Tanto per cambiare, l’avevano inteso come “perseguitare”, lo sport locale. S’affrettò a precisare: “Intendo, da fissare e raggiungere, mettere subito in pratica. Per il bene del paese”

“Bene del paese” li riconquistò – ma questo per Luca non era una sorpresa: era una di quelle frasi che funzionano sempre, come “è arrivato il momento di ripartire” oppure “dobbiamo aprire una fase nuova” o anche “senza investimenti non c’é crescita”. Sollevò le mani in avanti, puntandole verso gli otto assessori per dare loro, non solo idealmente, la parola: “A voi, un punto ciascuno”. Gli otto traballarono ma non per la sorpresa; esitarono, più che altro per problemi alle corde vocali (sforacchiate e pendule) o recupero della lingua (tranciata dal continuo, involontario, schioccare di mandibole affamate). Quindi, in diligente fila indiana proposero, nel moderno linguaggio catacombale della nuova politica, gli otto punti del programma.

“Opere pubbliche. Costruzione di due nuovi cimiteri, collegati da un ponte”

“Lavoro. Fondi per la Cassa Integrazione da Morto”

“Sanità. Via i ticket, soprattutto sulla Rianimazione”

“Istruzione. Servono le tre ‘i’: Informatica, Inalazione, Insufficienza respiratoria”

“Imprese. Servono interventi per le Piccole e Medie Imprese di Pompe Funebri”

“Economia. Rilancio del territorio, rilancio dell’agricoltura – nuove forme di concimazione”

“Tasse. Abolizione della tassa sulla prima bara, patrimoniale sui monumenti e le cappelle”

“Stato sociale. Interventi a favore delle giovani coppie defunte, agevolazioni per l’acquisto della sepoltura familiare”

Luca ascoltò assorto, in un crescendo di politico orrore. Cosa più orribile di tutte, era arrivato il suo turno e NON gli veniva in mente nulla da proporre. Nulla, almeno, che non suonasse così:

“Tutela delle minoranze biologicamente attive”

(continua)

THE WALKING PDEAD – Quindicesimo episodio

Sunto sunt:  nella valle incantata di Sbagliate Creanza sta per nascere una larga alleanza. Così convengono gli astanti, lavorare uniti, dialogare tutti quanti. Risolvere problemi, riparare ai torti or che i Cittadini son finalmente.. risorti.

“Non puoi ignorare la volontà popolare”, sibila, con rima involontaria (ma popolare) la non-più-tanto-fidata vice-segretaria Sara all’orecchio del non-più-riconosciuto-Sindaco-smacchiatore Luca. “E’ la volontà del popolo, prima gli interessi della Comunità, prima il bene del paese. La nuova Giunta deve includere tutti i rappresentanti di Sbagliate Creanza. Pensa al futuro. Saremo il laboratorio dell’intera nazione. Apriremo una strada. Verso la nuova società. Verso un futuro migliore”.

Luca non poteva credere alle proprie orecchie: quella collezione di stronzate doveva averla sentita almeno un milione di volte da quando aveva iniziato a fare politica, quindici anni prima. Era un giovane segretario giovanile. Strette di mano e pacche sulle spalle. E grandi visioni del futuro. Sara aveva solo due anni in meno di lui.

“Due anni non giustificano questa totale.. immaturità”, proclamò sciogliendosi dal quasi abbraccio nel quale Sara lo stava avviluppando. Non credeva alle proprie orecchie e non desiderava prestargliele ulteriormente; ma una nuova delusione lo aspettava: con gli occhi, non andava meglio.

La platea della Larga Alleanza era schierata davanti a lui, in fremente attesa, ripetendo come una litania le ultime parole di Sara: “GGBBBLLLuovaaa societàhhh.. MMMMMMMGGGGGHHHHHturo migliorehhhHHGGGG”. Questa era la nuova società? Era questo il futuro? Se era così, beh, il problema diventava davvero far avere ad ogni cittadino un refrigeratore. Per conservarsi.

“Ecco dimostrato perché invecchiando si diventa conservatori”, pensò.

(continua)

THE WALKING PDEAD – Quattordicesimo Episodio

Riiiaahssuntoooh: il Sindaco-tintore / già tradito dallo smacchiatore / alla schiena ora viene / fucilato proprio bene. / Il suo momento è passato / rimetter deve il mandato / Ora servon ampie intese / per il bene del paese.

“Ma siete scemi?”, domanda Luca, non senza un residuo di serenità, rivolgendosi a tutti. A Sara, la (non tanto) fedele vice-segretaria; a Pier Paolo Dito, che lucida le cinque rotelle del suo skate; ai compaesani, agli iscritti, ai simpatizzanti ed agli antipatizzanti. A tutti, a quel coro greco che più greco non si può: a guardarli, sono tutti una rovina. Il coro, però, è contro di lui.

“Dimissioni”, “Fase Nuova”, “Rinnovamento”, “Nuovo Governo”. Parole semplici, pronunciate con corde vocali più corrose ed arrugginite delle corde della chitarra di Elvis Presley. Un beffardo motivetto echeggia nella mente di Luca: “it’ one for the road/it’s two for the show/qui si scherza con il fuoco/il resto – che ne so”.

“E va bene!”, strilla all’improvviso, sollevando le mani in segno di resa, “ok, mi dimetto. Cosa volete fare? C’è un’altra maggioranza? C’è un accordo? Un candidato? Prego, il posto è libero!”. Per un istante, il silenzio aleggia nella sala di scienze della vecchia scuola elementare, cadente come i suoi studenti ed ex-studenti. Solo per un attimo. Poi, a nessun segnale, si scatena l’inferno.

“GGGGHHHBLLLAAAAGGGH”, intima l’ala più estrema; “BBBLLLWWWOOOGH”,  rispondono con fermezza i centristi; “WWWWOOOOHHHHGG”, argomentano – con un filo di depressione – gli elettori della maggioranza neo-dimessa. La discussione è aspra, senza esclusione di colpi, ditate nelle orbite cave incluse. Luca vorrebbe ricordare che le dita vanno conservate per il voto – ma tant’é. La Democrazia ha i suoi riti ed una franca, libera discussione è uno dei principali. Prima di prendere decisioni importanti, è giusto esaminare i pro ed i contro. Macerarsi.

Farsi a pezzi.

“BAAAASTAAAHHHH!!”, urla alla fine il Sindaco dimissionario. “Basta! Siete uno spettacolo penoso, una parodia della politica, uno specchio grottesco di un paese civile! Pretendete d’essere democratici? Ma se sapete soltanto azzannarvi tra di voi!”

E’ fatta, pensa tra sé. Ora, sarà il mio turno, d’essere fatto a pezzi ed io sono ancora abbastanza.. nel lato chiaro della biologia. E’ finita.

Clap. Clap. Clap clap clap. Clap Clac CLAP CLAP CLAP. “GMMMBBRRAAVOOOHHH!”

L’applauso sorprende Luca anche più d’un morso alla giugulare. Bravo? Qualcuno chiede anche il bis. Osserva attorno a sè, di tutti gli avvenimenti della giornata, da quando ha lasciato l’ospedale, quello è il più assurdo. Non che gli venga lasciato molto tempo per pensarci: Pier Paolo Dito urla la sua.

“Che vi dicevo? E’ lui, l’uomo giusto per risorgere!”

Come no, pensa Luca. Il mio prossimo slogan è proprio “From the craddle to the Brave”..

(continua)

THE WALKING PDEAD – Tredicesimo Episodio

Gghhhnaaarrsunto: tutti riuniti nella cadente scuola elementare di Sbagliate Creanza. Il neo eletto sindaco smacchiatore; l’evoluente Pier Paolo Dito; eletti ed elettori. Chi più, chi meno, irrequieti. Chi più, chi meno, trapassati.

Luca non può credere ai suoi occhi, soprattutto alle sue orecchie: non soltanto nessuno lo sta ad ascoltare, Nella modesta aula di scienze della vecchia – e bisognosa di restauri – scuola elementare tutti parlano tra loro, inveiscono tra loro, litigano violentemente tra loro. Tutti insieme, appassitamente.

“Adesso BASTA!!”, urla il Sindaco spazientito, “non vi ho riuniti qui perché vi facciate a pezzi l’un l’altro!!”. La sua intenzione è chiara ma gli sguardi, ora cavi ora no, dei presenti, insinuano in lui il sospetto d’un fatale doppiosenso. Purtroppo, pur consapevole di questo, tradito dalle emozioni, Luca non riesce ad evitare di proseguire sullo stesso tono.

“Questo paese è morto, ve ne rendete conto? E’ indispensabile un cambiamento, dobbiamo risorgere dalle nostre ceneri, dare una risposta ai problemi, scuola, lavoro, sanità, case.. dobbiamo dare una casa ai nostri giovani, alle nostre giovani coppie, un nido per la loro vita..”

Lo scheletro imbiancato sul fondo dell’aula lo sta davvero fissando con odio (e mascella pendula). Per alcuni secondi, Luca avverte una morsa gelida allo stomaco prima di rendersi conto che è il vecchio scheletro di plastica dell’aula. Almeno lui, non è mai stato vivo. Rinfrancato, prova di nuovo ad assumere il controllo della situazione.

“Silenzio! Ma vi rendete conto, vi sembra un comportamento da adulti? Sembrate ragazzini immaturi e brufolosi”

“Pustole”, lo corregge Dito mentre esegue un triplo salto mortale all’indietro ma anche un po’ in avanti, “non sono brufoli, sono pustole. Ma stavi andando bene. Ora però guarda me”. Con un solo movimento del piede, il 5-rotelle frena, piroetta su sé stesso e si rivolge agli astanti: “GgghhhnaaAAAHHHHH! Allora, brutti vecchi puzzoni, la finite? Volete ancora stare a sentire questo qui che rappresenta la vecchia politica? Che dice di essere il Sindaco? Ditegli voi, chi ha la maggioranza!”

Sollevamento di teste. Sussulto generale. Passo avanti simultaneo. Caduta di vermi scossi dai loro nidi di carne: “BBBGGGLLLHHHNooooi siaaaHHHHHmo laHHH GGGGMaggiohhranzaahhHH”.

Luca non ci crede. Non può essere: la scuola, l’aula di scienze, i simboli dell’istruzione e del progresso. E gli tocca discutere con un branco di decerebrati per accelerate cause naturali? E come lo si manda avanti, un paese, così?

“Dimettiti”, strilla una voce femminile all’improvviso, sovrastando con catarrosa grazia, tra il femminile ed il portuale, la confusa rivendicazione della maggioranza pustolosa. “Dimettiti, dobbiamo avviare la fase nuova!”.

E’ Sara, la sua fedele vice-segretaria. Come è possibile? L’ha voluta lui, nel partito; l’ha aiutata lui a crescere; l’ha proposta lui per l’incarico. Ne ha sempre rispettato e valorizzato il polemico dissenso appassionato – quasi da dirigente sindacale, tra il femminile ed il metalmeccanico. Sara. Sara che ha votato il suo programma. Ed ora, gli spara nella schiena?

“Sara! Ma.. e tutto quello che avevamo deciso prima?”, balbetta, incapace di accettare quello che sta succedendo; la sua vice, ora abbellita da una maglietta viola con la gentile scritta “Entro l’urne confortate di pianto/è forse il sonno del Partito men duro?”, lo squadra&inquadra con sguardo gelido, replicando:

“Prima era prima. Ora è ora. E se guardi loro, ora è allora”

“E.. allora?”, mormora Luca – decisamente spaesato…

(continua)