THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

PROLOGO: Sbagliate Creanza, 150 abitanti trapassati e resuscitati grazie alle esalazioni d’un mefitico smacchiatore. Ingredienti sbagliati, macchie persistenti, comunità in decomposizione. Il responsabile, involontario, abbandonata ogni carica politica, vaga per le strade del paese, forse diretto a casa. SE esiste ancora un luogo da chiamare “casa”.

E’ notte, le strade sono avvolte in un’oscurità che non può essere neppure intaccata dall’esile falce di luna a malapena distinguibile in un cielo fitto di nubi. L’ex-sindaco e forse anche ex-tintore Luca avanza barcollando lungo il viale principale di Sbagliate Creanza. A differenza dei suoi compaesani, non sta subendo gli effetti di una lenta decomposizione: proprio per evitare di subire quella trasformazione, si è amputato un braccio, medicandosi poi alla meglio. Sa di essere svenuto e non gli occorre l’orologio – che, del resto, si è fermato – per capire d’essere rimasto incosciente per alcune ore. L’ultima volta che ha perso coscienza, il mondo si è capovolto: chi è vivo è un sopravvissuto, i morti governano seguendo logiche morte e non più sepolte.

Gliel’avevano detto, che la politica si stava estinguendo. Nessuno aveva previsto QUELLO sviluppo, però. Non è questo che ha in testa, mentre cerca di mettere un passo avanti all’altro, intontito dal dolore e dall’orrore; non è questo che lo angustia mentre tiene con la mano rimasta – chissà perché – il braccio amputato. Quasi riesce a sorridere al paradosso: è il braccio sinistro, “mi sono amputato la sinistra”. Di sicuro, qualcuno lo accuserà di grave cedimento alla destra conservatrice.

“Diranno che ho messo la sinistra in mano alla destra” e davvero quasi riesce a ridere – ma non esiste più, una cosa come ‘ridere’: i cittadini di Sbagliate Creanza non ridono, ghignano a denti e gengive scoperti. Nessuno ride, tutti si lamentano. Un lamento continuo. Funebre. “E’ colpa della crisi”, pensa Luca, domandandosi se per caso quell’argomento, dopo tanto tempo, non sia da superare. Non è solo la crisi, è anche qualcos’altro. Magari, uno smacchiatore sbagliato: e lo sporco, invece di scomparire, si diffonde. L’idea gli sembra interessante ma un’ombra furtiva interrompe i suoi dolenti pensieri (la testa non è l’unica parte che gli duole, anche il braccio gli fa parecchio male. Quello amputato, of course), oltre a spaventarlo. Un’ombra piccola, agile, veloce.

Un bambino. Riesce a vederlo, avvicinandosi, grazie alla debole ed oscillante luce d’un vecchio lampione (quante volte ha messo nel programma elettorale il rifacimento dell’illuminazione stradale? Mancavano sempre i fondi..); un bambino, in mezzo alla strada, a quell’ora. Lo osserva, ha il volto girato da una parte, sembra quasi imbarazzato per essere stato visto. Entrambi si scrutano, in silenzio. Luca sa di non essere un bello spettacolo; nel contempo, vorrebbe poter vedere bene in viso il bambino, per capire. Per sapere.

Sapere se è del tutto vivo. Oppure, no.

Decide di rompere gli indugi. “Ciao. Io sono Luca. Tu come ti chiami?”. Nessuna risposta. “E’ un po’ tardi per una passeggiata. Cosa ci fai qui?”. A questa domanda, il bambino decide di rispondere.

“Ti sto osservando”. “Scusa?”, risponde Luca, presagendo un’altra pessima svolta nella giornata. “Perché mi stavi osservando? Mi vuoi dire come ti chiami?”

“Mi chiamo Matteo e ti osservo perché voglio fare il sindaco ed il segretario di partito”

“Si, eh? Da grande?”

“No, da subito. Tanto, te quanto duri, ancora?”

(continuaaahhh)