THE S.H.I.T. CONSPIRACY 2: Dal profondo

Da conoscitore della materia qual era, il Dottor Robertetti intuì all’istante che qualcosa non stava andando per il verso giusto: il getto d’acqua non fluiva con il consueto scroscio argentino (per quanto Robertetti non avesse mai scoperto cosa c’entrasse l’Argentina. Ma era un problema ignorabile come la maggior parte di quelli che giacevano sulla sua scrivania); viceversa, dal profondo dell’ingiallita ceramica aziendale si stava sollevando un cupo, gorgogliante borbottio. Un ringhio basso e soffocato che non poteva appartenere a una semplice conduttura ostruita. Scostandosi d’istinto, i pantaloni non ancora risollevati, Robertetti osò l’inosabile; compì il gesto che in 47 anni di esistenza aveva sempre evitato, con accuratezza: abbassò lo sguardo in direzione del combinato disposto tra umanità e idraulica. In altri termini, osservò l’abisso.

Solo per scoprire che l’abisso stava osservando lui. Dal profondo.

Con. Un paio. Di. OCCHI.

I pantaloni, trascinati dalla pesante cintura in vero coccodrillo (con buona probabilità uno intero, valutando la circonferenza del Dottore) ricaddero sul pavimento piastrellato in elettrico blu a psichedelico contrasto con il grigio perla delle pareti; seguiti, in una frazione di secondo, da tre quotidiani, un contenitore termico e un ombrello portatile in caotica caduta libera. Le mani di Robertetti sventolavano in aria mentre il proprietario cercava di uscire dal bagno non accorgendosi che quel tentativo era frustrato da due ben precisi fattori: la sua stessa ingombrante mole e l’ambizione d’aprire la porta spingendo anziché tirare. In leggero ritardo sull’oggettistica già abbandonata alla forza di gravità, un fiotto di saliva esondato dalla bocca rimasta spalancata piovve sul piastrellato allucinatorio mentre gli occhi del funzionario rimanevano incollati sulla realtà (?) che si stava sollevando da quello che sino a pochi istanti prima altro non era che l’ordinario recipiente consacrato a un’egualitaria manovra liberatoria. Una realtà viscida, al tempo stesso acquosa e solida. Tremolante come budino e grumosa come un impasto mal riuscito.

Al culmine della paura e dell’orrore, Robertetti riuscì finalmente a urlare quando intravide i DENTI della creatura.

Purtroppo le sue urla non furono sufficienti a preservare un così valido funzionario (più volte proclamato “dirigente del mese”) dall’essere divorato; in un estremo sussulto di lucidità, prima di soccombere a quel destino atroce, il Dottore ebbe modo di riflettere per l’ultima volta sul significato e sui paradossi dell’esistenza. Quella creatura si era in qualche modo generata da lui (dal profondo, un altro profondo), in qualche modo; e dopo averlo divorato, lo avrebbe di certo digerito e… cosa? Assimilato? Espulso?

Mentre l’orrore terminava il non fiero pasto, ponendo le basi per la risposta che Robertetti non avrebbe più potuto conoscere, all’altro capo del corridoio esterno, chiuso nello stanzino di servizio, Ahmed (il cui nome non era Ahmed ma in quel posto del cavolo tutti lo chiamavano così. Da solo contro quattrocentotrenta indigeni convinti aveva deciso di chiamarsi Ahmed. Almeno lì) prese dalla tasca posteriore della tuta un cellulare usa-e-getta, componendo un numero a memoria. Al segnale di risposta l’interlocutore non fece seguire parola alcuna, avendo l’unico incarico di ascoltare. Toccava al giovane laureato in biologia, temporaneamente impiegato nei servizi di igienizzazione manuale (Ahmed o comunque si chiami, insomma) parlare.

– Sono io. Il fiore è sbocciato e si sta nutrendo. E’ “go” per la potatura. “Go” per la potatura.

(continua dopo l’angolo del giardinaggio. Il precedente episodio è QUI)

 

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Nato a Milano nel 1960, diploma di Ragioniere, dal 1981 dipendente di quello che attualmente è uno dei principali gruppi bancari europei - questo, per la superficie. Al di sotto (o di lato), prova a scrivere e disegnare fumetti, sceneggiature per corto e lungometraggi, fino a quando la (quasi per gioco) partecipazione ad un concorso letterario estero per racconti brevi si conclude con un successo: primo premio al 1° Concorso Internazionale di Letteratura Fantastica della Repubblica di San Marino (1997), successo ripetuto nella terza edizione (1999). Più difficile essere profeti in Patria ma dopo debita serie di tentativi a vuoto pubblica il primo full-lenght (romanzo, insomma) nel 2004, "Extreme Defence" cui fa seguito, a maggio 2012 un prequel: "Extreme Defence: Sandriders" (Caosfera Editore). A luglio 2012 ripubblica "Extreme Defence" in versione e-book - e non solo perchè possiede già da anni un Kindle.