Non vogliamo farci fregare di nuovo (Won’t get fooled again)

“Come un flash di agenzia ecco la notizia: a Roma ABI e le Organizzazioni Sindacali hanno formato l’accordo sul nuovo Fondo di Solidarietà , meglio conosciuto come Fondo Esuberi. Contemporaneamente ABI ha ritirato la disdetta del contratto , che certamente ricorderete aveva dichiarato negando la ultrattività del medesimo il 16 settembre. In quella data si aprì la fase conflittuale in categoria, culminata nel riuscitissimo sciopero del 31 ottobre scorso, che ora, è evidente, ha prodotto i propri frutti. Il 28 febbraio 2014 è già fissato il primo incontro tra ABI e OO.SS sul contratto nazionale. Buone feste a tutti e a tutte”.
Questo, uno dei primi comunicati di ieri: un risultato importante ma, tutto sommato, anche un bel brodino tiepido. La disdetta del contratto è soltanto rimandata in senso temporale e c’è da supporre che richieste ed intenzioni di ABI rimarranno invariate; l’accordo sul Fondo Esuberi altro non è che la riconduzione alla Legge Fornero – una legge dello Stato – come doveva essere. Ancora rimandata, anche all’interno delle OO.SS., una riflessione sulla reale necessità ed opportunità di continuare sul binario delle continue uscite.
Nel frattempo, osservando il rimando al (o entro) 28/02/14, le condizioni di lavoro continuano a peggiorare QUOTIDIAMENTE. Non soltanto perché la misura è colma; soprattutto, perché le risorse (di buona volontà, di resistenza, di intraprendenza) sono oramai depauperate. La pazienza è finita, le energie sono prosciugate e non è il massimo alzarsi ogni mattina con l’obiettivo di farsi il minor male possibile. Tutto questo si riflette nella qualità del lavoro – mentre la quantità continua ad aumentare – e nel rapporto con una clientela che scarica su di noi, ovviamente, anche quanto non ci compete. Il “credit crunch” non è responsabilità di chi lavora per consentire a questo paese di arrivare almeno alla terza settimana; viceversa, è l’eredità lasciata (ma è una ricorrenza storica) da chi, nel mondo politico in primis, ha pensato soltanto a truccare i conti, ad abolire il falso in bilancio, a scambiare il principio contabile di “competenza” per quello di “cassa” ed a “indebitare il sistema” per far “ripartire i consumi”: distribuire fondi a pioggia, indiscriminatamente, facendo credere che la cornucopia sarà sempre piena, è proprio il miglior modo per preparare una crisi, pesante e duratura. Ma tant’è. Quando lo dici, nessuno ti crede – finché il denaro gira.
Una conclusione? L’allarme deve restare alto, la mobilitazione forte, la partecipazione attiva e le teste sulle spalle. Dobbiamo incalzare i sindacati di categoria perché non si accontentino di questa semplice stretta di mano, perché occorre più che mai invertire la rotta. Se qualcuno deve uscire da questo settore, che siano i vertici collusi, inerti e – ciò che è davvero imperdonabile – inefficienti.
Per quanto mi riguarda, la musica è ancora la stessa, questa:
http://youtu.be/LjA_RtsBfAo