THE TALKING DEAD, EP.21: CEREMONY (PARTE SECONDA)

THE TALKING DEAD

Racconto a puntate,  episodio 21: Ceremony (parte seconda).

Dopo che ebbe fatto entrare il Sindaco, Aristide richiuse il pesante portone della cappella escludendo luce e aria fresca dall’interno, con la sola eccezione di quanto filtrava da una serie di minuscole feritoie poste lungo le pareti in pietra, appena al di sotto del tetto.

I tagli diagonali ed evanescenti di luce erano più sinistri che suggestivi e s’accompagnavano a meraviglia con l’aria tiepida impregnata d’un lezzo acidulo e inconfondibile. Piuttosto che avvicinarsi al tumulo scoperchiato, Bruno preferì voltarsi per affrontare il defunto custode.

– Il Santo. Santo solo per i devoti baciapile di questo paese di ipocriti, la Chiesa non ha voluto saperne. Il nostro amatissimo parroco, una vita di povertà e umiltà e servizio. La tenne mio padre, l’orazione funebre, fu un discorso molto bello, piangemmo tutti. Credevo che riposasse in pace.

Aristide mosse appena la testa, in un gesto che al Sindaco apparve più  una contrazione involontaria che una risposta. Si sentì ugualmente sollecitato ad avvicinarsi alla tomba.  Mosse le gambe in avanti mentre inarcava la schiena all’indietro, inconsciamente lottando per ritardare il contatto visivo con i resti del vecchio parroco. Si sentì stupido, di cosa aveva paura, poi? Che il parroco uscisse dalla tomba e gli rinfacciasse i suoi peccati?

Quello che vide, alla fine, fu sufficiente a fargli sembrare quel timore una facezia. Anche gli avvenimenti sin lì, i cadaveri a spasso davanti a casa sua, Aristide e gli altri resuscitati del cimitero, tutto all’improvviso gli sembrò quasi ordinaria amministrazione.

Le spoglie del Santo erano cresciute.

Non è lui, pensò Bruno ma fu soltanto un pensiero ingannevole, un tentativo di negare l’evidenza: quello era Don Carlo, il viso rugoso e severo, le mani forti e callose, la sua tonaca. Aveva voluto essere seppellito con quella, logora e segnata dagli anni. C’era tutta una serie di strappi nuovi, però. E c’era…

Carne. 

Filamenti e grumi di carne pulsante e tremula, viscida e rossastra; tentacoli intrecciati, più simili allo sviluppo casuale d’un rampicante che all’ordinata costruzione di una ragnatela. Uscivano da ogni punto del corpo; dalle guance, dal collo, dalle mani. Dallo stomaco. Si aprivano la strada attraverso la stoffa degli abiti, ricoprivano la tomba come muschio insanguinato. Una metastasi in atto nonostante il decesso biologico.

Il Sindaco non ebbe neppure il tempo d’impazzire. Uno sciame di tentacoli violacei si sollevò verso di lui, imprigionandolo. Ebbe solo la possibilità di capire che quelle che gli erano sembrate minuscole bolle distribuite lungo le escrescenze carnose, in effetti, non erano bolle.

Erano bocche.

 

 

THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

Memo: Sbagliate Creanza, 150 anime in cerca di corpo non tumefatto. L’ex-Sindaco Luca vaga nottambulo e auto-mutilato per le strade di paese, cercando di ritrovare il senso della vita (politica, quella biologica sembra molto più compromessa). L’oscurità gli riserva un incontro inaspettato, un vivace bambino che gli intima di procedere a congresso: ha fretta di diventare segretario e sindaco. E la notte è ancora lunga..

“Allora, hai deciso?”

“Che cosa?”

“La data del congresso”

“L’unica cosa che ho deciso è quella di riaccompagnarti a casa e chiedere ai tuoi genitori cosa ci fai in giro per il paese a quest’ora”

Luca accompagna l’ultima risposta con un gemito, è incredibile quanto male possa fare un braccio staccato, soprattutto se è il sinistro. Tra sè, Luca considera anche quanto facile sia stato staccarselo, quel braccio, quasi che volesse staccarsi. Immerso in queste considerazioni, si lascia sorprendere dalla replica del piccolo Matteo.

“Giro quanto mi pare, visto che ho il permesso. I miei genitori stavano litigando ed io ho avuto l’autorizzazione a maggioranza dall’assemblea”

“Quale assemblea?”

“Quella dei miei amici. Li ho chiamati su Facebook”

“Sublime. Un voto su Facebook non è valido”

A questa risposta, il volto di Matteo si fa livido, la bocca stretta e le sopracciglia aggrottate: “Con questo dimostri la tua arretratezza, nonché la tua inadeguatezza a guidare questo partito. I tuoi strumenti sono vecchi e superati, è ora che tu ti ritiri e lasci il partito in mani giovani e moderne. Quando si fa il congresso?”

Vorrebbe rispondere, Luca, avrebbe argomenti da vendere. Eppure, non riesce – manca in lui la convinzione che quello della data sia davvero un problema più urgente ed importante degli altri. Il braccio sinistro ancora sanguina, dal moncherino attaccato alla spalla e dal braccio stesso, saldamente in mano alla destra. Al diavolo, pensa l’ex-sindaco.

“La vita NON E’ una metafora, ragazzo. La realtà è quella che abbiamo attorno, non quella che vogliamo che sia: e la realtà è che qui, prima di una data, ci serve un’idea. E ci servono persone. Vedi molte persone ATTIVE, intorno a te?” L’espressione di Matteo torna a farsi corrucciata, decisamente infantile – ma è subito trasfigurata da un malizioso lampo nello sguardo: “Attorno a me vedo un sacco di elettori delusi, è arrivato il momento di parlare con loro, di riavvicinarci a loro. Continueremo a perdere, a forza di avere la puzza sotto il naso”.

A quelle parole, la reazione di Luca non è solo spontanea, è chimica: “Non è puzza, è DECOMPOSIZIONE, qui sta tutto andando in malora e noi ce ne stiamo qui, al buio, in piena notte, a discutere di date, di sindaco e segretario e.. puzza! Voi sapere a me, cosa mi puzza??”. Matteo fa un passo indietro, spaventato dalla reazione: “Oh, oh, buono! Ricordati che sono un bambino”. Luca, però, è irrefrenabile. Una mente ed un braccio COMUNQUE collegati.

“Quello che mi puzza è che qui è pieno di stronzetti come te che lasciano fare tutto agli imbecilli come me, lasciano che mi prenda le palate di fango di tutti, lasciano che rischi in prima persona, che finisca con lo sbagliare – e poi saltano fuori, con queste belle faccine e tengono lezione, e ti spiegano quanto sei inadeguato e le cose meravigliose che avrebbero fatto al tuo posto.. nel frattempo, si tengono bene ai margini, hai visto mai che tocchi sudare in prima persona! Tu ti senti pronto, vuoi fare il sindaco, il segretario e magari vuoi anche la mia tintoria? Beh, sentiamo: qual’è il tuo programma?”. Quasi non si accorge d’avere sventolato in aria il braccio amputato, con la mano stretta a pugno.

“Ah, beh, il programma.. ci ho un amico che lo sta preparando per bene, è uno ganzo, uno scozzese, sai?”. Luca lo interrompe, di nuovo sventolando il braccio. “No. Fammi indovinare. Joshua McKinsey”. La sorpresa di Matteo è sincera.”Oh bella, lo conosci?”

Con calma, con lentezza secolare (da vecchio, insomma), Luca si appoggia alla parete dietro di lui, lasciandosi scivolare fino a terra; tiene lo sguardo fisso sul ragazzo ma è come se vedesse attraverso di lui. Come se vedesse quello che al ragazzo forse sfugge: il quadro completo. “Lo conosco. Conosco lui e conosco la sua famiglia, una famiglia numerosa, tutta in giro per il mondo e tutti con lo stesso curioso hobby”. Sospira.

“Spiegare a chiunque il suo programma”

(McContinua..)

THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

PROLOGO: Sbagliate Creanza, 150 abitanti trapassati e resuscitati grazie alle esalazioni d’un mefitico smacchiatore. Ingredienti sbagliati, macchie persistenti, comunità in decomposizione. Il responsabile, involontario, abbandonata ogni carica politica, vaga per le strade del paese, forse diretto a casa. SE esiste ancora un luogo da chiamare “casa”.

E’ notte, le strade sono avvolte in un’oscurità che non può essere neppure intaccata dall’esile falce di luna a malapena distinguibile in un cielo fitto di nubi. L’ex-sindaco e forse anche ex-tintore Luca avanza barcollando lungo il viale principale di Sbagliate Creanza. A differenza dei suoi compaesani, non sta subendo gli effetti di una lenta decomposizione: proprio per evitare di subire quella trasformazione, si è amputato un braccio, medicandosi poi alla meglio. Sa di essere svenuto e non gli occorre l’orologio – che, del resto, si è fermato – per capire d’essere rimasto incosciente per alcune ore. L’ultima volta che ha perso coscienza, il mondo si è capovolto: chi è vivo è un sopravvissuto, i morti governano seguendo logiche morte e non più sepolte.

Gliel’avevano detto, che la politica si stava estinguendo. Nessuno aveva previsto QUELLO sviluppo, però. Non è questo che ha in testa, mentre cerca di mettere un passo avanti all’altro, intontito dal dolore e dall’orrore; non è questo che lo angustia mentre tiene con la mano rimasta – chissà perché – il braccio amputato. Quasi riesce a sorridere al paradosso: è il braccio sinistro, “mi sono amputato la sinistra”. Di sicuro, qualcuno lo accuserà di grave cedimento alla destra conservatrice.

“Diranno che ho messo la sinistra in mano alla destra” e davvero quasi riesce a ridere – ma non esiste più, una cosa come ‘ridere’: i cittadini di Sbagliate Creanza non ridono, ghignano a denti e gengive scoperti. Nessuno ride, tutti si lamentano. Un lamento continuo. Funebre. “E’ colpa della crisi”, pensa Luca, domandandosi se per caso quell’argomento, dopo tanto tempo, non sia da superare. Non è solo la crisi, è anche qualcos’altro. Magari, uno smacchiatore sbagliato: e lo sporco, invece di scomparire, si diffonde. L’idea gli sembra interessante ma un’ombra furtiva interrompe i suoi dolenti pensieri (la testa non è l’unica parte che gli duole, anche il braccio gli fa parecchio male. Quello amputato, of course), oltre a spaventarlo. Un’ombra piccola, agile, veloce.

Un bambino. Riesce a vederlo, avvicinandosi, grazie alla debole ed oscillante luce d’un vecchio lampione (quante volte ha messo nel programma elettorale il rifacimento dell’illuminazione stradale? Mancavano sempre i fondi..); un bambino, in mezzo alla strada, a quell’ora. Lo osserva, ha il volto girato da una parte, sembra quasi imbarazzato per essere stato visto. Entrambi si scrutano, in silenzio. Luca sa di non essere un bello spettacolo; nel contempo, vorrebbe poter vedere bene in viso il bambino, per capire. Per sapere.

Sapere se è del tutto vivo. Oppure, no.

Decide di rompere gli indugi. “Ciao. Io sono Luca. Tu come ti chiami?”. Nessuna risposta. “E’ un po’ tardi per una passeggiata. Cosa ci fai qui?”. A questa domanda, il bambino decide di rispondere.

“Ti sto osservando”. “Scusa?”, risponde Luca, presagendo un’altra pessima svolta nella giornata. “Perché mi stavi osservando? Mi vuoi dire come ti chiami?”

“Mi chiamo Matteo e ti osservo perché voglio fare il sindaco ed il segretario di partito”

“Si, eh? Da grande?”

“No, da subito. Tanto, te quanto duri, ancora?”

(continuaaahhh)