THE TALKING DEAD – EP.19: IL QUADRILATERO

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Racconto a puntate,  episodio 19: Il quadrilatero.

Non occorse molto, al sindaco, per accorgersi di due fatti: innanzitutto, i  cadaveri non sembravano minacciosi, esattamente come quelli radunati davanti a casa sua . Inoltre, quel peregrinare all’interno del cimitero sembrava seguire uno schema: alcuni raggiungevano le uscite e s’avventuravano all’esterno; altri, pur continuando a muoversi, percorrevano una sorta di quadrilatero incrociandosi tra loro e ripassando sempre per i medesimi punti.

Come sentinelle, pensò Bruno e questo gli diede un’idea: forse la spiegazione di quella follia si trovava lì, nascosta nel quadrilatero. Per l’esattezza, sepolta più che nascosta. Esitò: se quello che stava pensando era esatto, avrebbe costituito una spiegazione ma assolutamente NON una regola. Nulla assicurava che l’avrebbero lasciato avvicinare, indisturbato.  Nulla assicurava nulla, in quel momento.

Dibattuto tra allontanarsi per ritornare meglio equipaggiato o restare per agire subito, non s’avvide della figura scivolata in silenzio dietro di lui.

Aristide, il vecchio custode, era tornato.

Nello stesso istante, davanti alla villa del Primo Cittadino, Giorgio sollevò le mani in un segno di resa non privo della consueta strafottenza. La moglie del sindaco lo teneva sotto mira con il fucile e lui sapeva bene perché; tuttavia, a preoccuparlo ben più dei vivi erano i morti. I maledetti morti parlanti.

Da qualche parte c’era un cadavere dalla cui bocca, oltre a qualche colonia d’insetti, stava uscendo il motivo per il quale Mara era preda di manie omicide nei suoi confronti. Una vicenda privata che lei stessa in primis non sarebbe mai stata disposta ad ammettere.

– Non sparare, tanto la dottoressa mi ricuce e Don Angelo non ti assolve. Dimmi solo dov’è il Sindaco e ti lasciamo tranquilla.

Mara non mutò espressione né posa: il vero peccato era la luce dell’alba che avrebbe reso impossibile sostenere la tesi dell’incidente. Sapeva che anche Don Angelo e la dottoressa Fedeli erano ricattati da Giorgio e che non avrebbero testimoniato. Ma c’era troppa luce.

– Non lo so, dove sia. Mi hanno svegliata gli spari ma quando sono scesa, Bruno non c’era. Mi viene solo in mente che da qui si arriva prima al cimitero che al palazzo comunale.

Non appena Mara ebbe pronunciato queste parole, Giorgio si precipitò alla macchina; seguito, sebbene con minor convinzione, dagli altri due passeggeri. Mara attese di vedere l’auto allontanarsi prima di rientrare in casa, dopo un’ultima occhiata ai cadaveri riversi a terra. Rieccoti qui, puttana, pensò, davanti al corpo di quella che sapeva essere stata l’amante di suo marito. Morta per la seconda volta, forse dovrei assicurarmi che tu non possa ritornare per la terza.

Se provò rimorso per quel pensiero, fu soltanto perché in tema di amanti lei non poteva proprio permettersi di salire sul pulpito.

Non dopo quello che aveva combinato con suo fratello.

THE TALKING DEAD – EP.18: LA PRIMA LUCE DELL’ALBA

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Racconto a puntate,  episodio 18: La prima luce dell’alba.

La prima luce dell’alba rischiarò il cielo senza intaccare l’invisibile nube d’oscurità nella quale paese e territorio si sarebbero svegliati. Le strade polverose, i campi pronti per il raccolto, le case isolate o raccolte a grappolo, ogni cosa era al proprio posto, immobile nell’attesa del calore estivo.

Le tenebre, portatrici d’un calore gelido, erano invece in movimento.

Frenando bruscamente, sino a far stridere le gomme senza necessità alcuna, Giorgio fermò l’auto davanti all’abitazione del Sindaco: se la sua intenzione era stata quella di precipitarsi al cancello, la vista dei cadaveri riversi sulla strada gli aveva fatto cambiare opinione. Scese dall’auto, incurante delle proteste dei passeggeri; una veloce ispezione gli permise di ricostruire in fretta l’accaduto.

– Sembra che il Sindaco abbia fatto quello che fa di solito.  Ha fatto di testa sua. Non posso dargli torto, questa volta.

Prima che Don Angelo o la Dottoressa potessero replicare, Mara, la first lady locale, apparve al cancello della villa, vestita soltanto di maglietta, mutandine e fucile da caccia. Quest’ultimo, lo puntò verso Giorgio.

– “Torto” è una parola che non ti puoi permettere, bastardo,

disse, chiudendo l’occhio sinistro per meglio prendere la mira.

Nello stesso istante, dopo quella che lui per primo avrebbe definito, per la stampa e gli elettori,  ‘una salutare corsetta’, Bruno arrivò in vista del cimitero. Dall’esterno  tutto appariva quieto e ordinato: il muro di recinzione in pietra chiara, le fila precise di alberi, i colombari. Linee geometriche decise e rassicuranti. Il cancello spalancato, tuttavia, non rientrava nel quadro.

Ancora ansimando per la corsa, Bruno sostituì il caricatore della pistola, verificando di nuovo l’efficienza dell’arma: la sua prima regola di sempre era non lasciare mai nulla al caso. Appena ebbe varcato il cancello capì che all’opera non s’era messo il caso ma il caos.

Più che la scena familiare d’un cimitero, quello a cui stava assistendo rassomigliava all’ora di meditazione in un convento medioevale. Cadaveri in differente stato di conservazione passeggiavano – a modo loro – per i viali o s’aggiravano con aria quasi curiosa tra i monumenti. Bruno ebbe subito un’intuizione operativa.

Non aveva abbastanza proiettili.

 

THE TALKING DEAD – EP.17: CADERE E RISORGERE

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Racconto a puntate,  episodio 17: Cadere e risorgere.

In certo senso, le aveva già sparato; alla schiena, quella volta.

Aveva giocato la carta dello scandalo, ben sapendo quanto lei fosse estranea alla vicenda dal punto di vista morale e pratico. Non da quello politico, tuttavia: metà dei suoi era coinvolta, fino alla radice dei capelli. Facile scaricare su di lei la colpa, facile sostenere che il marcio originasse dall’alto. Tanto facile quanto ignobile ma in palio c’era la poltrona.

Bruno non aveva esitato. Un paio di confidenze di troppo ricevute a letto gli avevano spianato la strada; sapeva che lei aveva troppa classe (e un marito troppo in vista) per controbattere rivelando l’imbarazzante relazione tra loro. Quello che non aveva previsto, era che lei si fosse innamorata sul serio.

In silenzio,  si era fatta da parte.  In silenzio, se ne era andata, divorata da una malattia volutamente trascurata. O così narravano le malelingue di paese: e Bruno, per una volta, si era sentito propenso a crederci. Non che questo avesse scosso la sua coscienza più di tanto.

Aveva sparato anche a quella.

Dopo averla vista cadere a terra, Bruno aveva puntato l’arma verso gli altri resuscitati e fatto fuoco, un caricatore giusto giusto; uno a uno a distanza ravvicinata, guardandoli negli occhi o in quello che ne restava. Li aveva già sconfitti in Consiglio, più d’uno in modo definitivo; li avrebbe anche cancellati dalle strade post-mortem.

A questo, aggiunse anche la decisione di convocare per la mattina ormai prossima il Consiglio comunale. Prima, però, avrebbe fatto visita al cimitero: troppi cittadini defunti a spasso, cosa stava combinando Aristide?

Nello stesso istante, il vecchio custode del cimitero si risollevava da terra, cranio parzialmente sfondato, essenze vitali tragicamente defluite sull’asfalto sudicio della strada. Non più conscio di sé, ignaro di risorgere, non più partecipe del presente: confinato in un limbo ottuso, guidato da ricordi che non sapeva più di avere e da istinti primitivi dissepolti dalle profondità del cervello rettile. Solo la sua missione non era cambiata:  per questo, si diresse con passo strascicato verso il cimitero.

Doveva radunare tutti.

 

THE TALKING DEAD – EP. 16: RIUNIONE DI CONSIGLIO

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Racconto a puntate,  episodio 16: Riunione di Consiglio.

Un po’ strana, come riunione, pensò Bruno sfiorando quasi senza accorgersene la guancia destra con la canna della pistola:  nel suo pensiero, “strano” non intendeva significare “bizzarro”. Piuttosto, pesante.

Di chiunque si trattasse, i convenuti sembravano appartenere a un’associazione di deambulatori con difficoltà; e qualche problema sembrava anche esserci con le loro voci: a quella distanza non certo proibitiva e nel silenzio afoso della notte gli arrivavano comunque distorte, trascinate e gutturali. Più che una conversazione gli sembrava un lamentoso canto rituale. Uno particolarmente macabro.

Che cazzo. Non sarai mai nessuno se non sei capace di lavorarti la folla, Bruno, ricordò a sé stesso uscendo dal provvisorio riparo della recinzione d’angolo. Come se fosse il gesto più naturale del mondo, infilò la pistola nella cintura dei pantaloni, lasciando la cerniera della giacca appena allacciata in basso. Sorrise, avanzando verso i presenti. Nel contempo, ne verificò il numero: erano otto. Un numero che gli era familiare. Quando fu a meno di due metri dai più vicini e favorito dalla luminosità giallognola dell’unico lampione funzionante, capì il perché.

Quattro assessori, quattro consiglieri. Ruoli differenti, stessa appartenenza politica: tutti fieri avversari della fazione alla quale il Sindaco apparteneva sin da adolescente. I suo storici avversari, protagonisti della storia del territorio. E avevano un’altra caratteristica in comune.

Erano tutti morti. 

Forse dovrei fare quattro chiacchiere con Aristide.. o aumentare la copertura per le spese cimiteriali, rifletté Bruno incapace di esprimere a voce alta qualsiasi altro concetto. Li riconosceva tutti, tutti avevano avuto, in bene o in male, importanza e influenza su di lui. Soprattutto la morta che ancora ostentava i lunghi capelli biondi, ora sporchi, ispidi e popolati d’insetti.

Non avevano mai condiviso una mozione ma un letto, sì e più d’una volta. La differenza di età non li aveva mai ostacolati, anzi: una buona copertura, nel caso. Nessuno aveva mai  sospettato di loro. Bruno pensò che dovesse trattarsi d’una disgustosa mascherata, un lurido espediente per qualcosa. Certo, puzzavano in modo terribile e avevano l’aspetto di cibo mal conservato; tuttavia, non poteva essere vero. Qualcuno voleva farsi beffe di lui.

Poi, lei si avvicinò, portandosi con il viso a pochi centimetri da quello del Sindaco. Sollevò una mano incartapecorita e tremante e percorse la guancia di Bruno con un gesto così preciso, così familiare che l’uomo avvertì un brivido gelato scaricarsi dalla nuca alla colonna vertebrale come un fulmine. Prima che potesse reagire, la defunta appoggiò quello che restava delle labbra carnose d’un tempo sulla bocca di Bruno, baciandolo. L’odore di decomposizione era insopportabile così come il guizzo gelatinoso della lingua marcita; eppure, sopra e oltre il disgusto, Bruno riconobbe il gesto,  la posa, quel modo di baciare. Era lei, era davvero lei: nessuno avrebbe mai potuto imitarla così bene. Questa era l’informazione di cui aveva bisogno per prendere la decisione giusta, immediata. Bruno era famoso per la sua capacità di decidere in fretta.

Quindi, mentre ancora si baciavano sollevò la pistola all’altezza della tempia di lei e fece fuoco.

Sorry, dolcezza. E’ la seconda volta che me lo fai fare.

THE TALKING DEAD – Ep.15: La villa

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Racconto a puntate,  episodio 15: La villa davanti al parco.

Il sonno già interrotto da un pessimo episodio di reflusso gastrico, Bruno scivolò fuori dalle coperte in silenzio attento a non svegliare Mara, sua moglie. L’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento sarebbe stata dover riprendere la discussione riguardo ai suoi crescenti problemi di salute. Quella donna ama preoccuparsi, questa era la verità, pensò Bruno, insieme a: per tua fortuna, non conosci neppure un centesimo delle ragioni che mi tengono sveglio o che stanno mandando in malora il mio stomaco.

S’accorse del rumore mentre sorseggiava un bicchiere d’acqua naturale in cucina. Proveniva dall’esterno, dal parco comunale, forse. Una vera stronzata comprare quella villa proprio davanti a un posto già noto ufficiosamente come meta notturna di perditempo, fornicatori, alcolisti e tossicodipendenti; all’epoca gli era parso così appropriato, invece, traslocare in un edificio adeguato all’importanza del suo nuovo ruolo di Sindaco. Per di più, confinante con il grazioso e appena riqualificato parco,  uno dei luoghi caratteristici del paese, il punto d’incontro della comunità.

Il rumore era troppo vicino e non era neppure un rumore: era un bisbiglio a più voci,  sommesso e lamentoso. Non sembrava una lite ma neppure una chiacchierata tra amici. In ogni caso, era tardi; a quell’ora il parco non aveva mai frequentatori rassicuranti.

Si ricordò d’avere lasciato il cellulare sotto carica, nello studio, al piano superiore; risalire le scale avrebbe richiesto meno d’un minuto e il numero del comando di polizia era nella rubrica delle chiamate rapide. Bruno conosceva un metodo più rapido. Passando dal retro, dai box, avrebbe recuperato tuta da lavoro e scarpe da tennis. Soprattutto, avrebbe recuperato la pistola.

Lui era un sindaco al quale non dispiaceva, ogni tanto, fare anche lo sceriffo. Dopo avere controllato che l’arma fosse carica e in piena efficienza, uscì dal cancello posteriore della villa; tenendosi addossato alla recinzione, ripercorse i propri passi per tornare sul davanti. Per un pelo non tradì la propria presenza sporgendosi troppo: non meno di dieci persone erano radunate in mezzo alla strada, nello spiazzo tra la villa e il parco. Aveva tutta l’aria di una riunione.

E Bruno sapeva di non averne autorizzata nessuna.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 14

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Episodio 14

La reazione di Giorgio fu rapida e non del tutto imprevista: tanto Don Angelo quanto la Dottoressa potevano dire di conoscerlo a fondo, sebbene per motivi assai differenti. Il funzionario comunale fece con rapidità dietro-front, diretto al bagagliaio dell’auto dal quale prelevò un vecchio crick, impugnandolo come una clava.

– Ha ragione, Dottoressa. Non sono suoi pazienti, ora sono i miei!

Sorridendo in quel modo maligno che ne tradiva la vera natura, Giorgio si avventò sui cinque zombie ignorando le proteste degli altri due componenti la squadra dei vivi. Colpì all’impazzata, con la forza generata dalla paura sempre presente in lui: almeno due li aveva riconosciuti, dei loro casi di malasanità s’era occupata anche la giunta comunale.

– E’ l’ora del silenzio, bastardi!,

urlò calando a ripetizione quell’arma micidiale; le urla della Dottoressa e i tentativi, deboli, di Don Angelo per trattenerlo non poterono fermare la mattanza: crani scoperchiati, spruzzi di materia cerebrale e sangue, occhi strappati alle orbite.  Non pago di quanto la decomposizione prima e il metallo poi avevano già fatto, Giorgio infierì anche sui corpi a terra fino a quando un calcio al costato, sferratogli dalla Dottoressa, non gli fece mancare il respiro.

– Sei un pazzo criminale, dovresti stare in galera!!

Tossendo e sputando, Giorgio si rimise in piedi, rispondendo al medico.

– Claudia, se non sto in galera è perché conosco la merda di tutti. E se non avessi il naso al posto del cervello, avresti già capito che questa è… la notte dei testimoni viventi.

La Dottoressa tacque, arretrando davanti all’uomo che ancora impugnava il crick grondante sangue e brandelli di carne; Don Angelo, sconvolto, s’inginocchiò a pregare. Rivolgendosi a tutt’e due insieme, Giorgio tirò le conclusioni.

– Abbiamo del lavoro da fare. I morti non dovrebbero camminare e ancora meno parlare ma sembra che riescano a farlo senza dire bugie. Vanno fermati. Direi che è ora di svegliare quel coglione del Sindaco, no?

Due cose gli vennero in mente, a quel punto: la prima, che il Sindaco poteva essere già sveglio e stare ascoltando storie interessanti. La seconda, che aveva ucciso Aristide senza che fosse già morto prima.

 

Poteva davvero sentirsi sicuro che non ritornasse?

THE TALKING DEAD – EPISODIO 13

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Episodio 13

Raggiungere l’ospedale a piedi era fuori discussione, per almeno DUE motivi: la distanza dagli uffici comunali e, soprattutto, il fatto che  tanto Giorgio quanto Don Angelo non avessero la benché minima voglia di percorrere a piedi una qualsiasi strada. Giorgio fu rapido a risolvere l’empasse.

– Usiamo l’auto di servizio, le chiavi sono nella bacheca.

Don Angelo esitò a seguirlo, pur sollecitato dall’impegno assunto con la Dottoressa Fedeli; d’altronde, il tono di voce stridulo e spaventato del medico aveva peggiorato le condizioni del suo sistema nervoso. E l’improvvisa sicurezza ostentata da Giorgio era ancora meno rassicurante.

Per sfuggire ai morti viventi stava per affrontare un viaggio in auto con un probabile assassino, nonché comprovato truffatore.  Al termine del tragitto, nuovi orrori da affrontare. Più la Dottoressa. Una professionista stimata e riconosciuta in tutta la regione, medico di rara competenza e capacità. Giusto con un paio di piccoli difetti.

Stimolanti chimici e sesso estremo.

Un bel cocktail che l’avrebbe fregata per benino, prima o poi. Al riguardo, aprendo bocca per la prima e unica volta mentre guidava, Giorgio chiarì il proprio pensiero con l’arroganza e la cattiveria tipiche degli esclusi dalla beneficenza.

– Non vedo l’ora di salvare il culo a quella troia. Poi vedremo se farà ancora tanto la difficile. Eh, Reverendo? Ah, ma non è il suo genere, vero?

Don Angelo sapeva di meritare tutto il castigo che gli veniva inviato, tuttavia non riuscì a reprimere la segreta speranza che divorato dagli zombi ci finisse proprio Giorgio. Una fantasia alla quale dovette rinunciare non appena l’auto fece irruzione nel piazzale riservato al parcheggio del personale e dei familiari dei pazienti.

Gli zombie erano tanti ma nessuno sembrava volersi avvicinare alla Dottoressa con intenzioni carnivore. Piuttosto, vista dalla macchina, la scena somigliava molto a un consulto collettivo. Altrettanto sorprendente fu quello che la dottoressa urlò ai due ‘soccorritori’ mentre scendevano dalla macchina.

– Non sono pazienti miei. Non sono pazienti MIEI, capite?

 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 12

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Episodio 12

– Sì, è vero, due o tre anni fa… il corpo fu trovato lì ma era stato ucciso altrove. Non si scoprì nulla. Ma… cosa avrebbe a che fare con noi?

Giorgio soppesò la domanda di Don Angelo pur avendo la risposta già in tasca. Cominciava a intravvedere una sorta di schema nel delirio di quella che era iniziata come una qualsiasi giornata estiva. Laura non aveva nulla a che fare con la vicenda del direttore delle Poste (per quanto ne potesse sapere, ovvio); lui e Don Angelo non avevano nulla a che fare con i due personaggi che l’accusavano d’infanticidio. Aristide, il custode del cimitero, era l’unico che poteva avere a che fare con tutti,  vivi e defunti, proprio in virtù dell’incarico ricoperto.  Ma Laura non riposava nel cimitero del paese.

In effetti, l’eventuale schema era delirante tanto quanto l’idea di morti che camminano per le strade. Prima che Giorgio potesse condividere quella che a lui stesso appariva più come un costrutto della paura che come un’intuizione, la suoneria d’un cellulare fece irruzione con la propria incongrua allegria facendoli trasalire.

Don Angelo rispose ma solo dopo avere letto il nome dell’interlocutore sul display. Ed essere ulteriormente impallidito.

– Dottoressa. Cosa…? Per favore, si calmi! Come… Le credo, certo che le credo. Non… No, mi ascolti: resti dov’è,  sto arrivando.

Mentre chiudeva la conversazione, il prete sollevò lo sguardo fissandolo in quello del tecnico comunale. Giorgio stava sorridendo, il sorriso acido e velenoso che Don Angelo conosceva bene. Giorgio non era un buon parrocchiano; anzi, per dirla tutta, Giorgio era un vero criminale, travestito da irreprensibile funzionario. Se soltanto avesse potuto denunciarlo.

Se soltanto non fosse stato suo complice.

– Era la Dottoressa Fedeli. Mentre lasciava l’ospedale ha notato alcuni… cadaveri… che… camminavano verso di lei.

Il sorriso di Giorgio stava per raggiungere le orecchie, quella era per lui quasi una buona notizia. Lo schema. Forse c’era davvero. Non riuscì a trattenere la domanda.

– E cos’avevano da dire i morti,  alla nostra illustre scienziata cocainomane?

 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 11

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Episodio 11

Don Angelo si agitò sulla sedia quasi che, all’improvviso si fosse arroventata; la visione del cadavere sfigurato, corroso dai vermi che strisciavano tra la carne marcita e il prezioso abito fasciante con cui era stata sepolta,  non aveva più abbandonato la sua mente dal momento in cui aveva ascoltato quei passi strascicati lungo il corridoio della navata. Trasalendo, l’aveva subito riconosciuta nonostante la penombra debolmente rischiarata dalle candele. Non poteva essere diversamente, ogni colpa trova il proprio castigo.

– E’ venuta per noi, Giorgio. Per quello che abbiamo fatto. Mi devi credere, non sono impazzito. Laura era lì, in piedi davanti a me. Non sono pazzo.

Giorgio sollevò  una mano per interrompere il parroco: da un lato, era ansioso di sapere;  dall’altro,  ascoltare anche solo le poche parole pronunciate sino a quel momento dal religioso aveva accentuato il gelido morso della paura dentro di lui.

– No, nessuno è impazzito.  Sta accadendo qualcosa. Laura non è l’unico cadavere a spasso per le strade. Comunque… ha detto qualcosa?

– Come lo sai? Anche tu… l’hai incontrata?

– Non Laura. Ho avuto la mia parte di cadaveri, questa sera. E parlavano. Del bambino.

Giorgio si rese conto d’averlo detto solo dopo averlo detto: cosa gli stava capitando, non aveva neppure bisogno di nominare il bambino, il prete sapeva. Eccome, se sapeva. L’inferno aspettava tutti e due e non era da escludere che il diavolo si fosse stancato d’aspettare.

– Avanti, cosa ha detto mia moglie? COSA?!

Nonostante l’impeto violento con il quale Giorgio l’aveva incalzato, Don Angelo non rispose subito: dunque, quella di Laura non era stata l’unica apparizione. Qualunque mistero o forza fosse all’opera, era molto, molto più grande di quanto non avesse immaginato fino a pochi attimi prima; si diede mentalmente dello stupido per essere letteralmente fuggito dalla chiesa senza ascoltare altro.

Ma era difficile sostenere lo sguardo di due orbite cave affollate da insetti.

– Non ha detto molto.  Ha ripetuto tre o quattro volte le stesse due parole:  “il ponte”.

Giorgio premette la fronte contro il vetro della finestra, freddo e appannato. Nessuno, tranne lui, sapeva che quello di Laura non era stato un incidente ma un suicidio e comunque non c’entrava nessun ponte, perché mai un ponte avrebbe dovuto…

Si girò di scatto, colto da un’intuizione.

– Il direttore delle Poste. Non fu trovato morto sul ponte vecchio?

 

 



 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 10

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Racconto a puntate

Episodio 10

– Don Angelo. E’ tardi per le visite.

– Giorgio. Avevo visto bene. Ti stavo cercando.

Fermi nelle rispettive posizioni, l’uno sulla porta e l’altro in piedi dietro la scrivania e con una bottiglia di liquore in mano, presero entrambi mentalmente nota del tremito nelle voci. Il pallore dei volti era celato dall’alone giallastro della lampada da tavolo che tuttavia accentuava l’espressione spaventata dei due uomini, ritratti in quel crepuscolo artificiale come a lume di candela in un dipinto antico: ai lati della scena, due figure a carboncino intagliate dai riflessi, protese in avanti a testa incassata. Schiacciate da qualche peso oscuro assommato all’aria stagnante della stanza.

– Perché mi stava cercando, Padre?

L’ombra del sospetto e della colpa traspariva dal tono e dalla fretta insiti nella domanda di Giorgio. Don Angelo tuttavia sembrò non accorgersi di nulla, si mosse nella stanza come se all’improvviso non riconoscesse più il luogo o non ricordasse il motivo per il quale si trovava lì. Di colpo, fece qualcosa che Giorgio non si sarebbe mai aspettato: gli strappò la bottiglia dalle mani per bere due lunghe sorsate di liquore. Dopo di che si sedette davanti alla scrivania, abbandonandosi di peso sulla sedia.

– E’ successa una cosa terribile, qualcosa che mi fa dubitare della mia stessa mente.

Gli occhi del reverendo vagavano per la stanza quasi s’aspettasse d’essere aggredito da un nemico nascosto nella penombra, dietro o sotto un mobile. Esitava a incrociare lo sguardo con il proprio interlocutore e non riusciva, pur seduto, a rimanere fermo; pur inquieto a sua volta, Giorgio decise che il prete dovesse avere ricevuto uno shock addirittura peggiore del suo. Non per questo sentiva di potersi fidare del tutto.

– Come ha fatto a entrare?

Le labbra di don Angelo si storsero per un istante in un sorriso acido.

– Presto la mia opera anche in carcere, lo sai. Di quando in quando vengo ripagato con qualche piccolo insegnamento. Non si sa mai quando certe cose possono tornare utili, vero? Se avessi bussato avresti fatto finta di non essere qui. Ma questo è qualcosa che DEVI sapere. E’ venuta a trovarmi. E’ stata da me, in chiesa.

Giorgio girò attorno alla scrivania, avvicinandosi alla finestra per osservare all’esterno: oltre il davanzale poteva vedere soltanto l’oscurità della notte priva di luna. Quella era comunque un’oscurità che poteva osservare. L’altra oscurità, quella che custodiva da molto tempo dentro di sé, la poteva soltanto avvertire: e stava salendo, inesorabile come una marea.

– CHI, è stato in chiesa?

– Tua moglie. Laura.

L’unica cosa che Giorgio riuscì a pensare fu che neppure da morta la stronza aveva perso l’abitudine di confessarsi.