Who Are You?

Chi dice che nel Partito Democratico ci si annoia? Giusto il tempo di commentare l’ultimo exploit del segretario nazionale, la già storica lettera ai “gentilissimi” (detta anche “tre proposte e via”) ed ecco la nuova puntata di questo serial destinato a riservare sempre nuove (e non positive) sorprese: le dimissioni dell’ormai ex-viceministro dell’Economia, un altro giovane, emergente, stratega del rinnovamento: Stefano Fassina. Il quale, avendo ben presente la responsabilità istituzionale da poco assunta, conscio del peso di questa responsabilità ed avvezzo, soprattutto in rappresentanza delle istituzioni, a far prevalere l’interesse del Paese su quelli personali e di partito, ha pensato bene – nelle attuali condizioni di crisi economica e politica – di dare le dimissioni. Motivo? Più d’uno: le continue critiche mosse al governo dal nuovo segretario PD, il forte ricambio impresso dal risultato delle primarie e la cosiddetta gaffe o infelice battuta racchiusa nella domanda “chi“? pronunciata da Renzi nel sentirsi nominare Fassina dai giornalisti.

La domanda vera è: é un gesto utlle? E’ un gesto proficuo? La risposta è sì, utile e proficuo per i due protagonisti della vicenda, utile e proficuo per le rispettive ambizioni e carriere personali: dimenticate le necessità del paese, dimenticate l’urgenza delle riforme, dimenticate l’importanza vitale della stabilita di governo, dimenticate tutto – soprattutto che l’ultima cosa che ci possiamo permettere in questo momento sono i personalismi, gli atteggiamenti da rockstar capricciose. Il leader dei cosiddetti “giovani turchi” (ma esistono ancora?), deluso dal fatto che il mondo PD non sia caduto ai piedi della sua corrente, abbagliato dalla sfolgorante luce riformista emanata, altro obiettivo non persegue se non quello di ergersi a leader di una sinistra interna alternativa a Renzi. Immagino, naturalmente e come sempre, che si tratti della solita “vera sinistra”. Ed intravvedo, come già afferma con voluta malizia una renziana doc quale Debora Serracchiani, la possibilità che Fassina voglia soltanto allinearsi alla meglio per la prossima corsa alla segreteria nazionale, non appena Renzi – ciò che è nelle Sacre Scritture, o stolti – assurgerà alla carica di primo ministro.

Il segretario PD, nel frattempo, incassa il risultato del rimpasto che, a parole, non voleva e non indicava; della messa in ulteriore difficoltà dell’attuale Primo Ministro, l’unico, eventualmente, intitolato a rispondere (e non con le dimissioni) al fuoco amico che quotidianamente arriva dalla sponda democratica. Incassa l’effetto della battuta, forse involontaria, che da sola non spiega e non giustifica nulla ma fa di lui, in questa circostanza e con il solito aiutino dei media, un simpatico, irresistibile gaffeur. Con un precedente illustre che appare, ogni giorno di più, come il vero modello mediatico del sindaco di Firenze: l’uomo che abitualmente saltava le domande scomode facendo finta di non sentire, portandosi una mano all’orecchio, indicando gli elicotteri, mimando con le labbra “I can’t hear you”. Lui. Il campione USA della deregulation (una forma avanzata di riformismo, no?), il super-Presidente muscolare dalle molteplici gaffes. Ronald Regan.

E nel frattempo, Renzi conferma che la sua strategia è chiaramente quella di parlare non al partito ma al di fuori del partito: non ci sono interlocutori interni, ci sono (secondo lui) i tre milioni di votanti delle primarie (che erano aperte proprio come richiesto dal medesimo personaggio) che gli hanno (tutti) conferito un mandato. E che sono altro dalla struttura del partito, struttura il cui ruolo, d’ora innanzi, sarà soltanto quello di ratificare e dettagliare le iniziative del segretario. E’ il passaggio dal Partito Democratico al Partito Dislocato.

(mah, quello che avevo da scrivere, l’ho scritto. Se adesso volete dire – o scrivere – “Andrea, chiii?”,  fate pure. Tanto, non vi sento: ho il tinnito. A destra)

THE WALKING PDEAD – Quattordicesimo Episodio

Riiiaahssuntoooh: il Sindaco-tintore / già tradito dallo smacchiatore / alla schiena ora viene / fucilato proprio bene. / Il suo momento è passato / rimetter deve il mandato / Ora servon ampie intese / per il bene del paese.

“Ma siete scemi?”, domanda Luca, non senza un residuo di serenità, rivolgendosi a tutti. A Sara, la (non tanto) fedele vice-segretaria; a Pier Paolo Dito, che lucida le cinque rotelle del suo skate; ai compaesani, agli iscritti, ai simpatizzanti ed agli antipatizzanti. A tutti, a quel coro greco che più greco non si può: a guardarli, sono tutti una rovina. Il coro, però, è contro di lui.

“Dimissioni”, “Fase Nuova”, “Rinnovamento”, “Nuovo Governo”. Parole semplici, pronunciate con corde vocali più corrose ed arrugginite delle corde della chitarra di Elvis Presley. Un beffardo motivetto echeggia nella mente di Luca: “it’ one for the road/it’s two for the show/qui si scherza con il fuoco/il resto – che ne so”.

“E va bene!”, strilla all’improvviso, sollevando le mani in segno di resa, “ok, mi dimetto. Cosa volete fare? C’è un’altra maggioranza? C’è un accordo? Un candidato? Prego, il posto è libero!”. Per un istante, il silenzio aleggia nella sala di scienze della vecchia scuola elementare, cadente come i suoi studenti ed ex-studenti. Solo per un attimo. Poi, a nessun segnale, si scatena l’inferno.

“GGGGHHHBLLLAAAAGGGH”, intima l’ala più estrema; “BBBLLLWWWOOOGH”,  rispondono con fermezza i centristi; “WWWWOOOOHHHHGG”, argomentano – con un filo di depressione – gli elettori della maggioranza neo-dimessa. La discussione è aspra, senza esclusione di colpi, ditate nelle orbite cave incluse. Luca vorrebbe ricordare che le dita vanno conservate per il voto – ma tant’é. La Democrazia ha i suoi riti ed una franca, libera discussione è uno dei principali. Prima di prendere decisioni importanti, è giusto esaminare i pro ed i contro. Macerarsi.

Farsi a pezzi.

“BAAAASTAAAHHHH!!”, urla alla fine il Sindaco dimissionario. “Basta! Siete uno spettacolo penoso, una parodia della politica, uno specchio grottesco di un paese civile! Pretendete d’essere democratici? Ma se sapete soltanto azzannarvi tra di voi!”

E’ fatta, pensa tra sé. Ora, sarà il mio turno, d’essere fatto a pezzi ed io sono ancora abbastanza.. nel lato chiaro della biologia. E’ finita.

Clap. Clap. Clap clap clap. Clap Clac CLAP CLAP CLAP. “GMMMBBRRAAVOOOHHH!”

L’applauso sorprende Luca anche più d’un morso alla giugulare. Bravo? Qualcuno chiede anche il bis. Osserva attorno a sè, di tutti gli avvenimenti della giornata, da quando ha lasciato l’ospedale, quello è il più assurdo. Non che gli venga lasciato molto tempo per pensarci: Pier Paolo Dito urla la sua.

“Che vi dicevo? E’ lui, l’uomo giusto per risorgere!”

Come no, pensa Luca. Il mio prossimo slogan è proprio “From the craddle to the Brave”..

(continua)