Buone letture

Ho ascoltato in diretta il discorso di Gianni Cuperlo alla Convenzione Nazionale del PD. Sono già schierato con lui, sono convinto delle sue qualità e capacità da molto tempo; anche da prima di quel congresso di Firenze con il quale i DS scelsero di far parte del progetto Partito Democratico. Il discorso che Cuperlo pronunciò in quella occasione, ascoltato da una platea distratta dall’imminente intervento di un big, fu importante e netto, com’è tipico suo. Quel discorso conteneva l’ormai famosa ed abusata citazione di Umberto Saba, il poeta, ovvero “Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli”, che da sola spiega molte cose della storia, politica e sociale, del nostro paese – e di questo partito. Una citazione che altri, in apparenza insorti con la vocazione al parricidio, non arrivano neppure a sfiorare nella sua superficie. Il discorso di oggi non è arrivato a toccare punte di così feroce polemica intellettuale ma non è stato meno deciso, puntuale, ampio e programmatico. Citando valori, idee, musica (il ‘canone’ come metafora dei valori che mai dobbiamo trascurare e la cui validità non muta con il tempo) e letteratura sportiva (Osvaldo Soriano, filosofo del calcio come metafora della vita) ha stilato l’elenco delle cose da fare come partito, come forza sociale, come sinistra. Non ha negato errori, non si è concesso smargiassate: le riforme servono qui ed ora, non dal 9 dicembre e la rivoluzione, se davvero è questo che abbiamo in mente, non è un lavoro part-time, da alternare ad altri impegni. Detto questo, mi direte che ha letto il discorso (ve lo confermo, è difficile che vada a braccio) e che non lo ha interpretato: niente battute, niente pause (ha perfino interrotto gli applausi in un paio di circostanze), niente intonazioni ad effetto. Vero. La domanda tuttavia è: finalmente è arrivato il momento, in Italia ed a sinistra, di affidarsi a persone serie, responsabili e preparate anche se non brillanti o anche questa volta, in nome dello stramaledetto carisma (forza, fateci una finanziaria con il carisma..) ci affideremo a qualche simpatico improvvisatore?

(Se sono almeno riuscito ad incuriosirVi, il discorso di Cuperlo è sintetizzato qui).

24:p.d. – Leave Another Day

Quello che segue accade tra le 04:00′ e le 05:00′

Roma, Fontana di Trevi. L’Agente Giacomo Bauer, responsabile del Controllo Tenuta Unitaria del PD consulta sul proprio tablet (un Ai-pd schermo 7 pollici ed un indice, risoluzione a tre colori bianco-rosso-verde e sistema operativo Pd-droid a dialettica alternata) gli appunti dei primi due incontri della missione. Non è per questo che rabbrividisce, nell’afosa notte della Capitale. Bensì perché un sottile brivido gelato ha raggiunto la sua nuca, come un fosco presentimento. In realtà, più come un improvviso alito di brezza gelida. Ancora prima di voltarsi, riconosce l’uomo che si sta avvicinando.

Riconosce la figura magra, sofferente, dallo sguardo chiaro ed indecifrabile (non per chi ha, sul proprio tablet, l’apposita app decritta-sguardi). Ad ogni passo, l’atmosfera intorno all’uomo e vicino a Bauer sembra farsi via via sempre più fredda. Bauer finge di non accorgersi che l’acqua, nella celeberrima fontana, si sta ghiacciando.

“Segretario Kuperlov, Signore”, pronuncia in tono che vorrebbe essere opportunamente gelido. L’uomo lo osserva con sguardo indecifrabile (l’app era una versione di prova ed è scaduta), quindi risponde al saluto, con un mesto sorriso indecifrabile. “Bauer. Veramente, non sono Segretario e non sono russo. Il mio nome è Cuperlo, sono di Trieste. Ha presente la bora?”

Jack-Giacomo non ha il tempo di rispondere, un’improvvisa raffica a 154 km.orari gli strappa di mano il tablet, mandandolo ad adornare la Fontana dei Ghiaccioli di Trevi. “Mi scusi, Signore, solo un gioco di parole che circola nel Partito”. Cuperlo annuisce con lentezza sveviana (ovvero, ci vorrebbero dieci pagine per descriverla, altro che post), poi sussurra: “Giochi di parole. Sono l’unica cosa che circola nel Partito, di questi tempi. Io ricordo altri tempi”

E’ un’improvvisa apertura personale, Bauer tenta di approfittarne per meglio decrittare il personaggio: “Come Firenze, Signore? Ricorda l’ultimo congresso dei DS? Lei citò quella frase di Saba, ‘Siamo l’unico popolo che abbia alla base della propria storia (o della propria leggenda) un fratricidio. Mentre è solo col parricidio (l’uccisione, o il superamento, dell’autorità che c’era prima) che si inizia una rivoluzione’ – più o meno, insomma. Ricorda?”.

Alcuni fiocchi di neve danzano sul bavero dell’austero cappotto di Cuperlo, lui sembra non accorgersene. “Perfettamente. E’ così. In quella frase c’è la storia del Paese, la nostra storia, la sintesi della nostra incapacità di rinnovarci, di cambiare. Siamo bloccati. Mi guardi: sono bloccato da sempre nelle posizioni di rincalzo, i vecchi leader mi dicono ‘bravo, bravo, bel compitino’ – e poi mi mandano a sedere in fondo all’aula. Sa, faccio parte di una generazione che si è bevuta quella sciocchezza di chiedere sempre permesso ed aspettare il proprio turno”.

Sorride, allargando le mani, è un sorriso radiosamente malinconico (due uccellini cadono stecchiti dal freddo mentre una coppia di eschimesi scatta fotografie alla fontana). Bauer rompe il ghiaccio con un proprio ricordo personale, in aperta violazione alle regole d’ingaggio: “C’ero anch’io a Firenze, Signore. I DS si scioglievano nel PD, c’era un bel clima, era la vigilia di un grande cambiamento”.

“Il clima si è raffreddato, Bauer, il Partito è in una fase di riscaldamento globale infantile. Non siamo riusciti a rinnovare noi stessi ed ora mi ritrovo a competere per la Segreteria nella posizione del candidato del Vecchio Assetto. Combatterò contro i giovani, io che sono stato segretario della federazione giovanile. Ironico, no? Sembra che Saba voglia beffarsi di me”

Tace, voltandosi verso la fontana; con un gesto automatico, rialza il bavero del cappotto, proteggendosi il volto. “Non importa”, prosegue, “sa, faccio parte di una generazione che si è bevuta quell’altra sciocchezza riguardo al finire sempre quello che si è cominciato. Lo farò. Si chiama spirito di servizio, se tutti lo capissero, avremmo già fatto la rivoluzione”. Bauer sente che un’ultima domanda, a questo punto, s’impone, una domanda precisa, un chiarimento cruciale – ma, prima che possa aprire bocca, il suo interlocutore si allontana di scatto, agilmente, dalla fontana. Pattinando.

“Arrivederci, Bauer. Lasci perdere i giochi di parole, faccia circolare le idee. E aspetti il suo turnooo”.

Svanisce, lesto come un campione sovietico ai mondiali. Bauer si ritrova solo, nella nuovamente afosa imminenza dell’alba, con un AI-pd annegato in acqua. Lo recupera, mezzo sacchetto di riso cinese (in realtà, fatto a Vercelli e fintamente importato) basterà per farlo asciugare. Mentre si allontana sgocciolando, dalla direzione nella quale Cuperlo si è allontanato arrivano le note di una canzone, lontane eppure perfettamente distinguibili.

“una vita da mediano.. finché ce n’hai stai lì.. stai lì.. sempre lì.. lì nel mezzo.. finché ce n’hai stai lì..”

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