THE TALKING DEAD – EP.17: CADERE E RISORGERE

THE TALKING DEAD

Racconto a puntate,  episodio 17: Cadere e risorgere.

In certo senso, le aveva già sparato; alla schiena, quella volta.

Aveva giocato la carta dello scandalo, ben sapendo quanto lei fosse estranea alla vicenda dal punto di vista morale e pratico. Non da quello politico, tuttavia: metà dei suoi era coinvolta, fino alla radice dei capelli. Facile scaricare su di lei la colpa, facile sostenere che il marcio originasse dall’alto. Tanto facile quanto ignobile ma in palio c’era la poltrona.

Bruno non aveva esitato. Un paio di confidenze di troppo ricevute a letto gli avevano spianato la strada; sapeva che lei aveva troppa classe (e un marito troppo in vista) per controbattere rivelando l’imbarazzante relazione tra loro. Quello che non aveva previsto, era che lei si fosse innamorata sul serio.

In silenzio,  si era fatta da parte.  In silenzio, se ne era andata, divorata da una malattia volutamente trascurata. O così narravano le malelingue di paese: e Bruno, per una volta, si era sentito propenso a crederci. Non che questo avesse scosso la sua coscienza più di tanto.

Aveva sparato anche a quella.

Dopo averla vista cadere a terra, Bruno aveva puntato l’arma verso gli altri resuscitati e fatto fuoco, un caricatore giusto giusto; uno a uno a distanza ravvicinata, guardandoli negli occhi o in quello che ne restava. Li aveva già sconfitti in Consiglio, più d’uno in modo definitivo; li avrebbe anche cancellati dalle strade post-mortem.

A questo, aggiunse anche la decisione di convocare per la mattina ormai prossima il Consiglio comunale. Prima, però, avrebbe fatto visita al cimitero: troppi cittadini defunti a spasso, cosa stava combinando Aristide?

Nello stesso istante, il vecchio custode del cimitero si risollevava da terra, cranio parzialmente sfondato, essenze vitali tragicamente defluite sull’asfalto sudicio della strada. Non più conscio di sé, ignaro di risorgere, non più partecipe del presente: confinato in un limbo ottuso, guidato da ricordi che non sapeva più di avere e da istinti primitivi dissepolti dalle profondità del cervello rettile. Solo la sua missione non era cambiata:  per questo, si diresse con passo strascicato verso il cimitero.

Doveva radunare tutti.

 

THE TALKING DEAD – EP. 16: RIUNIONE DI CONSIGLIO

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Racconto a puntate,  episodio 16: Riunione di Consiglio.

Un po’ strana, come riunione, pensò Bruno sfiorando quasi senza accorgersene la guancia destra con la canna della pistola:  nel suo pensiero, “strano” non intendeva significare “bizzarro”. Piuttosto, pesante.

Di chiunque si trattasse, i convenuti sembravano appartenere a un’associazione di deambulatori con difficoltà; e qualche problema sembrava anche esserci con le loro voci: a quella distanza non certo proibitiva e nel silenzio afoso della notte gli arrivavano comunque distorte, trascinate e gutturali. Più che una conversazione gli sembrava un lamentoso canto rituale. Uno particolarmente macabro.

Che cazzo. Non sarai mai nessuno se non sei capace di lavorarti la folla, Bruno, ricordò a sé stesso uscendo dal provvisorio riparo della recinzione d’angolo. Come se fosse il gesto più naturale del mondo, infilò la pistola nella cintura dei pantaloni, lasciando la cerniera della giacca appena allacciata in basso. Sorrise, avanzando verso i presenti. Nel contempo, ne verificò il numero: erano otto. Un numero che gli era familiare. Quando fu a meno di due metri dai più vicini e favorito dalla luminosità giallognola dell’unico lampione funzionante, capì il perché.

Quattro assessori, quattro consiglieri. Ruoli differenti, stessa appartenenza politica: tutti fieri avversari della fazione alla quale il Sindaco apparteneva sin da adolescente. I suo storici avversari, protagonisti della storia del territorio. E avevano un’altra caratteristica in comune.

Erano tutti morti. 

Forse dovrei fare quattro chiacchiere con Aristide.. o aumentare la copertura per le spese cimiteriali, rifletté Bruno incapace di esprimere a voce alta qualsiasi altro concetto. Li riconosceva tutti, tutti avevano avuto, in bene o in male, importanza e influenza su di lui. Soprattutto la morta che ancora ostentava i lunghi capelli biondi, ora sporchi, ispidi e popolati d’insetti.

Non avevano mai condiviso una mozione ma un letto, sì e più d’una volta. La differenza di età non li aveva mai ostacolati, anzi: una buona copertura, nel caso. Nessuno aveva mai  sospettato di loro. Bruno pensò che dovesse trattarsi d’una disgustosa mascherata, un lurido espediente per qualcosa. Certo, puzzavano in modo terribile e avevano l’aspetto di cibo mal conservato; tuttavia, non poteva essere vero. Qualcuno voleva farsi beffe di lui.

Poi, lei si avvicinò, portandosi con il viso a pochi centimetri da quello del Sindaco. Sollevò una mano incartapecorita e tremante e percorse la guancia di Bruno con un gesto così preciso, così familiare che l’uomo avvertì un brivido gelato scaricarsi dalla nuca alla colonna vertebrale come un fulmine. Prima che potesse reagire, la defunta appoggiò quello che restava delle labbra carnose d’un tempo sulla bocca di Bruno, baciandolo. L’odore di decomposizione era insopportabile così come il guizzo gelatinoso della lingua marcita; eppure, sopra e oltre il disgusto, Bruno riconobbe il gesto,  la posa, quel modo di baciare. Era lei, era davvero lei: nessuno avrebbe mai potuto imitarla così bene. Questa era l’informazione di cui aveva bisogno per prendere la decisione giusta, immediata. Bruno era famoso per la sua capacità di decidere in fretta.

Quindi, mentre ancora si baciavano sollevò la pistola all’altezza della tempia di lei e fece fuoco.

Sorry, dolcezza. E’ la seconda volta che me lo fai fare.

THE TALKING DEAD – Ep.15: La villa

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Racconto a puntate,  episodio 15: La villa davanti al parco.

Il sonno già interrotto da un pessimo episodio di reflusso gastrico, Bruno scivolò fuori dalle coperte in silenzio attento a non svegliare Mara, sua moglie. L’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento sarebbe stata dover riprendere la discussione riguardo ai suoi crescenti problemi di salute. Quella donna ama preoccuparsi, questa era la verità, pensò Bruno, insieme a: per tua fortuna, non conosci neppure un centesimo delle ragioni che mi tengono sveglio o che stanno mandando in malora il mio stomaco.

S’accorse del rumore mentre sorseggiava un bicchiere d’acqua naturale in cucina. Proveniva dall’esterno, dal parco comunale, forse. Una vera stronzata comprare quella villa proprio davanti a un posto già noto ufficiosamente come meta notturna di perditempo, fornicatori, alcolisti e tossicodipendenti; all’epoca gli era parso così appropriato, invece, traslocare in un edificio adeguato all’importanza del suo nuovo ruolo di Sindaco. Per di più, confinante con il grazioso e appena riqualificato parco,  uno dei luoghi caratteristici del paese, il punto d’incontro della comunità.

Il rumore era troppo vicino e non era neppure un rumore: era un bisbiglio a più voci,  sommesso e lamentoso. Non sembrava una lite ma neppure una chiacchierata tra amici. In ogni caso, era tardi; a quell’ora il parco non aveva mai frequentatori rassicuranti.

Si ricordò d’avere lasciato il cellulare sotto carica, nello studio, al piano superiore; risalire le scale avrebbe richiesto meno d’un minuto e il numero del comando di polizia era nella rubrica delle chiamate rapide. Bruno conosceva un metodo più rapido. Passando dal retro, dai box, avrebbe recuperato tuta da lavoro e scarpe da tennis. Soprattutto, avrebbe recuperato la pistola.

Lui era un sindaco al quale non dispiaceva, ogni tanto, fare anche lo sceriffo. Dopo avere controllato che l’arma fosse carica e in piena efficienza, uscì dal cancello posteriore della villa; tenendosi addossato alla recinzione, ripercorse i propri passi per tornare sul davanti. Per un pelo non tradì la propria presenza sporgendosi troppo: non meno di dieci persone erano radunate in mezzo alla strada, nello spiazzo tra la villa e il parco. Aveva tutta l’aria di una riunione.

E Bruno sapeva di non averne autorizzata nessuna.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 14

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Racconto a puntate

Episodio 14

La reazione di Giorgio fu rapida e non del tutto imprevista: tanto Don Angelo quanto la Dottoressa potevano dire di conoscerlo a fondo, sebbene per motivi assai differenti. Il funzionario comunale fece con rapidità dietro-front, diretto al bagagliaio dell’auto dal quale prelevò un vecchio crick, impugnandolo come una clava.

– Ha ragione, Dottoressa. Non sono suoi pazienti, ora sono i miei!

Sorridendo in quel modo maligno che ne tradiva la vera natura, Giorgio si avventò sui cinque zombie ignorando le proteste degli altri due componenti la squadra dei vivi. Colpì all’impazzata, con la forza generata dalla paura sempre presente in lui: almeno due li aveva riconosciuti, dei loro casi di malasanità s’era occupata anche la giunta comunale.

– E’ l’ora del silenzio, bastardi!,

urlò calando a ripetizione quell’arma micidiale; le urla della Dottoressa e i tentativi, deboli, di Don Angelo per trattenerlo non poterono fermare la mattanza: crani scoperchiati, spruzzi di materia cerebrale e sangue, occhi strappati alle orbite.  Non pago di quanto la decomposizione prima e il metallo poi avevano già fatto, Giorgio infierì anche sui corpi a terra fino a quando un calcio al costato, sferratogli dalla Dottoressa, non gli fece mancare il respiro.

– Sei un pazzo criminale, dovresti stare in galera!!

Tossendo e sputando, Giorgio si rimise in piedi, rispondendo al medico.

– Claudia, se non sto in galera è perché conosco la merda di tutti. E se non avessi il naso al posto del cervello, avresti già capito che questa è… la notte dei testimoni viventi.

La Dottoressa tacque, arretrando davanti all’uomo che ancora impugnava il crick grondante sangue e brandelli di carne; Don Angelo, sconvolto, s’inginocchiò a pregare. Rivolgendosi a tutt’e due insieme, Giorgio tirò le conclusioni.

– Abbiamo del lavoro da fare. I morti non dovrebbero camminare e ancora meno parlare ma sembra che riescano a farlo senza dire bugie. Vanno fermati. Direi che è ora di svegliare quel coglione del Sindaco, no?

Due cose gli vennero in mente, a quel punto: la prima, che il Sindaco poteva essere già sveglio e stare ascoltando storie interessanti. La seconda, che aveva ucciso Aristide senza che fosse già morto prima.

 

Poteva davvero sentirsi sicuro che non ritornasse?

THE TALKING DEAD – EPISODIO 13

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Racconto a puntate

Episodio 13

Raggiungere l’ospedale a piedi era fuori discussione, per almeno DUE motivi: la distanza dagli uffici comunali e, soprattutto, il fatto che  tanto Giorgio quanto Don Angelo non avessero la benché minima voglia di percorrere a piedi una qualsiasi strada. Giorgio fu rapido a risolvere l’empasse.

– Usiamo l’auto di servizio, le chiavi sono nella bacheca.

Don Angelo esitò a seguirlo, pur sollecitato dall’impegno assunto con la Dottoressa Fedeli; d’altronde, il tono di voce stridulo e spaventato del medico aveva peggiorato le condizioni del suo sistema nervoso. E l’improvvisa sicurezza ostentata da Giorgio era ancora meno rassicurante.

Per sfuggire ai morti viventi stava per affrontare un viaggio in auto con un probabile assassino, nonché comprovato truffatore.  Al termine del tragitto, nuovi orrori da affrontare. Più la Dottoressa. Una professionista stimata e riconosciuta in tutta la regione, medico di rara competenza e capacità. Giusto con un paio di piccoli difetti.

Stimolanti chimici e sesso estremo.

Un bel cocktail che l’avrebbe fregata per benino, prima o poi. Al riguardo, aprendo bocca per la prima e unica volta mentre guidava, Giorgio chiarì il proprio pensiero con l’arroganza e la cattiveria tipiche degli esclusi dalla beneficenza.

– Non vedo l’ora di salvare il culo a quella troia. Poi vedremo se farà ancora tanto la difficile. Eh, Reverendo? Ah, ma non è il suo genere, vero?

Don Angelo sapeva di meritare tutto il castigo che gli veniva inviato, tuttavia non riuscì a reprimere la segreta speranza che divorato dagli zombi ci finisse proprio Giorgio. Una fantasia alla quale dovette rinunciare non appena l’auto fece irruzione nel piazzale riservato al parcheggio del personale e dei familiari dei pazienti.

Gli zombie erano tanti ma nessuno sembrava volersi avvicinare alla Dottoressa con intenzioni carnivore. Piuttosto, vista dalla macchina, la scena somigliava molto a un consulto collettivo. Altrettanto sorprendente fu quello che la dottoressa urlò ai due ‘soccorritori’ mentre scendevano dalla macchina.

– Non sono pazienti miei. Non sono pazienti MIEI, capite?

 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 12

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Racconto a puntate

Episodio 12

– Sì, è vero, due o tre anni fa… il corpo fu trovato lì ma era stato ucciso altrove. Non si scoprì nulla. Ma… cosa avrebbe a che fare con noi?

Giorgio soppesò la domanda di Don Angelo pur avendo la risposta già in tasca. Cominciava a intravvedere una sorta di schema nel delirio di quella che era iniziata come una qualsiasi giornata estiva. Laura non aveva nulla a che fare con la vicenda del direttore delle Poste (per quanto ne potesse sapere, ovvio); lui e Don Angelo non avevano nulla a che fare con i due personaggi che l’accusavano d’infanticidio. Aristide, il custode del cimitero, era l’unico che poteva avere a che fare con tutti,  vivi e defunti, proprio in virtù dell’incarico ricoperto.  Ma Laura non riposava nel cimitero del paese.

In effetti, l’eventuale schema era delirante tanto quanto l’idea di morti che camminano per le strade. Prima che Giorgio potesse condividere quella che a lui stesso appariva più come un costrutto della paura che come un’intuizione, la suoneria d’un cellulare fece irruzione con la propria incongrua allegria facendoli trasalire.

Don Angelo rispose ma solo dopo avere letto il nome dell’interlocutore sul display. Ed essere ulteriormente impallidito.

– Dottoressa. Cosa…? Per favore, si calmi! Come… Le credo, certo che le credo. Non… No, mi ascolti: resti dov’è,  sto arrivando.

Mentre chiudeva la conversazione, il prete sollevò lo sguardo fissandolo in quello del tecnico comunale. Giorgio stava sorridendo, il sorriso acido e velenoso che Don Angelo conosceva bene. Giorgio non era un buon parrocchiano; anzi, per dirla tutta, Giorgio era un vero criminale, travestito da irreprensibile funzionario. Se soltanto avesse potuto denunciarlo.

Se soltanto non fosse stato suo complice.

– Era la Dottoressa Fedeli. Mentre lasciava l’ospedale ha notato alcuni… cadaveri… che… camminavano verso di lei.

Il sorriso di Giorgio stava per raggiungere le orecchie, quella era per lui quasi una buona notizia. Lo schema. Forse c’era davvero. Non riuscì a trattenere la domanda.

– E cos’avevano da dire i morti,  alla nostra illustre scienziata cocainomane?

 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 10

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Racconto a puntate

Episodio 10

– Don Angelo. E’ tardi per le visite.

– Giorgio. Avevo visto bene. Ti stavo cercando.

Fermi nelle rispettive posizioni, l’uno sulla porta e l’altro in piedi dietro la scrivania e con una bottiglia di liquore in mano, presero entrambi mentalmente nota del tremito nelle voci. Il pallore dei volti era celato dall’alone giallastro della lampada da tavolo che tuttavia accentuava l’espressione spaventata dei due uomini, ritratti in quel crepuscolo artificiale come a lume di candela in un dipinto antico: ai lati della scena, due figure a carboncino intagliate dai riflessi, protese in avanti a testa incassata. Schiacciate da qualche peso oscuro assommato all’aria stagnante della stanza.

– Perché mi stava cercando, Padre?

L’ombra del sospetto e della colpa traspariva dal tono e dalla fretta insiti nella domanda di Giorgio. Don Angelo tuttavia sembrò non accorgersi di nulla, si mosse nella stanza come se all’improvviso non riconoscesse più il luogo o non ricordasse il motivo per il quale si trovava lì. Di colpo, fece qualcosa che Giorgio non si sarebbe mai aspettato: gli strappò la bottiglia dalle mani per bere due lunghe sorsate di liquore. Dopo di che si sedette davanti alla scrivania, abbandonandosi di peso sulla sedia.

– E’ successa una cosa terribile, qualcosa che mi fa dubitare della mia stessa mente.

Gli occhi del reverendo vagavano per la stanza quasi s’aspettasse d’essere aggredito da un nemico nascosto nella penombra, dietro o sotto un mobile. Esitava a incrociare lo sguardo con il proprio interlocutore e non riusciva, pur seduto, a rimanere fermo; pur inquieto a sua volta, Giorgio decise che il prete dovesse avere ricevuto uno shock addirittura peggiore del suo. Non per questo sentiva di potersi fidare del tutto.

– Come ha fatto a entrare?

Le labbra di don Angelo si storsero per un istante in un sorriso acido.

– Presto la mia opera anche in carcere, lo sai. Di quando in quando vengo ripagato con qualche piccolo insegnamento. Non si sa mai quando certe cose possono tornare utili, vero? Se avessi bussato avresti fatto finta di non essere qui. Ma questo è qualcosa che DEVI sapere. E’ venuta a trovarmi. E’ stata da me, in chiesa.

Giorgio girò attorno alla scrivania, avvicinandosi alla finestra per osservare all’esterno: oltre il davanzale poteva vedere soltanto l’oscurità della notte priva di luna. Quella era comunque un’oscurità che poteva osservare. L’altra oscurità, quella che custodiva da molto tempo dentro di sé, la poteva soltanto avvertire: e stava salendo, inesorabile come una marea.

– CHI, è stato in chiesa?

– Tua moglie. Laura.

L’unica cosa che Giorgio riuscì a pensare fu che neppure da morta la stronza aveva perso l’abitudine di confessarsi.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 9

THE TALKING DEAD

Racconto a puntate

Episodio 9

Il vento era calato già nel pomeriggio e in ogni caso i suoi colleghi avevano una paura fobica in argomento furti e atti vandalici: dopo l’ultimo episodio, la consegna era sbarrare porte e finestre prima di lasciare gli uffici, in qualunque stagione. Per questo motivo, il rumore che lo aveva appena fatto trasalire aveva una e una sola spiegazione.

Qualcun altro si stava aggirando all’interno della palazzina. L’uomo deglutì a fatica, la saliva all’improvviso trasformata in sabbia appiccicosa; comunque meglio delle gambe tremolanti come gelatina e pesanti come piombo, frutto della paura dalla quale era assalito. Certo, poteva trattarsi di un collega, come no. A quell’ora? Comunque, nessuno faceva gli straordinari da quelle parti e poi le casse comunali non potevano permettersi ore extra. Forse un intruso, un vandalo, un altro furto di documenti come quello dell’anno precedente: muri imbrattati di scritte incomprensibili, sedie rovesciate, mobili rovinati e alcuni faldoni spariti.

Pratiche insignificanti, in apparenza. Ufficialmente.

L’uomo si sentiva certo di poter escludere un visitatore a caccia di souvenir, quindi restava soltanto un’altra ipotesi. LO avevano seguito. LORO, lo avevano seguito: la coppia di cadaveri incontrati lungo la strada, quella scheggia di impossibile conficcata dal caso nella realtà del suo pomeriggio. O forse…

Forse il maledetto custode cimiteriale non era morto, non abbastanza morto e i passi che l’uomo distintamente avvertiva provenire dalle scale erano i suoi. Stava salendo l’ultima rampa, dieci gradini in tutto; poi, sei passi e sarebbe stato alla porta. L’uomo, come d’abitudine, l’aveva accostata anche se non era necessario; l’avesse lasciata aperta, avrebbe potuto vedere di chi si trattava. Non che fosse così ansioso di saperlo.

Se solo fosse riuscito a muoversi, se le gambe avessero smesso di tremare, se lo stomaco non fosse stato un buco nero impegnato a risucchiare ogni sua energia e razionalità, avrebbe potuto arrivare per primo alla porta della stanza e girare la chiave. Sì. Avrebbe potuto. Se solo fosse riuscito a muoversi. Passi in corridoio.

Tre. Quattro. CINQUE.

Un’onda di sudore gelido e salato traspirò da ogni poro della sua fronte e della schiena mentre il lamentoso cigolio dei cardini arrugginiti annunciava la presenza del visitatore dietro l’uscio in legno. Non aveva fretta, l’intruso; spinse la porta con quella che all’uomo sembrò sadica lentezza, il raffinato piacere del predatore che trattiene l’attimo fatale. Centimetro dopo centimetro, fino a quando non fu spalancata e la figura del visitatore, stagliata sulla soglia, divenne visibile alla debole luce della lampada da tavolo. Per poco, all’uomo non sfuggì una bestemmia che sarebbe stata doppiamente inopportuna.

Era il maledetto prete.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 8

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 8

Quando arrivò a destinazione, la vetusta e isolata palazzina che ospitava gli uffici tecnici del Comune era completamente avvolta nell’oscurità: il Sindaco faceva campagna sul risparmio energetico spegnendo l’illuminazione stradale nei pressi degli uffici periferici ma non del Municipio, in centro paese. Quello, era sempre illuminato a giorno. Per una volta, l’uomo ritenne di approvare le scelte dell’Amministrazione.

Muoversi al buio, ad ogni modo, non lo faceva sentire a suo agio: qualsiasi rumore, fosse il verso d’un animale o il motore distante di un’auto, lo faceva trasalire dandogli i brividi. Arrivare alla porta posteriore della palazzina a due piani fu un sollievo.

Di breve durata.

All’interno, il silenzio notturno era ancora più pesante e percorso da voci fastidiose: lo scricchiolio dei vecchi, vecchi mobili in legno; i rubinetti dei bagni al piano terra, il cui ritmato sgocciolare era refrattario a qualsiasi intervento idraulico; persino il rumore dei suoi stessi passi, la gomma delle suole fischiava contro il levigato pavimento marmoreo.

Raggiunse in fretta il proprio ufficio, salendo i gradini delle scale a due a due, ansimando, il cuore in gola non soltanto per quello sforzo. Per prima cosa, andò alla scrivania, dalla scatola delle graffette nel primo cassetto recuperò la chiave che apriva lo schedario metallico. Non teneva soltanto pratiche vecchie e nuove, lì dentro: nascosta tra i faldoni del cassetto più basso si trovava una bottiglia di buon whisky d’annata. Un lungo sorso scivolò nella gola dell’uomo, un torrente tiepido e bruciante. Staccò di colpo la bottiglia dalle labbra per respirare come un naufrago riemerso dopo essere stato travolto dalla tempesta. Andava meglio, ora.

Il tonfo della porta che si richiudeva al piano di sotto sbriciolò quella ritrovata calma.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 7

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racconto a puntate

episodio 7

 

Avvicinandosi al paese, rallentò l’andatura preoccupato di non dare nell’occhio: infilare le mani in tasca per nascondere l’evidente tremore sarebbe stato facile ma l’esame dei suoi abiti, visti nel riflesso d’una vetrina non fu soddisfacente. La camicia era macchiata e così pure i pantaloni; da ultimo, l’avambraccio destro evidenziava segni difficilmente interpretabili come qualcosa di differente da una lotta. Non poteva proseguire. Non poteva farsi vedere così.

Tornare indietro, comunque, era escluso.

S’addossò al muro del vicolo, sul retro del negozio già chiuso nella cui vetrina s’era specchiato. L’oscurità era ormai calata sulla campagna, la vecchia e ormai inadeguata illuminazione stradale del paese stendeva deboli pennellate di giallo, tremolanti fiamme di candela mosse dalla brezza serale. L’oscurità era con lui, con un pizzico di fortuna avrebbe potuto arrivare all’altro capo del paese senza incontrare nessuno. In ufficio, aveva un cambio di vestiti.

Scrutò lungo la strada, da dove si trovava riusciva a osservare il corso principale fino alla piazza: le voci che sentiva dovevano provenire dal bar, unica attrazione locale aperta a quell’ora. L’altra era il cinema ma quello era stato spostato nel paese confinante, non aveva nessun bisogno di percorrere quella strada. La piazza, invece, la doveva comunque attraversare. Poteva arrivarci passando dalle laterali, evitando il corso; l’importante era sbucare a distanza dal bar e magari infilarsi subito sotto i portici delle case. A quell’ora, con quell’illuminazione, sarebbe stato solo un’ombra tra tante.

Quello era il piano A, al quale di sicuro avrebbe giovato il calzare scarpe da ginnastica, silenziose sull’acciottolato delle strade. Scelse il piano A, anche perché, a conti fatti, non esisteva un piano B. Non poteva tornare a casa, l’ufficio sarebbe stato il suo porto per la notte.

Si mosse, quindi, diretto agli uffici comunali.