L’Antipatico pubblico numero 1 e l’Altro

Yes We BanD’Alema_Renzi_Verdini

L’Antipatico pubblico numero 1 e l’Altro: D’Alema e Renzi, basta nominarli (soprattutto il primo) e si scatenano i dissidi. Io sono di parte, esercito da sempre la mia dose di antipatia naturale – è un dono alla rovescia: anche quando risulti utile e (pro)positivo, non ti ringrazia nessuno, anzi. Questo non mi trattiene, ad ogni modo, da fare anche oggi la mia parte, con una piccola sfida.

Leggete l’intervista (il link è qui sopra) MA fate finta che l’intervistato non sia D’Alema; ed evitate di sovrapporre la figura di Renzi a quella del Premier. Insomma, escludete dal testo ogni e qualsiasi riferimento e caratterizzazione personale e ascoltate solo gli argomenti. Soppesateli. La mia convinzione è che, alla fine, vi scoprirete più o meno antipatici anche voi.

Questa era la parte seria. Non voglio comunque chiudere tralasciando una deleteria nota umoristica, di quelle che fanno male solo a me: uno sarà anche l’Antipatico pubblico numero 1 MA l’altro è il cocco della maestra.

Sono sicuro che anche alle elementari avesse convinto tutti dell’utilità di modificare le regole per l’elezione del capoclasse.

1.895.332

1.895.332. Sono i voti (fonte: sito nazionale PD) ottenuti da Matteo Renzi alle primarie per l’elezione del segretario nazionale PD. E’ il dato ufficiale, così come quello dei votanti: 2.797.938 che, aggiungendo i connazionali all’estero, diventano 2.814.881. Accade, tuttavia, da qualche tempo, un fenomeno curioso: qualsiasi riserva o domanda si rivolga al nuovo segretario PD o a qualcuno dei suoi collaboratori, la risposta inizia con il ricordare l’esito delle votazioni primarie, a guisa di argomento definitivo e tranchant e magari, per dare maggior peso al concetto, aumentandone le dimensioni. E’ già accaduto di sentir attribuire all’indiscusso vincitore delle primarie la cifra di duemilionisettecentomila preferenze (cioè, quasi il totale dei votanti); nell’intervista pubblicata questa mattina da La Stampa, Renzi fa addirittura l’en plein: “(..) io ho ricevuto un mandato popolare, tre milioni di persone che mi hanno votato perché hanno condiviso quel che ho promesso che avrei poi fatto.”

L’intera cifra dei votanti, più, evidentemente, quelli che hanno mandato la giustificazione dei genitori ma, se non avessero avuto l’influenza, avrebbero votato per lui. Sto scherzando e magari la cifra è venuta fuori così, per la foga dell’argomento o un’errata trascrizione del testo dell’intervista. Oppure no, questo tormentone del “ho preso una valanga di voti quindi ho ragione io” è il segno vero di questo self-proclaimed rinnovamento, fatto solo di prepotenza e di idee appena abbozzate perché “Renzi non si cura dei dettagli” (rileggetevi l’intervista di Gutgeld, qualche post fa). Come un pessimo gruppo metal, il segretario-sindaco non si premura di suonare seriamente e di avere almeno un chitarrista degno di questo nome ma soltanto di alzare il livello degli amplificatori. Rumore politico.

Da ultimo, se avrete la pazienza di leggere l’intervista, fate un piccolo esercizio: rilevate, a vostro giudizio, qual’è l’affermazione più forte, più netta e decisa. Per me, é questa: “(..) Lui, Enrico (Letta), è stato portato al governo anni fa da D’Alema, che io ho combattuto e combatto in modo trasparente”. Questo è l’uomo che vorrebbe accreditarsi come segretario di tutto il PD, come l’uomo del plebiscito. Lui combatte D’Alema – che non ha incarichi, che ha di molto ridotto l’attività all’interno del partito e che, in ogni caso, non dovrebbe rappresentare un gran pericolo per qualcuno che ha davvero ottenuto 1.895.332 voti – ed ha preso tre milioni di voti, quindi ha ragione lui, su qualsiasi cosa.

Prima che arriviamo alle folle oceaniche ed al consenso obbligato, ribadisco che io non l’ho votato e che sto bene, anche dalla parte del torto.