THE TALKING DEAD – EPISODIO 9

THE TALKING DEAD

Racconto a puntate

Episodio 9

Il vento era calato già nel pomeriggio e in ogni caso i suoi colleghi avevano una paura fobica in argomento furti e atti vandalici: dopo l’ultimo episodio, la consegna era sbarrare porte e finestre prima di lasciare gli uffici, in qualunque stagione. Per questo motivo, il rumore che lo aveva appena fatto trasalire aveva una e una sola spiegazione.

Qualcun altro si stava aggirando all’interno della palazzina. L’uomo deglutì a fatica, la saliva all’improvviso trasformata in sabbia appiccicosa; comunque meglio delle gambe tremolanti come gelatina e pesanti come piombo, frutto della paura dalla quale era assalito. Certo, poteva trattarsi di un collega, come no. A quell’ora? Comunque, nessuno faceva gli straordinari da quelle parti e poi le casse comunali non potevano permettersi ore extra. Forse un intruso, un vandalo, un altro furto di documenti come quello dell’anno precedente: muri imbrattati di scritte incomprensibili, sedie rovesciate, mobili rovinati e alcuni faldoni spariti.

Pratiche insignificanti, in apparenza. Ufficialmente.

L’uomo si sentiva certo di poter escludere un visitatore a caccia di souvenir, quindi restava soltanto un’altra ipotesi. LO avevano seguito. LORO, lo avevano seguito: la coppia di cadaveri incontrati lungo la strada, quella scheggia di impossibile conficcata dal caso nella realtà del suo pomeriggio. O forse…

Forse il maledetto custode cimiteriale non era morto, non abbastanza morto e i passi che l’uomo distintamente avvertiva provenire dalle scale erano i suoi. Stava salendo l’ultima rampa, dieci gradini in tutto; poi, sei passi e sarebbe stato alla porta. L’uomo, come d’abitudine, l’aveva accostata anche se non era necessario; l’avesse lasciata aperta, avrebbe potuto vedere di chi si trattava. Non che fosse così ansioso di saperlo.

Se solo fosse riuscito a muoversi, se le gambe avessero smesso di tremare, se lo stomaco non fosse stato un buco nero impegnato a risucchiare ogni sua energia e razionalità, avrebbe potuto arrivare per primo alla porta della stanza e girare la chiave. Sì. Avrebbe potuto. Se solo fosse riuscito a muoversi. Passi in corridoio.

Tre. Quattro. CINQUE.

Un’onda di sudore gelido e salato traspirò da ogni poro della sua fronte e della schiena mentre il lamentoso cigolio dei cardini arrugginiti annunciava la presenza del visitatore dietro l’uscio in legno. Non aveva fretta, l’intruso; spinse la porta con quella che all’uomo sembrò sadica lentezza, il raffinato piacere del predatore che trattiene l’attimo fatale. Centimetro dopo centimetro, fino a quando non fu spalancata e la figura del visitatore, stagliata sulla soglia, divenne visibile alla debole luce della lampada da tavolo. Per poco, all’uomo non sfuggì una bestemmia che sarebbe stata doppiamente inopportuna.

Era il maledetto prete.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 8

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 8

Quando arrivò a destinazione, la vetusta e isolata palazzina che ospitava gli uffici tecnici del Comune era completamente avvolta nell’oscurità: il Sindaco faceva campagna sul risparmio energetico spegnendo l’illuminazione stradale nei pressi degli uffici periferici ma non del Municipio, in centro paese. Quello, era sempre illuminato a giorno. Per una volta, l’uomo ritenne di approvare le scelte dell’Amministrazione.

Muoversi al buio, ad ogni modo, non lo faceva sentire a suo agio: qualsiasi rumore, fosse il verso d’un animale o il motore distante di un’auto, lo faceva trasalire dandogli i brividi. Arrivare alla porta posteriore della palazzina a due piani fu un sollievo.

Di breve durata.

All’interno, il silenzio notturno era ancora più pesante e percorso da voci fastidiose: lo scricchiolio dei vecchi, vecchi mobili in legno; i rubinetti dei bagni al piano terra, il cui ritmato sgocciolare era refrattario a qualsiasi intervento idraulico; persino il rumore dei suoi stessi passi, la gomma delle suole fischiava contro il levigato pavimento marmoreo.

Raggiunse in fretta il proprio ufficio, salendo i gradini delle scale a due a due, ansimando, il cuore in gola non soltanto per quello sforzo. Per prima cosa, andò alla scrivania, dalla scatola delle graffette nel primo cassetto recuperò la chiave che apriva lo schedario metallico. Non teneva soltanto pratiche vecchie e nuove, lì dentro: nascosta tra i faldoni del cassetto più basso si trovava una bottiglia di buon whisky d’annata. Un lungo sorso scivolò nella gola dell’uomo, un torrente tiepido e bruciante. Staccò di colpo la bottiglia dalle labbra per respirare come un naufrago riemerso dopo essere stato travolto dalla tempesta. Andava meglio, ora.

Il tonfo della porta che si richiudeva al piano di sotto sbriciolò quella ritrovata calma.

THE TALKING DEAD – EPISODIO 7

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 7

 

Avvicinandosi al paese, rallentò l’andatura preoccupato di non dare nell’occhio: infilare le mani in tasca per nascondere l’evidente tremore sarebbe stato facile ma l’esame dei suoi abiti, visti nel riflesso d’una vetrina non fu soddisfacente. La camicia era macchiata e così pure i pantaloni; da ultimo, l’avambraccio destro evidenziava segni difficilmente interpretabili come qualcosa di differente da una lotta. Non poteva proseguire. Non poteva farsi vedere così.

Tornare indietro, comunque, era escluso.

S’addossò al muro del vicolo, sul retro del negozio già chiuso nella cui vetrina s’era specchiato. L’oscurità era ormai calata sulla campagna, la vecchia e ormai inadeguata illuminazione stradale del paese stendeva deboli pennellate di giallo, tremolanti fiamme di candela mosse dalla brezza serale. L’oscurità era con lui, con un pizzico di fortuna avrebbe potuto arrivare all’altro capo del paese senza incontrare nessuno. In ufficio, aveva un cambio di vestiti.

Scrutò lungo la strada, da dove si trovava riusciva a osservare il corso principale fino alla piazza: le voci che sentiva dovevano provenire dal bar, unica attrazione locale aperta a quell’ora. L’altra era il cinema ma quello era stato spostato nel paese confinante, non aveva nessun bisogno di percorrere quella strada. La piazza, invece, la doveva comunque attraversare. Poteva arrivarci passando dalle laterali, evitando il corso; l’importante era sbucare a distanza dal bar e magari infilarsi subito sotto i portici delle case. A quell’ora, con quell’illuminazione, sarebbe stato solo un’ombra tra tante.

Quello era il piano A, al quale di sicuro avrebbe giovato il calzare scarpe da ginnastica, silenziose sull’acciottolato delle strade. Scelse il piano A, anche perché, a conti fatti, non esisteva un piano B. Non poteva tornare a casa, l’ufficio sarebbe stato il suo porto per la notte.

Si mosse, quindi, diretto agli uffici comunali.

 

THE TALKING DEAD – EPISODIO 5

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 5

 

– Si allontani. Per favore, vada via.

Non aveva certo bisogno di un invito scritto, quindi quell’esortazione pronunciata con voce resa incerta dal rapido ansimare di Aristide ottenne sull’uomo l’effetto contrario a quello desiderato.  Interruppe il proprio retrocedere, rivolgendosi al custode del cimitero senza staccare gli occhi dalle due mostruosità ancora ferme a lato della strada.

– Cosa diavolo sono? Cosa.. cosa pensi di fare, ucciderli con la pompa della bicicletta?,

esclamò, cercando di sublimare almeno una parte della gelida paura che l’attanagliava in rabbia; rabbia scagliata contro il custode, sicuramente colpevole d’essersi fatto sfuggire quella simpatica coppia di cadaveri parlanti. L’idea appariva perfettamente logica all’uomo, salvo trovarla al tempo stesso perfettamente stupida.

– Vada via. Io.. li riporto indietro. Ma vada via.

Una parte di lui aveva tutta l’intenzione di seguire quel saggio consiglio, una parte di lui voleva voltarsi e correre a perdifiato verso il paese, verso il bar più vicino. MA. C’era un grosso ‘ma’.

Una parte di lui non voleva che anche Aristide potesse ascoltare le parole smozzicate ma chiare che la cosa in apparenza donna avrebbe potuto pronunciare: lui conosceva Aristide, ovvio ma Aristide non conosceva lui, come avrebbe potuto? Il custode conosceva molto di più le lapidi che spolverava dei vivi che, di quando in quando, vi sostavano accanto. Comunque, andare a trovare il bambino era stato un errore. “Bambino” e “ucciso” potevano far scattare qualcosa anche nelle sinapsi placide del vecchio impiegato cimiteriale. L’uomo aveva una decisione da prendere e da prendere in fretta.

Fu il cadavere in apparenza uomo ad aiutarlo: all’improvviso, come rivolgendosi ad Aristide, sollevò un braccio indicando nella sua direzione. Pronunciando  di nuovo l’accusa.

…ggghllui… mgglluilui.. uhccisooh… ggghbbahmbinoooh..

Mentre Aristide lo fissava, l’uomo mise mano alla tasca posteriore dei pantaloni, prendendo il coltello a serramanico.

THE TALKING DEAD – Episodio 4

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 4

 

Sì, non c’erano dubbi: aveva detto “bambino”. Quella cosa orrenda aveva pronunciato una parola, male e gorgogliando ma l’aveva pronunciata. Proprio quella parola. Un caso. Doveva essere un caso. O forse no. O forse sì. Magari la sua immaginazione: l’uomo s’accorse all’improvviso d’essersi bloccato sulle gambe, le braccia abbandonate lungo il corpo, la catenina penzoloni nella mano. Il crocefisso cullato lievemente dalla brezza serale.

L’orrore lo osservava da meno di due metri di distanza, sempre con quella testa decomposta e infestata da larve e insetti curiosamente piegata di lato. Anche l’altro orrore, quello maschile, con quel ridicolo e consunto doppiopetto nero, lo stava osservando; con occhi fissi e vitrei, divorati dalla cataratta e dalle larve. Di colpo, l’uomo si rese conto che entrambe quelle cose indossavano abiti che ricordava d’aver visto solo in qualche vecchia foto di famiglia. I suoi genitori, si vestivano in quel modo.

Quelli non erano i suoi genitori ma la donna-cadavere aveva detto “bambino”, come se sapesse. Lo stavano fissando come se tutt’e due sapessero; peggio ancora, sembravano aspettare che lui dicesse qualcosa. Contro ogni logica e persino contro la sua stessa volontà, l’uomo parlò.

– Chi siete? Cosa volete? Che ne sapete del bambino?

Nuovamente, fu la donna a parlare, muovendo la testa come se i tendini marciti del collo avessero sostituito le corde vocali. Più che pronunciare parole, le esalò, accompagnandole con gesti spastici delle mani che sembravano voler sottolineare la sua defunta disapprovazione.

– gggmmbbhh.. biinoh.. bbbaahm.. biinooh.. ggh.. uhh.. uccisooh.

Ho bevuto, si disse l’uomo. Ho bevuto prima, senza rendermi conto di quanto possa avere ingurgitato e adesso vedo cose che sono soltanto nella mia testa, pensò trovando improvviso sostegno in quella così precisa e ampia spiegazione.  Un vero conforto. Spazzato dal rumore afono dei freni da bicicletta.

Si girò, già avvertendo il raggelante flusso della paura diffondersi nel sangue, antidoto malato alla sicurezza della presunta allucinazione: quel suono era troppo, troppo reale;  e non era tutto: riconosceva la persona dal respiro affannato appena smontata dal sellino, comprendeva perfino il motivo assolutamente logico per il quale si trovava lì.

Era il vecchio Aristide, il guardiano del cimitero.

 

THE TALKING DEAD – ep.2

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 2

 

Non era uno scherzo della fantasia e non aveva (ancora) bevuto per quella sera. E l’ipotesi d’un paio di buontemponi ben truccati e profumati poteva essere verificata in un solo modo.

L’uomo si avvicinò, deciso a strappare quelle che riteneva essere due maschere di latex, impressionanti ma fasulle; nel frattempo, la coppia – l’apparente stato di decomposizione non era così avanzato da non poter distinguere il genere sessuale – sembrò voler proseguire per il proprio faticoso cammino, quasi indifferente all’incontro.

Per maligno istinto, l’uomo vivo scelse per prima la donna morta: vediamo come sei fatta davvero, bellezza, disse ad alta voce mentre le sue dita accarezzavano la guancia gonfia, livida e percorsa da orribili venature nere. Poi, di colpo, strappò.

La vista, poteva essersi ingannata con la luce morente del giorno.

L’odorato, poteva aver percepito la direzione sbagliata per quel fetore.

Il tatto gli urlò che senz’ombra di dubbio quella era carne marcia.

Fu d’aiuto anche il fatto che con quel gesto aveva strappato quasi metà volto alla donna, scoprendo lo zigomo e l’orbita oculare. Inoltre, c’era la brulicante colonia di vermi che dal lembo spugnoso di carne strappata si stava riversando sulla sua mano. L’urlo che uscì dalla bocca dell’uomo avrebbe di certo dato un dispiacere al parroco, qualora si fosse trovato nei paraggi; nondimeno, la scelta successiva, dopo avere scagliato in aria carne e vermi, fu quella di ripetere per un buon numero di volte il segno della croce. Per proteggersi e invocare protezione: non era mai stato davvero un credente né le sue azioni rientravano nella categoria “buon cristiano”; tuttavia, se i morti camminavano di nuovo, la spiegazione poteva essere una soltanto.

Il demonio era all’opera.

 

(to beeeee continueeeeeeed)

THE TALKING DEAD – ep.1

THE TALKING DEAD

racconto a puntate

episodio 1

Non era una giornata particolare. Per niente. Una calda giornata estiva, più afosa che calda con un cielo lattiginoso e la sensazione di respirare polvere. Una foto sbiadita, una vecchia foto immobile nella sua lenta decolorazione.

Una giornata noiosa, non troppo, non abbastanza. Una giornata insignificante. Una giornata “che-due-palle”.

Proprio alla fine della giornata,  un tramonto così-così, un indeciso imbrunire,  l’uomo esce di casa, accaldato, stanco, in cerca di aria fresca. In cerca di aria. In cerca e basta. Dapprima costeggia il canale ma gli insetti non danno tregua, è il loro regno e la loro ora o più o meno. Quegli insetti sono come la giornata, il canale è acqua stagnante che emana caldo.  E puzza. Oh.

L’uomo si avvia verso la strada provinciale, storcendo il naso; lasciandosi il canale alle spalle. La puzza sembra seguirlo, no, la puzza lo precede, l’aria ristagna come l’acqua ma il movimento al rallentatore delle foglie e dell’erba tenta di dimostrare l’esistenza di un refolo di vento. Adesso l’uomo è certo che la puzza arrivi dalle due figure in controluce morente che avanzano lungo la provinciale. Avanzare è un termine azzardato: procedono barcollando, sembra che si guardino attorno come se si fossero persi.

Stranieri. Nomadi. Gente che puzza, insomma. L’uomo tossisce, grida “Ehi!”, si avvicina minaccioso, gente come quella non dovrebbe essere lì. Nossignore.

“Ehi! Voi!”, urla, ed è già una conversazione, per il suo livello; le due figure esitanti non sembrano neppure accorgersi della sua presenza, del passo di marcia con il quale li raggiunge e nella luce indecisa dell’imbrunire indeciso, alla fine di quella giornata da dimenticare ma non troppo, li vede per quello che sono.

Cadaveri.

(to beeeee continueeeeeeed)