THE TALKING DEAD
Racconto a puntate
Episodio 13
Raggiungere l’ospedale a piedi era fuori discussione, per almeno DUE motivi: la distanza dagli uffici comunali e, soprattutto, il fatto che tanto Giorgio quanto Don Angelo non avessero la benché minima voglia di percorrere a piedi una qualsiasi strada. Giorgio fu rapido a risolvere l’empasse.
– Usiamo l’auto di servizio, le chiavi sono nella bacheca.
Don Angelo esitò a seguirlo, pur sollecitato dall’impegno assunto con la Dottoressa Fedeli; d’altronde, il tono di voce stridulo e spaventato del medico aveva peggiorato le condizioni del suo sistema nervoso. E l’improvvisa sicurezza ostentata da Giorgio era ancora meno rassicurante.
Per sfuggire ai morti viventi stava per affrontare un viaggio in auto con un probabile assassino, nonché comprovato truffatore. Al termine del tragitto, nuovi orrori da affrontare. Più la Dottoressa. Una professionista stimata e riconosciuta in tutta la regione, medico di rara competenza e capacità. Giusto con un paio di piccoli difetti.
Stimolanti chimici e sesso estremo.
Un bel cocktail che l’avrebbe fregata per benino, prima o poi. Al riguardo, aprendo bocca per la prima e unica volta mentre guidava, Giorgio chiarì il proprio pensiero con l’arroganza e la cattiveria tipiche degli esclusi dalla beneficenza.
– Non vedo l’ora di salvare il culo a quella troia. Poi vedremo se farà ancora tanto la difficile. Eh, Reverendo? Ah, ma non è il suo genere, vero?
Don Angelo sapeva di meritare tutto il castigo che gli veniva inviato, tuttavia non riuscì a reprimere la segreta speranza che divorato dagli zombi ci finisse proprio Giorgio. Una fantasia alla quale dovette rinunciare non appena l’auto fece irruzione nel piazzale riservato al parcheggio del personale e dei familiari dei pazienti.
Gli zombie erano tanti ma nessuno sembrava volersi avvicinare alla Dottoressa con intenzioni carnivore. Piuttosto, vista dalla macchina, la scena somigliava molto a un consulto collettivo. Altrettanto sorprendente fu quello che la dottoressa urlò ai due ‘soccorritori’ mentre scendevano dalla macchina.
– Non sono pazienti miei. Non sono pazienti MIEI, capite?