IL SEGRETARIO – appunti per un thriller

Il Segretario In Carica (d’ora in avanti, SIC) osserva pensoso la scrivania. Ha l’aria stanca, i tratti del viso appesantiti, gonfi; strofina occhi e naso con una mano, cercando di esorcizzare il sonno. Non ha tempo per dormire, non ha tempo per rilassarsi: ha ricevuto l’incarico di formare il Governo ma nulla, da quel momento, è più stato come sembrava. Discorsi vaghi, promesse ritirate, sorrisi e sberle distribuiti con egual disinvoltura. No, non va. I conti non tornano, i pezzi non combaciano.

Persino i pezzi del puzzle che ha sulla scrivania, non combaciano. Rigira tra pollice ed indice un pezzettino verde, tutto verde, che potrebbe infilarsi ovunque ma, al tempo stesso, non sembra andare da nessuna parte. Come lui. Non riesce ad andare da nessuna parte, tutte le porte sono chiuse. Porte. Pezzi. Non ne può più – ed in quel momento, ha un’illuminazione: osserva gli spazi vuoti nel disegno, quindi conta i pezzi sparsi intorno. I conti non tornano.

Manca un pezzo. E qui, gli viene spontanea una domanda: quale?

Al diavolo, borbotta a sé stesso, ecco a cosa si è ridotto: vede metafore ovunque, persino in un innocuo passatempo. Il pezzo mancante. Ah, ma non sarà di certo LUI. No. Proprio lui.

Lui, è sempre assente. E’ bravo, lui, come no. Lavora in sottrazione, se gli regalasse un puzzle, lui lo farebbe all’incontrario: dall’immagine completa a tutti i pezzi sparsi sul tavolo, togliendone uno alla volta. Uno qui. Uno lì. Uno qui.E’ bravo, lui. Piace. Piace alla gente, buca il video – dicono. SIC non lo sopporta, non sopporta quell’aria da bravo ragazzo, pulito e gentile. SIC lo sa, lo sospetta: sotto sotto, è una carogna, se aiutasse una donna anziana ad attraversare la strada, le farebbe lo sgambetto sui binari del tram. E poi correrebbe a chiamare i vigili, per denunciare l’autista.

Manca un pezzo, comunque. Non c’è verso di rilassarsi un po’, tanto vale tornare alla composizione del Governo, non gli cambia gran che. Solo nella penombra dello studio, SIC non s’accorge che la piega delle labbra scende ancora di qualche millimetro in basso, così come la profonda ruga sulla fronte si allarga e raddoppia. Con una mano si dà il tormento al cranio ormai desertificato. Ha l’aria stanca, sembra invecchiato di colpo. Non può accorgersene, non con quel pensiero in testa.

Manca un pezzo.

(continua)

THE WALKING PDEAD – dodicesimo episodio

Sommario: a Sbagliate Creanza  c’è da formare una giunta, il neo-eletto Sindaco deve scegliere i suoi assessori. Purtroppo, il risultato elettorale non gli permette di formare una maggioranza senza un accordo. Chi vorrà sostenere la nuova giunta? Risposta: GGGGBBBBWWWWLLLLMMMAAAAAGGGHHHHH.

La scuola. L’istruzione. L’inizio di tutto. Luca (quarta elle maiuscola in una sola riga, in ossequio alla spending review tipografica) osserva i presenti: dove sono i candidati della sua lista? Sa di dover scegliere quattro assessori, sa di non avere una maggioranza netta.

Sa anche che l’elettorato, in questo turno, si è scomposto. E vorrebbe usare un’altro termine – ma non sarebbe corretto. Così sceglie di ricomporsi (almeno lui) e tentare una trattativa. Solleva una mano per chiedere attenzione: “Vorrei procedere alla formazione della giunta. Nominerò gli assessori e quindi sottoporrò alle altre forze politiche il programma già presentato in campagna elettorale. Non abbiamo una maggioranza sufficientemente forte ma so che c’è condivisione sui punti principali. Il paese non può aspettare”

Vorrebbe proseguire ma viene interrotto da ben due interventi: per primo, il giovane Pier Paolo Dito, che riappare davanti al gruppo dopo un salto carpiato avvitato mortale con lancio e recupero dello skate coefficiente non si sa. “Stai scherzando, spero. Tu non hai i numeri e noi non te li regaliamo. Facciamo invece che la giunta la formo io, ho già la mia squadra”. Ad un suo cenno, con la mano superstite, quattro sfreccianti aspiranti assessori fanno la loro comparsa, sfoggiando tutti la stessa maglietta con la scritta “Movimento 5 rotelle – Skate Angels”.

Sul tentativo di replica di Luca, arriva la seconda interruzione: il gruppo meno vivace (per non dire vivo) degli astanti, inizia a salmodiare. “GWWWWOGLIAMO GWWWOVERNAREEEHH.. GWWWOOGLIAMO GWOOVERNAREHHH”. Un nugolo di braccia – ove possibile- si solleva in aria, per sottolineare meglio il concetto. Luca capisce che deve riprendere il controllo della situazione, prima che quel delicato equilibrio si sfasci.

“Ascoltate! Propongo di riunirci nella nuova sala del consiglio che per il momento è allestita nell’aula di scienze della scuola. Lì potremo discutere del da farsi!”

A quelle parole, Pier Paolo Dito sembra ulteriormente rianimarsi. “La scuola? Ho un’idea migliore! OCCUPIAMO la scuola e ci restiamo finché non ci avrai consegnato il governo del paese. Andiamo! Si fa OCCUPAZIONE!”

“Come no”, pensa tra sé l’attonito Sindaco, “peccata che sia l’unica OCCUPAZIONE che non crea un solo posto di lavoro in più”.

(continua)

CALL ME (NOT)

Sono da poco passate le due di notte ma l’uomo seduto nell’elegante studio, pur indossando pigiama e giacca da camera, non può cadere preda della dolce tentazione di Morfeo. Non deve. Ha i nervi a pezzi, il viso stanco – la barba di due giorni peggiora il suo aspetto, facendolo apparire anche più vecchio di quanto non sia in realtà. Vecchio e saggio, avrebbe detto, sino a poche ore prima. Prima dell’errore. Prima di quella maledetta telefonata, prima dell’inganno, prima che gli strappassero poche, fatali parole. Rivelatrici del suo animo.

Come aveva potuto, essere così incauto? Lui, proprio lui, una vita dedicata ai libri, allo studio, all’analisi. Una vita trascorsa a rintracciare il più recondito significato in ogni dettaglio, valutando, soppesando. Sentenziando. E poi, in pochi minuti, uno specchio rovesciato e lui, lui come Alice, era passato dall’altra parte. La parte della voce dal sen fuggita. Sente le palpebre farsi pesanti ma ancora non può dormire, non deve.

Quello che ora è il suo più mortale avversario giace sdraiato sulla schiena, riverso sulla lucida superficie in noce della scrivania. Il cellulare. Ha taciuto, nelle ultime ore, eppure – l’uomo ne è certo – questa è soltanto una condizione provvisoria. Sente che l’agonia dell’attesa sta per finire. Sente che una nuova chiamata sta per arrivare. Se solo potesse smettere questo gioco, se solo potesse dedicarsi al compito che gli è stato affidato, quel compito grave, importante ed urgente che l’intera nazione attende lui svolga.

Accade in simultanea, un tic nervoso ed incontenibile deforma per un istante la sua guancia e la suoneria del telefono assalta la tranquillità della notte primaverile. Fa freddo, nella stanza. Ancora più freddo, quando risponde.

“Pronto”

“Sono io”

Lo stomaco gli si contrae, un’improvvisa nausea gli toglie le forze. Quella voce femminile, arrochita ma calda. Così familiare. Così confidenziale.

“Davvero pensi che potrei cascarci due volte? Davvero pensi che sia così stupido?”

“Non capisco, ma cosa dici? Volevo solo sapere come stavi, perché mi tratti così?”

Quell’intonazione. E’ lei, non ha dubbi, lei, quella vera – oppure no? Oppure la stanchezza, il peso delle responsabilità gli stanno giocando un brutto scherzo?

“Come sto? Sto come qualcuno che non può più rispondere al telefono. Sto come qualcuno che sta per riattaccare”

Per un breve momento, non giunge suono dall’altra parte, salvo il respiro – no, meglio, un rallentato, dispiaciuto sospiro. E se mi sbagliassi? Lei è dalla mia parte, non posso farle questo. Prima che possa dire qualsiasi cosa, però, è proprio la sua interlocutrice a parlare.

“Capisco. Lo so che non stai bene. Volevo solo dirti che mi preoccupo per te. Cerca di dormire. Ci sentiamo”

Ora non ha più dubbi, nessuna stanchezza, nessuna missione impossibile lo possono ingannare. Cerca le parole, vorrebbe dire, vorrebbe spiegare, sfogarsi. Dirle la verità. Ed invece, lei lo gela, congedandosi.

“Stammi bene. Buonanotte, Bruce”

Ha una sola risposta possibile. E questa volta non sbaglia.

“Buonanotte, Joker”

THE WALKING PDEAD – undicesimo episodio

Sunto: Luca capisce che il Nuovo Giorno è arrivato. E con esso la Nuova Democrazia che nasce già adulta. Pure troppo.

I cittadini di Sbagliate Creanza si sono radunati davanti alla sede del P.R.O.T., il partito vincitore delle elezioni. Vincitore ma non assoluto: mentre esce dalla sede per parlare con la cittadinanza, il segretario ora Sindaco legge la tabella con i risultati.

Partito Progressista Riformista Operaista Territoriale: 33,5%; Unione Nazionale Conservatori Liberali Etici: 33,1%; Movimento Cinque Rotelle: 33,4%

“Un risultato limpido. Siamo nettamente il primo partito, la cittadinanza ha espresso un orientamento chiaro”, ragiona tra sé Luca, avvertendo, stranamente, l’esigenza di liberare una risata isterica. Si controlla. Ora è il Sindaco, il Primo Cittadino di tutti – senza differenze di colore. Di censo. Di fede.

O di elettroencefalogramma.

“Cittadini”, esordisce, allargando le braccia ad includere tutti (barcollanti o meno), “il risultato elettorale mi conferisce l’onere ed il privilegio di formare il nuovo governo del paese”. Un esordio classico, da manuale; di solito, a questo inciso segue l’altrettanto classico applauso d’incoraggiamento. Invece, non accade, per due motivi, precisi come il risultato delle votazioni:

1) una buona metà dell’uditorio è priva di almeno una mano;

2) la maggioranza dei presenti preferisce esprimere il proprio gradimento con una serie d’inarticolati lamenti e gorgoglii.

Luca si domanda come distinguere i lamenti di approvazione da quelli in dissenso, poi decide di proseguire. Un buon politico impara a capire la folla, gli umori, il momento. Anche i momenti morti, pensa.

“Cittadini, Sbagliate Creanza ha bisogno di risposte, non più di domande. I problemi sono molti ma li affronteremo insieme e li supereremo insieme. E daremo priorità alle vere priorità, alle riforme urgenti, alle necessità concrete. Come, ad esempio, la nostra scuola elementare..”. Infervorato dal discorso, solleva lo sguardo e punta un braccio ad indicare il vetusto edificio dove tutti – tutti – i Creanzoli Sbagliati hanno studiato.

E proprio in quel momento, lo coglie un’autentica folgorazione.

La scuola elementare. Un edificio cadente, al limite del pericolante; con un organico ridotto ad un solo preside, un solo insegnante, un solo bidello – una sola persona, insomma, che assume tutte le funzioni. Con arredi anteguerra (la Prima), condizioni igieniche precarie, vetri tristemente sporchi o allegramente rotti. La scuola.

Le votazioni si sono svolte lì. Gli elettori, un tempo studenti, sono entrati nella cabina elettorale, posta nel seggio elettorale, collocato all’interno della scuola cadente –  e ne sono usciti in quel modo. E’ tale la folgorazione che Luca, finalmente, avverte puzza di bruciato.

Ed inizia a distinguere il filo rosso che lega ogni cosa.

(continua)

 

THE WALKING PDEAD – decimo episodio

Ri-assunto: dopo due settimane di ospedale, lo sfortunato Segretario-tintore scopre che ha vinto le elezioni e che  i suoi compaesani hanno, per così dire, mutato condizione sociale. Non sarà facile, governare..

“Muoviti. Si stanno radunando tutti qua fuori. Aspettano che tu parli”.

Sbagliate Creanza, 150 operose anime (in larga parte, al momento, non esattamente vive) all’estrema periferia della Grande Metropoli. Luca, giovane segretario del P.R.O.T., cerca ancora di capire cosa può essere successo nelle due settimane di degenza in ospedale; nel frattempo, Sara, sua ancor più giovane antagonista, lo sollecita ad assumere le sue nuove responsabilità.

“Posso almeno sapere cosa è successo.. come sono diventati tutti così?”, chiede Luca, ancora esitante a dare una precisa definizione degli eventi. Eventi che Sara, viceversa, con il pragmatico riformismo dei Rianimatori, sembra avere accettato. Gli eventi si governano, nel bene come nel male.

“Che t’importa? Sono i tuoi compaesani, hai qualche problema? Dobbiamo ripartire dalla gente, dalla strada. Stare sul reale, sulle cose concrete. Questo paese aspetta risposte, non domande inutili”, risponde la Rianimatrice mentre prepara la stampa di nuovi volantini.

Ha ragione, riflette tra sé il segretario. Le domande sono inutili se non vengono poste nel modo giusto. Si alza e si avvicina a Sara. L’afferra dolcemente per il collo.

“Vuoi dirmi CHE CAZZO E’ SUCCESSO in questo paese, PER FAVORE?”

Con un guizzo di riformismo pragmatico, Sara decide che appartenere alla corrente dei Rianimatori non deve implicare porsi in condizione d’essere rianimata. Risponde come può – date le condizioni.

“N-n-non lo so-o-o-o.. succeeeee-sso tutto-o-o duraa-a-a-ante votazioni-i-i-i.. entrava-a-a-no nella-a ca-a-a-abina ele-e-e-ettorale e-e-e-e uscii-i-i-vano coo-o-osì-ì-ì-ì.. la-a-a-sciaa-a-a-mi c-a-a-a-azzo-o-o-o!”

Soddisfatto per avere finalmente posto una fondamentale domanda nel modo giusto, Luca libera il collo della collega di partito, dopo un ultimo, affettuoso, scrollone. Bene. Ecco dunque cos’è accaduto: il voto ha cambiato il volto del paese. Radicalmente. E’ arrivato il tanto atteso nuovo giorno.

Il giorno dei Cittadini Viventi.

E sono cittadini affamati di risposte.

(continua)

THE WALKING PDEAD – nono episodio

Riassunto? Tutto sembra sbagliato, a Sbagliate Creanza: la gente,  le situazioni – persino lo smacchiatore, esploso in faccia al giovane segretario del locale partito Prog-Rif (non è un genere musicale). Ma nella vita, a volte, le cose si sistemano da sole.

La strada per ritornare a casa è ancora lunga, nonostante il territorio di Sbagliate non sia così grande; Luca percorre la strada principale, l’antica Via della Fabbrica, poi diventata Via della Libertà, quindi Via XXV Aprile, rimpiazzata da Viale delle Rimembranze Pacificate e di nuovo battezzata Via dei Martiri Unificati. E’ lunga la strada, sotto il sole cocente, osservato da crocchi di compaesani che non riconosce – o che, invece, riconosce nonostante mostrino qualche segno di lieve decomposizione.

L’aria è pesante, gli uccelli volano alto – ma solo per trovare sollievo al tanfo. Luca non trova sollievo, non vede l’ora di riabbracciare moglie e figlio. Di colpo, tuttavia, una sagoma familiare e confortante: la sede del partito Progressista Riformista Operaista Territoriale, il vecchio circolo del P.R.O.T.

Non sarà una deviazione inutile, non una perdita di tempo: ha bisogno di ritrovarsi, di scaricare la tensione, condividere le sue emozioni con gli iscritti, con i simpatizzanti. Insomma, i prottiani. Di slancio, varca la soglia.

La prima cosa che nota, è la nuova targa sulla porta. Il nome non sembra diverso, eppure ad una seconda occhiata il giovane segretario si rende conto che il circolo è cambiato da “Eroi della Resistenza” a “E noi della Ri-esistenza”. Scuote la testa, affretta il passo tra le stanze del circolo (tre locali più servizio con democratica e solidale turca) ma una sola persona è presente: Sara, la sua vice, la rappresentante della corrente di minoranza, i Rianimatori.

Con sollievo, Luca s’accorge che Sara non è cambiata: la stessa simpatica maglietta con la scritta “ridiamo ossigeno a questo partito asfittico”, gli stessi capelli arruffati che scioperano per uno shampoo. E sul viso gentile, la solita espressione che dice “Jeez, sto per vomitare”. Infine, la voce, la melodiosa voce da tabagista con cui lo saluta..

“Ah, era ora che ti facessi vedere, dove kazzo sei stato?”

Luca vorrebbe spiegare, raccontare, un fiume di parole sorge dalla sua gola ma Sara è una Grande Opera Pubblica deliberata e messa in atto. Una diga, insomma.

“No, kazzo, abbiamo vinto le elezioni, hai presente? Ricordi chi era il candidato sindaco? Magari un certo fannullone fissato con gli smacchiatori? Non stare li impalato a guardarmi, devi scegliere gli assessori, deficiente!!”

“Ma..”, balbetta Luca, cercando di riprendersi dall’afflato di tutto quel calore, “ma.. qui non c’è nessuno.. chi scelgo? E poi, gli amici.. gli elettori.. i cittadini..”

Sara è una vera rianimatrice: dura, pura e si-cura. La sua non è una risposta, è un programma in atto. “Guarda fuori. Eri in mezzo a loro, gli hai anche parlato. Sono i tuoi cittadini, Sindaco”

Luca non riesce ad evitare una caduta nel banale: “Ma sono.. sono tutti.. insomma, puzzano anche!!”

“E allora? E’ il popolo e non sei tu a scegliere loro. Loro, hanno scelto te. Ricorda gli otto punti del programma”

Ed è in quel momento che il segretario ora sindaco comprende che l’importanza e la vitale (ops) necessità del programma sono vanificate proprio dalla ristrettezza del numero. I problemi di Sbagliate Creanza non possono essere contenuti soltanto in otto.

Ne servono molti di più, di punti di sutura.

(continua)

THE WALKING PDEAD – ottavo episodio

[banner network=”altervista”]Riassunto: a Sbagliate Creanza si sono svolte le elezioni ma il giovane segretario tintore ne ignora l’esito. Soprattutto, ignora cosa ne sia stato del rispetto delle regole..

“NO, non hai vinto”, prorompe Luca, spazientito, all’indirizzo di Pier Paolo Dito che, imperterrito, continua ad evoluire sullo skate: curva, piroetta, salto, frenata. Frenata.

“Cioè, come? Ho un voto, gli altri, bianco. Tutti occhi bianchi. C’è un solo voto ed è mio. Ho vinto”. A queste parole, il gruppo di votanti si ricompatta, mormorando e gorgogliando. Luca punta un dito contro Dito.

“Errore. La votazione è da ripetere, non si è formata una maggioranza. Qualsiasi cosa stiate votando qui, in qualsiasi circostanza, la Democrazia ha bisogno di maggioranze decise, nette. SALDE”. (Nel momento in cui pronuncia questa parola, Luca si guarda attorno: ce ne fosse uno, che non barcolla e non perde pezzi. Va bene. E’ la Democrazia: imprecisa).

Dito non smette di evoluire, convinto invece di evolvere. Tuttavia, riflette – Luca può vedere la sottile ruga sulla fronte del ragazzo, un segno inequivocabile di pensiero. Poi, Dito gli si avvicina e Luca capisce che la ruga è in realtà una cicatrice. Caduta con lo skate.

“Non si può rifare la votazione”, annuncia in tono grave il ragazzo. “E perché?”, ribatte Luca. “Perché non ci sono più occhi, ecco perché!”

Luca si volta: una sessantina di orbite cave lo osserva con curiosità. Con cecità. Anche con cavità. Lui capisce: è uno di quei momenti in cui il Politico deve trovare la soluzione, mettere insieme i pezzi – magari in senso metaforico, pensa, mentre un braccio si stacca e cade a terra – salvaguardare l’interesse della Comunità senza sacrificare l’individuo. Riflette. Ragiona. Raggiunge un accordo con sé stesso: è un buon accordo, si può provare.

“Facciamo così: usate i pollici. Pollice destro per te, pollice sinistro per l’altro candidato. Eh?”. La proposta ottiene l’immediato gorgoglio di approvazione dell’assemblea; Dito si trincera dietro una smorfia, poi cede. “Pollice. Ok, va bene. Si rifà”.

La donna con urna e fascia riprende il proprio posto al centro del gruppo. Parte una entusiastica ed affrettata corsa  a mozzarsi il pollice, destro o sinistro a seconda dell’opinione. Dito risale sullo skate, forse deciso ad astenersi.

In un democratico tripudio di morsi affamati e schizzi di sangue, Luca si allontana. Decisamente, quella non è l’assemblea che fa per lui. Percorsi pochi passi, però, si accorge d’avere sottovalutato un problema fondamentale.

“Ma.. una volta staccati, come si distingue destro da sinistro?”

(continua)

THE WALKING PDEAD – settimo episodio

[banner] Riassunto? Due settimane di ospedale e fuori il mondo cade a pezzi. Cosa dovrebbe fare un giovane segretario tintore?

“Forse, è colpa dello smacchiatore. Troppa trielina light. Ho le allucinazioni, tutto questo non è vero. Ora mi dò un pizzicotto”

Luca solleva una mano, verso il braccio opposto. Prima che possa pizzicarsi, un arzillo pensionato in avanzato stato di esodazione tenta di staccargli lo stesso braccio, con un morso. Luca si sposta di scatto, l’esodato, sullo slancio cade a terra, in mezzo alla strada. Si leva un mormorio.

Dall’ospedale, Luca è ritornato precipitosamente indietro, in paese: Sbagliate Creanza, 150 operose anime nella profonda provincia. Operose ed odorose. E non è acqua di colonia. Ora il segretario si trova sulla strada principale, da lì si arriva al centro storico, con  il Municipio e la Chiesa. Poi, il vecchio circolo; poi, la strada secondaria che porta alle Villette Nuove. E lì, casa sua: sua moglie Anna, suo figlio Matteo. In quel momento, gli sembrano lontani come all’altro capo dell’universo – tipo più o meno a Contate sul Servo, il paese più vicino.

In mezzo alla strada, c’è un gruppo di persone. Barcollanti e vocianti. Per Luca è uno shock, violento ed improvviso. Le elezioni. C’erano le elezioni e lui le ha perse – nel senso che si trovava in ospedale. Osserva i volti – quello che ne rimane, insomma – dei presenti, conosce quasi tutti, tutti candidati al Consiglio Comunale. Chi avrà vinto? Soprattutto, cosa staranno facendo? Sembra.. no, non è possibile.

“Sembra una votazione”, pensa Luca, osservando: il gruppo si muove a spirale, ognuno passa verso il centro dove una donna che indossa una fascia tricolore che avrebbe molto bisogno di uno smacchiatore tiene tra le mani un’improvvisata urna (in realtà, una vecchia insalatiera in moplen). Ognuno deposita una pallina nell’urna, spostandosi poi in una delle due file vocianti che si stanno formando ai lati dell’urna. La votazione termina, il brusio cessa, con lentezza la donna inizia a declamare i voti.

“Bianco. Bianco.Bianco. Bian..”

Un orribile dubbio attraversa la mente di Luca. Perchè ‘bianco’ e non ‘bianca’? E poi, perché solo voti in bianco? Non è stato attento, ancora una volta. Guarda meglio: non sono  palline.

Sono OCCHI.

“Bianco. Bianco. Bianco. Dito”. Dito? L’orrore sembra non avere fine, eppure non è così. La donna non fa in tempo a mostrare il dito indice, mozzato alla radice, che un ragazzo in maglietta e pantaloncini, sfrecciando attorno al gruppo con il proprio skateboard, esulta strillando: “Dito! Dito! Dito! Ho vinto! Ho vinto!”

Così facendo, ripassa davanti a Luca che nota la spilla infilzata sul taschino della maglietta. “Movimento Cinque Rotelle. Vota Pier Paolo Dito”. Nota anche il Dito mancante, alla mano sinistra.

Dito ha vinto con un dito (il proprio)? Al segretario tintore non tornano i conti, e le regole: e tutte le schede bianche? “Ho vinto”, ripete Dito, piroettando sullo skate.

“Ma la maggioranza ha gli occhi bianchi.. tutti bianchi”, mormora Luca

(continua)

THE WALKING PDEAD – sesto episodio

Riassunto: sei un giovane segretario progressista nella ridente località provinciale di Sbagliate Creanza. Hai la tua attività di tintore ma uno sbaglio nella miscela del tuo nuovo smacchiatore ti spedisce in ospedale. Ed il mondo cambia, in un batter di prelavaggio.

L’ospedale è una follia. A ben pensarci, però, cosa c’è di diverso dal caos e dai drammi di ogni giorno? “Beh”, si risponde Luca mentre cerca di abbandonare la struttura “almeno di solito la gente non si stacca la carne a morsi per pagare i ticket. Non funziona così – e comunque sarà il caso di presentare un’interpellanza in Comune”

E’ in vista dell’uscita quando due figure in camice, sbucando dal nulla, si parano, barcollando e farfugliando, davanti a lui. “GGGBBBLLove creeedi di BBGGLLLndareeeh?”, chiede la prima; “MMMMBBBHHHAAAon puooohhii usciiiMMMBLLLLAAAAH”

Luca osserva i due medici, un uomo ed una donna, entrambi, forse, sulla trentina. Tutto si può dire del loro aspetto, tranne che sia composto. Volendo essere poco politically correct, lo si può anzi definire un poco de-composto. Cerca di non notare l’occhio sinistro della dottoressa che lentamente scivola fuori dall’orbita con la grazia di un discesista.

“Non posso uscire? Ah, no? Ed i diritti del malato? Se firmo, posso uscire. Dove devo firmare?”

Il medico lo osserva per un istante, con le orbite vuote ed un sorriso forzato (labbra curiosamente assenti). Quindi, frugando con gesti lenti ed imprecisi nel camice, recupera un foglio spiegazzato che offre al giovane (im)paziente.  Luca prende il foglio, chiede una penna. E’ il turno della dottoressa, sfila una penna dal taschino del camice e la offre a Luca.

Luca afferra la penna, insieme a tre dita della mano della dottoressa, che si staccano graziosamente. Un po’ imbarazzato firma, quindi restituisce penna e dita alla dottoressa. la quale riposiziona tutto nel taschino. “Ecco fatto”, dice il segretario “ora posso andare”

“GGGWWOOool cavoloohh”, risponde il medico, “GGGGWWWWuello è il foglioooWWWW di GGGBBLLLAAAAmmissioneGGGGWWW”

Luca sorride. Quando la situazione sembra precipitare, un buon politico mantiene la calma e propone soluzioni ragionevoli. “Dunque, sono stato ingannato. Siete venuti meno al vostro dovere di trasparenza, privandomi di fatto dei miei diritti. Presento formale reclamo”

Prima che i medici possano replicare, Luca afferra un estintore dal muro e li colpisce entrambi sulla testa. Al di là le sue intenzioni, le tue teste si staccano dal corpo e rotolano a terra. Luca spinge via i due corpi barcollanti e s’incammina verso l’uscita.

“E’ lunga, la strada verso la democrazia – quanto questo corridoio”, declama.

Dietro di lui, dal pavimento, le due teste rispondono all’unisono: “GGGNNNNon pwuuoi andarteneeehhGGGGLLL.. SSSsei..MMGGMMMMaalato.. MMMalatoHHHHH”

(continua)