THE TALKING DEAD – EP.24: DISCEPOLI E DISCIPLINA

THE TALKING DEAD

Racconto a puntate,  episodio 24: Discepoli e disciplina.

Tra due ali di cadaveri mormoranti, di fedeli risvegliati insieme a fieri miscredenti, il Santo abbandonò la cappella nella quale era stato deposto ben quindici anni prima.

il sole caldo e abbacinante del mattino, esaltato dal biancore dei muri e dei marmi, rivelò il corpo deforme, rigonfio e mutato dell’uomo che in quei paraggi aveva rappresentato, per tutta la propria vita, l’incarnazione dei valori di umiltà e solidarietà. La missione restava la stessa, cambiava il significato di “incarnazione”.

Non le gambe scheletrite ma lunghi e robusti tentacoli, coperti da migliaia di minuscole bocche dentate, permettevano al Santo di muoversi, scivolando lungo il viale pavimentato con un liquido rumore vischioso; sotto la vecchia tonaca si muovevano muscoli e carni non disegnate dalla natura, non presenti all’origine.

Una parte di quelle carni apparteneva alle vittime del pasto appena consumato: non del tutto divorate, in qualche modo fuse in un corpo nuovo: peccatori e peccato assolti per assorbimento. La forma umana restava, sovrastata e schiacciata dalla tremolante metastasi rossastra, umida e sgocciolante. Percorsa da vene rigonfie nelle quali scorreva sangue nero. Mentre sfilava tra le due ali di barcollanti adoratori (qualcuno tentò d’inginocchiarsi, non tutti vi riuscirono senza danni), il Santo – al secolo Don Carlo – parlò. Non mosse le labbra eppure tutti lo udirono distintamente. Non pronunciò parole di senso compiuto, instillando ugualmente in tutti il medesimo pensiero e scopo.

Educare. Fare pulizia. Osservare leggi e precetti. Obbedire. Disciplina. Disciplina. Portate la parola, portate la testimonianza. Colui che non si assoggetta, portatelo a me.

Non fu detto, neppure pensato ma quel ‘portatelo a me’ aveva un significato preciso e uno solo: lo stesso appena dimostrato al sindaco, a Don Angelo, a Giorgio e alla dottoressa.  Prima che il Santo varcasse il cancello del cimitero, diretto (com’era naturale) al Duomo, i discepoli al suo seguito erano già votati all’obiettivo.

Il Paese doveva essere mondato dai suoi peccati e rifondato sui vecchi valori; la comunità doveva tornare alle origini, abbandonare falsi idoli e false comodità. Niente più tecnologia, niente più falsa tolleranza, nessun ozio – solo il giusto e breve riposo necessario dopo lo svolgimento dei propri doveri. Non tutti sarebbero stati subito d’accordo. Ovvio. A loro, però, avrebbe pensato il Santo.

Dopotutto, restava comunque una scelta: o convinti o consumati.

 

 

THE TALKING DEAD, EP.22: CENACOLO (ANTIPASTO)

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Racconto a puntate,  episodio 22: Cenacolo (Antipasto)

Arrivando al cimitero, Giorgio scelse di non ripetere rumorose performance in frenata bensì d’arrestare l’auto dolcemente avendo anche cura di rimanere a distanza di sicurezza dal cancello principale. La luce del giorno appena iniziato disegnava scure sagome esitanti contro le pareti bianche dell’edificio; uomini e donne ridestati dal sonno eterno, corpi violati dal decadimento biologico, energia cosmica richiamata dalle profondità dello spazio.

– Un insulto alle leggi di natura,

bisbigliò Giorgio osservando gli altri due passeggeri dell’auto; Don Angelo, rimasto  a lungo in silenzio durante la notte, decise di fare subito tesoro di quell’osservazione.

– Legge e ordine non sono il tuo campo,  Giorgio. Il vero insulto non è il risveglio dei morti, è il sonno dei vivi.  Entrerai tu per primo?

L’allusione del parroco provocò una smorfia sprezzante da parte del funzionario comunale oltre alla reazione scomposta della dottoressa.

– Io non vengo là dentro. Scordatevelo. Io voglio andare il più lontano possibile da qui!

Con il gesto fluido di un prestigiatore, una bustina bianca apparve nella mano destra di Giorgio.

– Una dose di coraggio per la dottoressa, in arrivo.

Don Angelo scese dalla macchina incamminandosi verso il cimitero; dopo pochi secondi anche gli altri due scesero dal veicolo, affrettando il passo per seguirlo. Il parroco evitò di voltarsi, risparmiandosi la vista della dottoressa Laura Fedeli che si puliva le narici. Contrariamente ai loro timori, i lamentosi errabondi in putrefazione sembrarono ignorarli o comunque evitare di farsi loro incontro: qualcuno sembrò pronunciare qualche parola ma con troppa fatica per essere intelligibile.

Giorgio fu certo d’avere udito la parola “bambino”.

Le urla provenienti dalla cappella distolsero tuttavia la loro attenzione dai viali alberati, attirandoli fatalmente verso quella destinazione.

 

THE TALKING DEAD, EP.21: CEREMONY (PARTE SECONDA)

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Racconto a puntate,  episodio 21: Ceremony (parte seconda).

Dopo che ebbe fatto entrare il Sindaco, Aristide richiuse il pesante portone della cappella escludendo luce e aria fresca dall’interno, con la sola eccezione di quanto filtrava da una serie di minuscole feritoie poste lungo le pareti in pietra, appena al di sotto del tetto.

I tagli diagonali ed evanescenti di luce erano più sinistri che suggestivi e s’accompagnavano a meraviglia con l’aria tiepida impregnata d’un lezzo acidulo e inconfondibile. Piuttosto che avvicinarsi al tumulo scoperchiato, Bruno preferì voltarsi per affrontare il defunto custode.

– Il Santo. Santo solo per i devoti baciapile di questo paese di ipocriti, la Chiesa non ha voluto saperne. Il nostro amatissimo parroco, una vita di povertà e umiltà e servizio. La tenne mio padre, l’orazione funebre, fu un discorso molto bello, piangemmo tutti. Credevo che riposasse in pace.

Aristide mosse appena la testa, in un gesto che al Sindaco apparve più  una contrazione involontaria che una risposta. Si sentì ugualmente sollecitato ad avvicinarsi alla tomba.  Mosse le gambe in avanti mentre inarcava la schiena all’indietro, inconsciamente lottando per ritardare il contatto visivo con i resti del vecchio parroco. Si sentì stupido, di cosa aveva paura, poi? Che il parroco uscisse dalla tomba e gli rinfacciasse i suoi peccati?

Quello che vide, alla fine, fu sufficiente a fargli sembrare quel timore una facezia. Anche gli avvenimenti sin lì, i cadaveri a spasso davanti a casa sua, Aristide e gli altri resuscitati del cimitero, tutto all’improvviso gli sembrò quasi ordinaria amministrazione.

Le spoglie del Santo erano cresciute.

Non è lui, pensò Bruno ma fu soltanto un pensiero ingannevole, un tentativo di negare l’evidenza: quello era Don Carlo, il viso rugoso e severo, le mani forti e callose, la sua tonaca. Aveva voluto essere seppellito con quella, logora e segnata dagli anni. C’era tutta una serie di strappi nuovi, però. E c’era…

Carne. 

Filamenti e grumi di carne pulsante e tremula, viscida e rossastra; tentacoli intrecciati, più simili allo sviluppo casuale d’un rampicante che all’ordinata costruzione di una ragnatela. Uscivano da ogni punto del corpo; dalle guance, dal collo, dalle mani. Dallo stomaco. Si aprivano la strada attraverso la stoffa degli abiti, ricoprivano la tomba come muschio insanguinato. Una metastasi in atto nonostante il decesso biologico.

Il Sindaco non ebbe neppure il tempo d’impazzire. Uno sciame di tentacoli violacei si sollevò verso di lui, imprigionandolo. Ebbe solo la possibilità di capire che quelle che gli erano sembrate minuscole bolle distribuite lungo le escrescenze carnose, in effetti, non erano bolle.

Erano bocche.

 

 

THE TALKING DEAD, EP.20: CEREMONY (parte prima)

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Racconto a puntate,  episodio 20: Ceremony (parte prima).

All’improvviso, l’istinto del sindaco gli urlò di voltarsi. Bruno non aveva mai dubitato in vita sua dell’istinto, quindi eseguì con prontezza militare. Ci mise un secondo in più del solito per riconoscere Aristide: qualunque cosa gli fosse successa, aveva mezza faccia schiacciata e il cranio fracassato; attraverso la frattura tra le ossa frontali e quelle parietali si riusciva a intravedere il cervello. Quella era forse era la cosa meno fastidiosa.

Tutta la parte sinistra del volto di Aristide, il bel volto serenamente invecchiato che conosceva bene, sembrava avere subito l’impatto di un veicolo o di un maglio. L’occhio era sparito; orbita oculare e zigomo, fracassati, si nascondevano nella poltiglia di pelle, carne e sangue che aveva avuto un tempo dignità di guancia. In quell’ammasso grumoso, i peli bianchi della barba di Aristide spiccavano come disgustose escrescenze.

Bruno si ritrovò a fissare l’unico occhio rimasto, il destro, quello che una cataratta trascurata aveva reso opaco e poco efficiente. Si ricordò che Aristide aveva chiesto un finanziamento per poter affrontare le cure necessarie e che quel finanziamento gli era stato negato. Il suo stipendio di custode cimiteriale era troppo basso. L’affitto, troppo alto. E il funzionario che aveva bocciato la richiesta altri non era che il fratello del sindaco.

In piedi davanti a Bruno, la testa piegata di lato ma non per curiosità, Aristide spalancò la bocca, scoprendo una fila di denti in cattive condizioni già da parecchio tempo.

L’istinto del sindaco urlò: “corri!”. Le gambe del sindaco non ricevettero l’ordine.

– Sseeehgui meeh… seeeeguii meeeh.

Lo sforzo prodotto da Aristide per parlare causò il distacco quasi definitivo della lingua che s’incastrò tra l’interno della guancia ‘sana’ e gli anneriti denti incisivi. Un fiotto di sangue scuro scivolo’ tra le labbra involontariamente spalancate colando sulla divisa del custode, per solito immacolata. Consunta dall’uso magari, in ragione dei continui tagli al bilancio comunale; ma sempre pulita. Incurante di quella che un tempo sarebbe stata per lui una questione di discreta importanza, Aristide s’incammino’ lungo il viale principale; seguito dal sindaco solo quando Bruno fu certo che al passaggio del custode tutti gli altri cadaveri ambulanti si facevano rispettosamente da parte. Addirittura, da un certo punto in avanti furono lasciati soli, proprio mentre raggiungevano il centro di quel quadrilatero ideale: lì giunti, Aristide apri’ con un certo sforzo le  pesanti  porte poste a guardia del riposo d’un compaesano illustre, sepolto nella cappella più imponente e severa di tutto il cimitero.

Merda. Avrei dovuto immaginare che il casino fosse questo.

Mentre Bruno scopriva un nuovo elemento di preoccupazione, Aristide, con un cenno rigido della mano, lo sollecitò a entrare nella tomba dell’uomo che tutti, in paese come nella provincia, conoscevano come il Santo.

 

THE TALKING DEAD – EP.19: IL QUADRILATERO

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Racconto a puntate,  episodio 19: Il quadrilatero.

Non occorse molto, al sindaco, per accorgersi di due fatti: innanzitutto, i  cadaveri non sembravano minacciosi, esattamente come quelli radunati davanti a casa sua . Inoltre, quel peregrinare all’interno del cimitero sembrava seguire uno schema: alcuni raggiungevano le uscite e s’avventuravano all’esterno; altri, pur continuando a muoversi, percorrevano una sorta di quadrilatero incrociandosi tra loro e ripassando sempre per i medesimi punti.

Come sentinelle, pensò Bruno e questo gli diede un’idea: forse la spiegazione di quella follia si trovava lì, nascosta nel quadrilatero. Per l’esattezza, sepolta più che nascosta. Esitò: se quello che stava pensando era esatto, avrebbe costituito una spiegazione ma assolutamente NON una regola. Nulla assicurava che l’avrebbero lasciato avvicinare, indisturbato.  Nulla assicurava nulla, in quel momento.

Dibattuto tra allontanarsi per ritornare meglio equipaggiato o restare per agire subito, non s’avvide della figura scivolata in silenzio dietro di lui.

Aristide, il vecchio custode, era tornato.

Nello stesso istante, davanti alla villa del Primo Cittadino, Giorgio sollevò le mani in un segno di resa non privo della consueta strafottenza. La moglie del sindaco lo teneva sotto mira con il fucile e lui sapeva bene perché; tuttavia, a preoccuparlo ben più dei vivi erano i morti. I maledetti morti parlanti.

Da qualche parte c’era un cadavere dalla cui bocca, oltre a qualche colonia d’insetti, stava uscendo il motivo per il quale Mara era preda di manie omicide nei suoi confronti. Una vicenda privata che lei stessa in primis non sarebbe mai stata disposta ad ammettere.

– Non sparare, tanto la dottoressa mi ricuce e Don Angelo non ti assolve. Dimmi solo dov’è il Sindaco e ti lasciamo tranquilla.

Mara non mutò espressione né posa: il vero peccato era la luce dell’alba che avrebbe reso impossibile sostenere la tesi dell’incidente. Sapeva che anche Don Angelo e la dottoressa Fedeli erano ricattati da Giorgio e che non avrebbero testimoniato. Ma c’era troppa luce.

– Non lo so, dove sia. Mi hanno svegliata gli spari ma quando sono scesa, Bruno non c’era. Mi viene solo in mente che da qui si arriva prima al cimitero che al palazzo comunale.

Non appena Mara ebbe pronunciato queste parole, Giorgio si precipitò alla macchina; seguito, sebbene con minor convinzione, dagli altri due passeggeri. Mara attese di vedere l’auto allontanarsi prima di rientrare in casa, dopo un’ultima occhiata ai cadaveri riversi a terra. Rieccoti qui, puttana, pensò, davanti al corpo di quella che sapeva essere stata l’amante di suo marito. Morta per la seconda volta, forse dovrei assicurarmi che tu non possa ritornare per la terza.

Se provò rimorso per quel pensiero, fu soltanto perché in tema di amanti lei non poteva proprio permettersi di salire sul pulpito.

Non dopo quello che aveva combinato con suo fratello.

THE TALKING DEAD – EP.18: LA PRIMA LUCE DELL’ALBA

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Racconto a puntate,  episodio 18: La prima luce dell’alba.

La prima luce dell’alba rischiarò il cielo senza intaccare l’invisibile nube d’oscurità nella quale paese e territorio si sarebbero svegliati. Le strade polverose, i campi pronti per il raccolto, le case isolate o raccolte a grappolo, ogni cosa era al proprio posto, immobile nell’attesa del calore estivo.

Le tenebre, portatrici d’un calore gelido, erano invece in movimento.

Frenando bruscamente, sino a far stridere le gomme senza necessità alcuna, Giorgio fermò l’auto davanti all’abitazione del Sindaco: se la sua intenzione era stata quella di precipitarsi al cancello, la vista dei cadaveri riversi sulla strada gli aveva fatto cambiare opinione. Scese dall’auto, incurante delle proteste dei passeggeri; una veloce ispezione gli permise di ricostruire in fretta l’accaduto.

– Sembra che il Sindaco abbia fatto quello che fa di solito.  Ha fatto di testa sua. Non posso dargli torto, questa volta.

Prima che Don Angelo o la Dottoressa potessero replicare, Mara, la first lady locale, apparve al cancello della villa, vestita soltanto di maglietta, mutandine e fucile da caccia. Quest’ultimo, lo puntò verso Giorgio.

– “Torto” è una parola che non ti puoi permettere, bastardo,

disse, chiudendo l’occhio sinistro per meglio prendere la mira.

Nello stesso istante, dopo quella che lui per primo avrebbe definito, per la stampa e gli elettori,  ‘una salutare corsetta’, Bruno arrivò in vista del cimitero. Dall’esterno  tutto appariva quieto e ordinato: il muro di recinzione in pietra chiara, le fila precise di alberi, i colombari. Linee geometriche decise e rassicuranti. Il cancello spalancato, tuttavia, non rientrava nel quadro.

Ancora ansimando per la corsa, Bruno sostituì il caricatore della pistola, verificando di nuovo l’efficienza dell’arma: la sua prima regola di sempre era non lasciare mai nulla al caso. Appena ebbe varcato il cancello capì che all’opera non s’era messo il caso ma il caos.

Più che la scena familiare d’un cimitero, quello a cui stava assistendo rassomigliava all’ora di meditazione in un convento medioevale. Cadaveri in differente stato di conservazione passeggiavano – a modo loro – per i viali o s’aggiravano con aria quasi curiosa tra i monumenti. Bruno ebbe subito un’intuizione operativa.

Non aveva abbastanza proiettili.

 

THE TALKING DEAD – EP.17: CADERE E RISORGERE

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Racconto a puntate,  episodio 17: Cadere e risorgere.

In certo senso, le aveva già sparato; alla schiena, quella volta.

Aveva giocato la carta dello scandalo, ben sapendo quanto lei fosse estranea alla vicenda dal punto di vista morale e pratico. Non da quello politico, tuttavia: metà dei suoi era coinvolta, fino alla radice dei capelli. Facile scaricare su di lei la colpa, facile sostenere che il marcio originasse dall’alto. Tanto facile quanto ignobile ma in palio c’era la poltrona.

Bruno non aveva esitato. Un paio di confidenze di troppo ricevute a letto gli avevano spianato la strada; sapeva che lei aveva troppa classe (e un marito troppo in vista) per controbattere rivelando l’imbarazzante relazione tra loro. Quello che non aveva previsto, era che lei si fosse innamorata sul serio.

In silenzio,  si era fatta da parte.  In silenzio, se ne era andata, divorata da una malattia volutamente trascurata. O così narravano le malelingue di paese: e Bruno, per una volta, si era sentito propenso a crederci. Non che questo avesse scosso la sua coscienza più di tanto.

Aveva sparato anche a quella.

Dopo averla vista cadere a terra, Bruno aveva puntato l’arma verso gli altri resuscitati e fatto fuoco, un caricatore giusto giusto; uno a uno a distanza ravvicinata, guardandoli negli occhi o in quello che ne restava. Li aveva già sconfitti in Consiglio, più d’uno in modo definitivo; li avrebbe anche cancellati dalle strade post-mortem.

A questo, aggiunse anche la decisione di convocare per la mattina ormai prossima il Consiglio comunale. Prima, però, avrebbe fatto visita al cimitero: troppi cittadini defunti a spasso, cosa stava combinando Aristide?

Nello stesso istante, il vecchio custode del cimitero si risollevava da terra, cranio parzialmente sfondato, essenze vitali tragicamente defluite sull’asfalto sudicio della strada. Non più conscio di sé, ignaro di risorgere, non più partecipe del presente: confinato in un limbo ottuso, guidato da ricordi che non sapeva più di avere e da istinti primitivi dissepolti dalle profondità del cervello rettile. Solo la sua missione non era cambiata:  per questo, si diresse con passo strascicato verso il cimitero.

Doveva radunare tutti.

 

THE TALKING DEAD – EP. 16: RIUNIONE DI CONSIGLIO

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Racconto a puntate,  episodio 16: Riunione di Consiglio.

Un po’ strana, come riunione, pensò Bruno sfiorando quasi senza accorgersene la guancia destra con la canna della pistola:  nel suo pensiero, “strano” non intendeva significare “bizzarro”. Piuttosto, pesante.

Di chiunque si trattasse, i convenuti sembravano appartenere a un’associazione di deambulatori con difficoltà; e qualche problema sembrava anche esserci con le loro voci: a quella distanza non certo proibitiva e nel silenzio afoso della notte gli arrivavano comunque distorte, trascinate e gutturali. Più che una conversazione gli sembrava un lamentoso canto rituale. Uno particolarmente macabro.

Che cazzo. Non sarai mai nessuno se non sei capace di lavorarti la folla, Bruno, ricordò a sé stesso uscendo dal provvisorio riparo della recinzione d’angolo. Come se fosse il gesto più naturale del mondo, infilò la pistola nella cintura dei pantaloni, lasciando la cerniera della giacca appena allacciata in basso. Sorrise, avanzando verso i presenti. Nel contempo, ne verificò il numero: erano otto. Un numero che gli era familiare. Quando fu a meno di due metri dai più vicini e favorito dalla luminosità giallognola dell’unico lampione funzionante, capì il perché.

Quattro assessori, quattro consiglieri. Ruoli differenti, stessa appartenenza politica: tutti fieri avversari della fazione alla quale il Sindaco apparteneva sin da adolescente. I suo storici avversari, protagonisti della storia del territorio. E avevano un’altra caratteristica in comune.

Erano tutti morti. 

Forse dovrei fare quattro chiacchiere con Aristide.. o aumentare la copertura per le spese cimiteriali, rifletté Bruno incapace di esprimere a voce alta qualsiasi altro concetto. Li riconosceva tutti, tutti avevano avuto, in bene o in male, importanza e influenza su di lui. Soprattutto la morta che ancora ostentava i lunghi capelli biondi, ora sporchi, ispidi e popolati d’insetti.

Non avevano mai condiviso una mozione ma un letto, sì e più d’una volta. La differenza di età non li aveva mai ostacolati, anzi: una buona copertura, nel caso. Nessuno aveva mai  sospettato di loro. Bruno pensò che dovesse trattarsi d’una disgustosa mascherata, un lurido espediente per qualcosa. Certo, puzzavano in modo terribile e avevano l’aspetto di cibo mal conservato; tuttavia, non poteva essere vero. Qualcuno voleva farsi beffe di lui.

Poi, lei si avvicinò, portandosi con il viso a pochi centimetri da quello del Sindaco. Sollevò una mano incartapecorita e tremante e percorse la guancia di Bruno con un gesto così preciso, così familiare che l’uomo avvertì un brivido gelato scaricarsi dalla nuca alla colonna vertebrale come un fulmine. Prima che potesse reagire, la defunta appoggiò quello che restava delle labbra carnose d’un tempo sulla bocca di Bruno, baciandolo. L’odore di decomposizione era insopportabile così come il guizzo gelatinoso della lingua marcita; eppure, sopra e oltre il disgusto, Bruno riconobbe il gesto,  la posa, quel modo di baciare. Era lei, era davvero lei: nessuno avrebbe mai potuto imitarla così bene. Questa era l’informazione di cui aveva bisogno per prendere la decisione giusta, immediata. Bruno era famoso per la sua capacità di decidere in fretta.

Quindi, mentre ancora si baciavano sollevò la pistola all’altezza della tempia di lei e fece fuoco.

Sorry, dolcezza. E’ la seconda volta che me lo fai fare.

THE TALKING DEAD – Ep.15: La villa

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Racconto a puntate,  episodio 15: La villa davanti al parco.

Il sonno già interrotto da un pessimo episodio di reflusso gastrico, Bruno scivolò fuori dalle coperte in silenzio attento a non svegliare Mara, sua moglie. L’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento sarebbe stata dover riprendere la discussione riguardo ai suoi crescenti problemi di salute. Quella donna ama preoccuparsi, questa era la verità, pensò Bruno, insieme a: per tua fortuna, non conosci neppure un centesimo delle ragioni che mi tengono sveglio o che stanno mandando in malora il mio stomaco.

S’accorse del rumore mentre sorseggiava un bicchiere d’acqua naturale in cucina. Proveniva dall’esterno, dal parco comunale, forse. Una vera stronzata comprare quella villa proprio davanti a un posto già noto ufficiosamente come meta notturna di perditempo, fornicatori, alcolisti e tossicodipendenti; all’epoca gli era parso così appropriato, invece, traslocare in un edificio adeguato all’importanza del suo nuovo ruolo di Sindaco. Per di più, confinante con il grazioso e appena riqualificato parco,  uno dei luoghi caratteristici del paese, il punto d’incontro della comunità.

Il rumore era troppo vicino e non era neppure un rumore: era un bisbiglio a più voci,  sommesso e lamentoso. Non sembrava una lite ma neppure una chiacchierata tra amici. In ogni caso, era tardi; a quell’ora il parco non aveva mai frequentatori rassicuranti.

Si ricordò d’avere lasciato il cellulare sotto carica, nello studio, al piano superiore; risalire le scale avrebbe richiesto meno d’un minuto e il numero del comando di polizia era nella rubrica delle chiamate rapide. Bruno conosceva un metodo più rapido. Passando dal retro, dai box, avrebbe recuperato tuta da lavoro e scarpe da tennis. Soprattutto, avrebbe recuperato la pistola.

Lui era un sindaco al quale non dispiaceva, ogni tanto, fare anche lo sceriffo. Dopo avere controllato che l’arma fosse carica e in piena efficienza, uscì dal cancello posteriore della villa; tenendosi addossato alla recinzione, ripercorse i propri passi per tornare sul davanti. Per un pelo non tradì la propria presenza sporgendosi troppo: non meno di dieci persone erano radunate in mezzo alla strada, nello spiazzo tra la villa e il parco. Aveva tutta l’aria di una riunione.

E Bruno sapeva di non averne autorizzata nessuna.