THE WALKING PDEAD – Sedicesimo episodio

Riassunto, allo stato: a Sbagliate Creanza si forma la nuova giunta, democraticamente ed alleanticamente includendo almeno un rappresentante per ogni forza, raggruppamento, partito, movimento, gruppo, dire, fare, baciare, lettera e testamento. Soprattutto, testamento.

Luca, ex-segretario tintore, ex-sindaco di una maggioranza ormai dissolta (anche se gli verrebbe un altro aggettivo, sempre con la “d”), si ritrova ora a presiedere una giunta comunale moolto rinnovata. Rivoluzionata.

“Rottamata”, mormora tra sé, rassegnato ma non domo. Hic Rodus, Hic Salta, dicevano gli antichi: “questa è la mia prova, questo il terreno, questi gli attori”, riflette, “da ciascuno, me compreso, devo saper trarre il meglio. Per il bene del paese”. Sorridendo, stringe la mano agli otto prescelti; il temporaneo clima di generale buona volontà e armonia fa sì che passino inosservati i seguenti particolari: la stretta di mano causa la caduta di un braccio, lo sbriciolamento di complessive quindici dita atrofizzate, la fuoriuscita di totali tre ossa del gomito ed infine, causa involontario movimento sussultorio causato dalla sunnominata stretta, la fuoriuscita di un singolo bulbo oculare – prontamente riposizionato dall’intervento del sempre evoluente Pier Paolo Dito, un Dito nell’occhio, per così dire.

“Bene”, esordisce Luca ad alta voce, “se siamo tutti a posto.. cioè.. se prendiamo posto.. vorrei cominciare. Considerata la novità della nostra formazione, considerato il numero ridotto di componenti, scelto per un criterio giusto e che tutti condividiamo di risparmio e minore burocrazia, considerata la necessità di lavorare presto e bene – insomma, chiederei a ciascuno di noi un punto di programma, da fissare e perseguire”.

A “perseguire” s’accorse d’esserseli giocati. Tanto per cambiare, l’avevano inteso come “perseguitare”, lo sport locale. S’affrettò a precisare: “Intendo, da fissare e raggiungere, mettere subito in pratica. Per il bene del paese”

“Bene del paese” li riconquistò – ma questo per Luca non era una sorpresa: era una di quelle frasi che funzionano sempre, come “è arrivato il momento di ripartire” oppure “dobbiamo aprire una fase nuova” o anche “senza investimenti non c’é crescita”. Sollevò le mani in avanti, puntandole verso gli otto assessori per dare loro, non solo idealmente, la parola: “A voi, un punto ciascuno”. Gli otto traballarono ma non per la sorpresa; esitarono, più che altro per problemi alle corde vocali (sforacchiate e pendule) o recupero della lingua (tranciata dal continuo, involontario, schioccare di mandibole affamate). Quindi, in diligente fila indiana proposero, nel moderno linguaggio catacombale della nuova politica, gli otto punti del programma.

“Opere pubbliche. Costruzione di due nuovi cimiteri, collegati da un ponte”

“Lavoro. Fondi per la Cassa Integrazione da Morto”

“Sanità. Via i ticket, soprattutto sulla Rianimazione”

“Istruzione. Servono le tre ‘i’: Informatica, Inalazione, Insufficienza respiratoria”

“Imprese. Servono interventi per le Piccole e Medie Imprese di Pompe Funebri”

“Economia. Rilancio del territorio, rilancio dell’agricoltura – nuove forme di concimazione”

“Tasse. Abolizione della tassa sulla prima bara, patrimoniale sui monumenti e le cappelle”

“Stato sociale. Interventi a favore delle giovani coppie defunte, agevolazioni per l’acquisto della sepoltura familiare”

Luca ascoltò assorto, in un crescendo di politico orrore. Cosa più orribile di tutte, era arrivato il suo turno e NON gli veniva in mente nulla da proporre. Nulla, almeno, che non suonasse così:

“Tutela delle minoranze biologicamente attive”

(continua)

THE WALKING PDEAD – Quindicesimo episodio

Sunto sunt:  nella valle incantata di Sbagliate Creanza sta per nascere una larga alleanza. Così convengono gli astanti, lavorare uniti, dialogare tutti quanti. Risolvere problemi, riparare ai torti or che i Cittadini son finalmente.. risorti.

“Non puoi ignorare la volontà popolare”, sibila, con rima involontaria (ma popolare) la non-più-tanto-fidata vice-segretaria Sara all’orecchio del non-più-riconosciuto-Sindaco-smacchiatore Luca. “E’ la volontà del popolo, prima gli interessi della Comunità, prima il bene del paese. La nuova Giunta deve includere tutti i rappresentanti di Sbagliate Creanza. Pensa al futuro. Saremo il laboratorio dell’intera nazione. Apriremo una strada. Verso la nuova società. Verso un futuro migliore”.

Luca non poteva credere alle proprie orecchie: quella collezione di stronzate doveva averla sentita almeno un milione di volte da quando aveva iniziato a fare politica, quindici anni prima. Era un giovane segretario giovanile. Strette di mano e pacche sulle spalle. E grandi visioni del futuro. Sara aveva solo due anni in meno di lui.

“Due anni non giustificano questa totale.. immaturità”, proclamò sciogliendosi dal quasi abbraccio nel quale Sara lo stava avviluppando. Non credeva alle proprie orecchie e non desiderava prestargliele ulteriormente; ma una nuova delusione lo aspettava: con gli occhi, non andava meglio.

La platea della Larga Alleanza era schierata davanti a lui, in fremente attesa, ripetendo come una litania le ultime parole di Sara: “GGBBBLLLuovaaa societàhhh.. MMMMMMMGGGGGHHHHHturo migliorehhhHHGGGG”. Questa era la nuova società? Era questo il futuro? Se era così, beh, il problema diventava davvero far avere ad ogni cittadino un refrigeratore. Per conservarsi.

“Ecco dimostrato perché invecchiando si diventa conservatori”, pensò.

(continua)

THE WALKING PDEAD – Quattordicesimo Episodio

Riiiaahssuntoooh: il Sindaco-tintore / già tradito dallo smacchiatore / alla schiena ora viene / fucilato proprio bene. / Il suo momento è passato / rimetter deve il mandato / Ora servon ampie intese / per il bene del paese.

“Ma siete scemi?”, domanda Luca, non senza un residuo di serenità, rivolgendosi a tutti. A Sara, la (non tanto) fedele vice-segretaria; a Pier Paolo Dito, che lucida le cinque rotelle del suo skate; ai compaesani, agli iscritti, ai simpatizzanti ed agli antipatizzanti. A tutti, a quel coro greco che più greco non si può: a guardarli, sono tutti una rovina. Il coro, però, è contro di lui.

“Dimissioni”, “Fase Nuova”, “Rinnovamento”, “Nuovo Governo”. Parole semplici, pronunciate con corde vocali più corrose ed arrugginite delle corde della chitarra di Elvis Presley. Un beffardo motivetto echeggia nella mente di Luca: “it’ one for the road/it’s two for the show/qui si scherza con il fuoco/il resto – che ne so”.

“E va bene!”, strilla all’improvviso, sollevando le mani in segno di resa, “ok, mi dimetto. Cosa volete fare? C’è un’altra maggioranza? C’è un accordo? Un candidato? Prego, il posto è libero!”. Per un istante, il silenzio aleggia nella sala di scienze della vecchia scuola elementare, cadente come i suoi studenti ed ex-studenti. Solo per un attimo. Poi, a nessun segnale, si scatena l’inferno.

“GGGGHHHBLLLAAAAGGGH”, intima l’ala più estrema; “BBBLLLWWWOOOGH”,  rispondono con fermezza i centristi; “WWWWOOOOHHHHGG”, argomentano – con un filo di depressione – gli elettori della maggioranza neo-dimessa. La discussione è aspra, senza esclusione di colpi, ditate nelle orbite cave incluse. Luca vorrebbe ricordare che le dita vanno conservate per il voto – ma tant’é. La Democrazia ha i suoi riti ed una franca, libera discussione è uno dei principali. Prima di prendere decisioni importanti, è giusto esaminare i pro ed i contro. Macerarsi.

Farsi a pezzi.

“BAAAASTAAAHHHH!!”, urla alla fine il Sindaco dimissionario. “Basta! Siete uno spettacolo penoso, una parodia della politica, uno specchio grottesco di un paese civile! Pretendete d’essere democratici? Ma se sapete soltanto azzannarvi tra di voi!”

E’ fatta, pensa tra sé. Ora, sarà il mio turno, d’essere fatto a pezzi ed io sono ancora abbastanza.. nel lato chiaro della biologia. E’ finita.

Clap. Clap. Clap clap clap. Clap Clac CLAP CLAP CLAP. “GMMMBBRRAAVOOOHHH!”

L’applauso sorprende Luca anche più d’un morso alla giugulare. Bravo? Qualcuno chiede anche il bis. Osserva attorno a sè, di tutti gli avvenimenti della giornata, da quando ha lasciato l’ospedale, quello è il più assurdo. Non che gli venga lasciato molto tempo per pensarci: Pier Paolo Dito urla la sua.

“Che vi dicevo? E’ lui, l’uomo giusto per risorgere!”

Come no, pensa Luca. Il mio prossimo slogan è proprio “From the craddle to the Brave”..

(continua)

Comunicazione di servizio # 6

Si informano i gentili elettori che non è democratico minacciare di espulsione dal partito chiunque si trovasse a dissentire da una decisione presa a maggioranza; pertanto, chi ritenesse di non votare la fiducia al nuovo governo lo potrà fare, in tutta serenità.

Si raccomanda, successivamente, di utilizzare la scusa della seminfermità mentale.

THE WALKING PDEAD – Tredicesimo Episodio

Gghhhnaaarrsunto: tutti riuniti nella cadente scuola elementare di Sbagliate Creanza. Il neo eletto sindaco smacchiatore; l’evoluente Pier Paolo Dito; eletti ed elettori. Chi più, chi meno, irrequieti. Chi più, chi meno, trapassati.

Luca non può credere ai suoi occhi, soprattutto alle sue orecchie: non soltanto nessuno lo sta ad ascoltare, Nella modesta aula di scienze della vecchia – e bisognosa di restauri – scuola elementare tutti parlano tra loro, inveiscono tra loro, litigano violentemente tra loro. Tutti insieme, appassitamente.

“Adesso BASTA!!”, urla il Sindaco spazientito, “non vi ho riuniti qui perché vi facciate a pezzi l’un l’altro!!”. La sua intenzione è chiara ma gli sguardi, ora cavi ora no, dei presenti, insinuano in lui il sospetto d’un fatale doppiosenso. Purtroppo, pur consapevole di questo, tradito dalle emozioni, Luca non riesce ad evitare di proseguire sullo stesso tono.

“Questo paese è morto, ve ne rendete conto? E’ indispensabile un cambiamento, dobbiamo risorgere dalle nostre ceneri, dare una risposta ai problemi, scuola, lavoro, sanità, case.. dobbiamo dare una casa ai nostri giovani, alle nostre giovani coppie, un nido per la loro vita..”

Lo scheletro imbiancato sul fondo dell’aula lo sta davvero fissando con odio (e mascella pendula). Per alcuni secondi, Luca avverte una morsa gelida allo stomaco prima di rendersi conto che è il vecchio scheletro di plastica dell’aula. Almeno lui, non è mai stato vivo. Rinfrancato, prova di nuovo ad assumere il controllo della situazione.

“Silenzio! Ma vi rendete conto, vi sembra un comportamento da adulti? Sembrate ragazzini immaturi e brufolosi”

“Pustole”, lo corregge Dito mentre esegue un triplo salto mortale all’indietro ma anche un po’ in avanti, “non sono brufoli, sono pustole. Ma stavi andando bene. Ora però guarda me”. Con un solo movimento del piede, il 5-rotelle frena, piroetta su sé stesso e si rivolge agli astanti: “GgghhhnaaAAAHHHHH! Allora, brutti vecchi puzzoni, la finite? Volete ancora stare a sentire questo qui che rappresenta la vecchia politica? Che dice di essere il Sindaco? Ditegli voi, chi ha la maggioranza!”

Sollevamento di teste. Sussulto generale. Passo avanti simultaneo. Caduta di vermi scossi dai loro nidi di carne: “BBBGGGLLLHHHNooooi siaaaHHHHHmo laHHH GGGGMaggiohhranzaahhHH”.

Luca non ci crede. Non può essere: la scuola, l’aula di scienze, i simboli dell’istruzione e del progresso. E gli tocca discutere con un branco di decerebrati per accelerate cause naturali? E come lo si manda avanti, un paese, così?

“Dimettiti”, strilla una voce femminile all’improvviso, sovrastando con catarrosa grazia, tra il femminile ed il portuale, la confusa rivendicazione della maggioranza pustolosa. “Dimettiti, dobbiamo avviare la fase nuova!”.

E’ Sara, la sua fedele vice-segretaria. Come è possibile? L’ha voluta lui, nel partito; l’ha aiutata lui a crescere; l’ha proposta lui per l’incarico. Ne ha sempre rispettato e valorizzato il polemico dissenso appassionato – quasi da dirigente sindacale, tra il femminile ed il metalmeccanico. Sara. Sara che ha votato il suo programma. Ed ora, gli spara nella schiena?

“Sara! Ma.. e tutto quello che avevamo deciso prima?”, balbetta, incapace di accettare quello che sta succedendo; la sua vice, ora abbellita da una maglietta viola con la gentile scritta “Entro l’urne confortate di pianto/è forse il sonno del Partito men duro?”, lo squadra&inquadra con sguardo gelido, replicando:

“Prima era prima. Ora è ora. E se guardi loro, ora è allora”

“E.. allora?”, mormora Luca – decisamente spaesato…

(continua)

 

JIM MORRISON IS DEAD

Sarebbe stato bello poter proporre un nome, per la Presidenza della Repubblica, del tutto al di fuori della folta rosa circolata sin qui. Ma questa è l’epoca delle ali tarpate, non si può volare alto con una platea elettorale che si auto-assolve ogni volta (checché ne dica il Ministro Barca); con il rinovellato Leader responsabile dello sfascio morale, sociale ed economico del paese e con i gaudiosi movimenti autistici che si scrivono la realtà la sera prima d’addormentarsi, sull’Ipad. Marini non va bene? Potrebbe essere la nostra ultima chance per varare un governo e dare un colpo di timone. L’ultima chance prima di sprofondare – senza ritorno – nei debiti, nel dramma sociale, nell’incapacità manifesta dei nuovisti di ogni sponda. Non agito spettri, il processo è già maturo: continuiamo a dividerci, a litigare, a guardarci l’ombelico sognando improbabili candidati salvifici (il mio? Jim Morrison. Ma lo dico per i compagni della mozione Morrison, Jim è..), siamo già oltre il ciglio del burrone. Discutiamo ancora, ragioniamo, andiamo avanti tutta la notte: ma domattina vediamo di fare il nostro lavoro. Bene. TUTTI insieme.

(continua – ma sarebbe meglio di no)

CATOBLEPISMO, he wrote

Catoblèpa (latinocatoblepas), o, con accentazione latinacatòblepa, è un animale fantastico descritto da Plinio il Vecchio e da Claudio Eliano. Nell’antica zoologia greca e romana era una specie di serpente o di rettile non individuata che si distingueva per la posizione della testa, volta verso il basso; o quadrupede africano, raffigurato col capo pesante sempre abbassato verso terra (fonte: Wikiblepa).

Secondo il Ministro Barca, autore del ponderoso documento “Un partito nuovo per un buon governo”, “(..) è necessario che i partiti (..) si separino dallo Stato con cui si sono in Italia perversamente affratellati, fino al ‘catoblepismo’ (..)”.

“Catoblepismo”, quindi, in riferimento al mitologico animale, per il caratteristico atteggiamento: a capo chino. Nel caso del Ministro Barca, il riferimento è però all’uso che Raffaele Mattioli, economista e banchiere (sì, è il mitologico amministratore delegato della vecchia Banca Commerciale Italiana) ne faceva per descrivere i “(..) rapporti patologici creatisi in Italia, prima della crisi economica del 1930, tra il mondo dell’industria e il sistema creditizio: si trattava di un intreccio perverso di interessi e poteri in in cui il sistema bancario creditizio ordinario esercitava il controllo sul sistema industriale, mentre quest’ultimo risultava determinante per la sopravvivenza dell’altro” (fonte: WikiMattioli).

Per il Ministro Barca vi è dunque un “perverso” intreccio tra Stato e Partiti; per superarlo propone due precise soluzioni: uno Stato rinnovato, grazie alla presenza di Partiti rinnovati. Qui mi fermo, devo ancora leggere le restanti 30 pagine delle 55 complessive. Mi sono già fatto un’idea, comunque – per meglio dire, una sensazione. Personale.

Sei vecchio, quando tutto quello che leggi ti sembra già sentito.

IL SEGRETARIO – appunti per un thriller

Il Segretario In Carica (d’ora in avanti, SIC) osserva pensoso la scrivania. Ha l’aria stanca, i tratti del viso appesantiti, gonfi; strofina occhi e naso con una mano, cercando di esorcizzare il sonno. Non ha tempo per dormire, non ha tempo per rilassarsi: ha ricevuto l’incarico di formare il Governo ma nulla, da quel momento, è più stato come sembrava. Discorsi vaghi, promesse ritirate, sorrisi e sberle distribuiti con egual disinvoltura. No, non va. I conti non tornano, i pezzi non combaciano.

Persino i pezzi del puzzle che ha sulla scrivania, non combaciano. Rigira tra pollice ed indice un pezzettino verde, tutto verde, che potrebbe infilarsi ovunque ma, al tempo stesso, non sembra andare da nessuna parte. Come lui. Non riesce ad andare da nessuna parte, tutte le porte sono chiuse. Porte. Pezzi. Non ne può più – ed in quel momento, ha un’illuminazione: osserva gli spazi vuoti nel disegno, quindi conta i pezzi sparsi intorno. I conti non tornano.

Manca un pezzo. E qui, gli viene spontanea una domanda: quale?

Al diavolo, borbotta a sé stesso, ecco a cosa si è ridotto: vede metafore ovunque, persino in un innocuo passatempo. Il pezzo mancante. Ah, ma non sarà di certo LUI. No. Proprio lui.

Lui, è sempre assente. E’ bravo, lui, come no. Lavora in sottrazione, se gli regalasse un puzzle, lui lo farebbe all’incontrario: dall’immagine completa a tutti i pezzi sparsi sul tavolo, togliendone uno alla volta. Uno qui. Uno lì. Uno qui.E’ bravo, lui. Piace. Piace alla gente, buca il video – dicono. SIC non lo sopporta, non sopporta quell’aria da bravo ragazzo, pulito e gentile. SIC lo sa, lo sospetta: sotto sotto, è una carogna, se aiutasse una donna anziana ad attraversare la strada, le farebbe lo sgambetto sui binari del tram. E poi correrebbe a chiamare i vigili, per denunciare l’autista.

Manca un pezzo, comunque. Non c’è verso di rilassarsi un po’, tanto vale tornare alla composizione del Governo, non gli cambia gran che. Solo nella penombra dello studio, SIC non s’accorge che la piega delle labbra scende ancora di qualche millimetro in basso, così come la profonda ruga sulla fronte si allarga e raddoppia. Con una mano si dà il tormento al cranio ormai desertificato. Ha l’aria stanca, sembra invecchiato di colpo. Non può accorgersene, non con quel pensiero in testa.

Manca un pezzo.

(continua)