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Il Grande Testimonial s’avvicinò alla vetrata, per osservare il mare, oppresso da una folata d’angoscia. Osservare le onde aveva sempre avuto un effetto calmante, ipnotico, su di lui: ma non in quel momento. Aveva visto i segni. Tutti. C’era inquietudine, nel movimento; c’erano crepe improvvise nella perfetta costruzione armonica della struttura.

Dissidenti.
Davvero?, si chiese a voce alta, nella solitudine di quel luogo, veri dissidenti? Oh, li aveva osservati, aveva studiato ogni postura, ogni tono di voce, ogni tic nervoso. Aveva ascoltato parole che non avrebbe mai creduto di poter sentire, non dal suo popolo; aveva memorizzato le gocce di sudore, i tremiti, persino i pianti. Dissidenti.
No, lui aveva visto i segni ed era tempo d’intervenire.
Scosse la testa, per una volta reticente a sé stesso: era il tempo, sì, ma la decisione era dura, difficile. Non sarebbe stata la prima, comunque; e non intendeva sottrarsi alla responsabilità che aveva assunto: lui era la guida, lui il testimone, lui la luce. Doveva fare quello che doveva essere fatto.
Li avrebbe chiamati, tutti. Tutto il movimento, tutti insieme nello stesso istante: avevano la tecnologia, erano nati con la tecnologia. Comunicare era il verbo, comunicare era l’essenza, la comunicazione multipla era il mezzo: avrebbe parlato, avrebbe chiesto loro di ripetere le sue parole, ripeterle ancora ed ancora, rivolgendosi ai quei “dissidenti” (oh, ma lui li aveva visti davvero). Avrebbe chiesto a tutti di ripetere solo quelle tre parole, un’esortazione, un progetto.
“Uscite da questo corpo”.
Perché il momento era giunto di rivolgersi all’esorcistech.