Nel merito del merito

http://www.youdem.tv/doc/276858/renzi-cambieremo-litalia-posso-perdere-le-elezioni-non-la-faccia.htm

Condivido per NON condividere: agli studenti della Georgetown University è stata propinata una lezione di meritocrazia da parte di un Premier il cui principale merito non è quello di essere stato eletto con un voto (e anche il voto elettorale è una misura di merito) bensì quello di essere entrato nel merito di uno statuto di partito per modificarlo a proprio esclusivo vantaggio: senza queste modifiche, non avrebbe potuto partecipare alle primarie (dato che ricopriva già una carica pubblica dalla quale avrebbe prima dovuto dimettersi) né far partecipare alle votazioni i non iscritti, quando solo gli iscritti avrebbero titolo di merito per eleggere un segretario nazionale di partito (è come se per eleggere l’amministratore delegato di un’azienda, il consiglio di amministrazione facesse votare anche l’omologo organismo delle aziende concorrenti). Con quale merito, quindi, il Premier discetta di merito ai meritevoli studenti della Georgetown? Facile: per meriti acquisiti, come le riforme. A tirar fuori documenti dai cassetti e far finta che siano idee sue, è bravissimo: di questo, bisogna dargli merito.

La certezza della certezza del Diritto

Conferenza stampa Governo fine anno 2014

Io sono di parte. E ascolto black-metal, ciò che non predispone certo alla fiducia e all’armonia universali. Quindi, vi riporto pari pari quello che ho letto e vediamo se anche voi lo capite allo stesso modo. Argomento e, a seguire, testo:

“CONSIGLIO DEI MINISTRI DEL 24/12/2014
CERTEZZA DEL DIRITTO TRA FISCO E CONTRIBUENTE

Certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente (decreto legislativo – esame preliminare)

Il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell’Economia e Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato in via preliminare il decreto legislativo sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente.”

Ok. Ecco cosa si legge, tra l’altro, nel testo approvato:

“Articolo 3
(Modifica dell’articolo 2 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)
1. L’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, è sostituito dal seguente:
“1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi fino a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni, relative a dette imposte, elementi passivi fittizi quando l’ammontare è superiore ad euro 1000”. ”

Inoltre:

““ ART. 3
(Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici)
1. Fuori dai casi previsti dall’articolo 2, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, è superiore a euro un milionecinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, è superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila”

Conclusione: se siete sopravvissuti alla lettura, giunti fino qui non vi viene il dubbio che sia stato depenalizzato un reato non lieve, ovvero l’emissione di fatture false? Fatemi sapere.

Vae Victis

Orfini Corsera 26112014

 

“Vae Victis”, ‘guai ai vinti’, sembra proclamare, nelle dichiarazioni riportare dal Corriere della Sera di questa mattina, il Presidente PD Matteo Orfini, rivolgendosi ai reprobi della minoranza del partito, rei di non avere fatto convergere un voto (possibilmente, entusiastico) sul Jobs Act di S.E. il Presidente del Consiglio. Meno pacato e sereno dell’intervista video di poche ore prima ma comunque ispirato, il Presidente ha voluto commentare le vicende politiche ultime con queste alate parole:

“Sono vittime di protagonismo a fini di posizionamento interno. Ma alla fine si sono autoisolati. E poi quanti sono, 30? Il dieci per cento del gruppo PD bel risultato: vi ricordo che contro Renzi all’inizio c’era la maggioranza dei deputati. E poi questa è tutta gente che ha ingoiato senza dar cenni di sofferenza il voto sul pareggio di bilancio in Costituzione e la legge Fornero”.

Che eleganza, che squisitezza di pensiero. Si aggiunga che, sempre secondo il Corriere, Orfini avrebbe anche liquidato i dissidenti alla stregua di “primedonne”, tout court. Quindi, ‘primedonne’ ‘vittime di protagonismo’, ‘gente che ha ingoiato’. Sì sa, il Presidente è giovane; e quando il testosterone politico incalza, si rischia sempre un filo di misoginia dialettica. E’ normale. Quello che sorprende, viceversa, nella trasformazione da Giovane Turco a Giovane Gallo (quello del “Vae Victis” era Brenno, il nonno di Asterix) è il ricorso neppure tanto celato a una tattica molto, molto più vecchia di lui.

Si chiama “demonizzazione dell’avversario” e, piaccia o no quest’affermazione, è una strategia da vecchi comunisti, da stalinisti (per la precisione): è l’estrema difesa (perché è sempre l’attacco la migliore forma di difesa così come la politica è la continuazione della guerra senza indossare divise) a cui ricorrere quanto non si hanno solidi argomenti e quando, soprattutto, gli argomenti dei competitors appaiono non del tutto privi di concretezza. Demonizzare l’avversario rivela un tratto ideologico, diciamo.

Probabilmente, esperto di stile politico e di musica metallica com’é, il Presidente Ispirato ha voluto concedersi una pausa retrò dall’impegno incessante alla ricerca del nuovo e del progressivo; vogliamo qui aiutarlo a riprendere la rincorsa con qualcosa di assolutamente attuale, tanto nell’edizione quanto nel testo. Soltanto, ognuno di noi, queste parole, le ascolterà con un orecchio differente: eppure, l’ispirazione è la stessa.

“Let new life be, Old life goodbye, and now we die/For we are One/Forever young/And with this now we die/Are you ready, standing at the edge of the world”

 

Ispirazione

 

Matteo Orfini

Ispirazione, questa è la parola chiave: secondo il giovane – ma non più turco – Presidente del PD, Matteo Orfini, rivoltosi in una dichiarazione odierna a quanti ancora si ostinano a non condividere il processo di riforme presentato dal Governo (minoranza Pd e organizzazioni sindacali, per cominciare), “si può non essere d’accordo su un provvedimento, però l’ispirazione è la stessa” e anche chi non ha votato oggi in aula “nel tempo (…) si renderà conto che questo è un provvedimento che fa bene al mondo del lavoro”.

Nel tempo di questa intervista, il Presidente PD mantiene lo sguardo, ispirato sebbene lievemente accigliato, fisso sugli interlocutori; sembra più parlare a sé stesso che alla platea, pur esprimendo concetti precisi e pensati. Di più, ispirati: l’ispirazione è la stessa, come non vederlo? Renzi e Cuperlo non sono d’accordo neppure sull’ora (l’orologio di Renzi infatti va avanti mentre quello di Cuperlo, si sa, segna le ore in numeri romani) ma l’ispirazione è la stessa. Il Governo e le Organizzazioni Sindacali non riescono a sedersi allo stesso tavolo neppure al ristorante ma l’ispirazione è la stessa (tutti hanno delle crepes nelle proprie teorie, infatti). Se ci penso bene, io stesso dissento dal Cavalier Silvio Berlusconi anche sull’aria che respiriamo, tuttavia l’ispirazione (calcistica) è la stessa: rossonera. Per inciso, sembrerebbe la stessa anche del Presidente PD, d’ora in avanti il Presidente ispiratore.

E poiché i toni pacati, sereni e affabili di Matteo Orfini finiscono con l’essere contagiosi, colgo l’ispirazione al balzo e intravedo la nuova evoluzione del PD, formale e importante: la chiave è nel passaggio in cui il Presidente pronuncia le parole “nel tempo”. Certo, nel tempo: si sa, il tempo sana tutti i mali, fastidiose minoranze incluse. Senza perder tempo, però, è pronto il passo in avanti della struttura. Da Partito Democratico a Passate Domani.

Domani, è un altro giorno.

Evolvendo

Giuliano Poletti

Non c’è dubbio: il nostro paese sta cambiando, si sta evolvendo. E’ un’evoluzione talmente rapida e concitata da produrre in più d’uno un curioso “effetto giostra”, una vertigine – insomma: un momento di confusione. Si spiega, quindi, perché oggi Sua Eccellenza il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, On.Giuliano Poletti, già presidente di Legacoop Nazionale, a margine del suo mancato intervento al XVI Congresso nazionale della U.I.L., abbia ritenuto di esprimere il proprio giudizio sull’indizione di uno sciopero generale in questi termini:

«Ho già detto in generale, rispetto alle motivazioni portate che sui temi della legge di stabilità e del Jobs act ritengo non ci siano le motivazioni per una decisione così importante come lo sciopero generale. Le organizzazioni si prendono la responsabilità di ciò che decidono» (fonte).

Fermo fotogramma: opinione legittima e rispettabile, interlocutore autorevole, puntualizzazione decisa e chiara. Troppo decisa e chiara: nello slancio, forse provato – ancorché da spettatore – dall’ennesimo rollercoaster assembleare del Patimento Duodenale, S.E. il Ministro si fa sfuggire quel “ritengo..” COME SE fosse mai spettato – o spettasse da oggi, dopotutto il nostro paese si evolve, va veloce – al Governo valutare la sussistenza di opportune e gravi ragioni per indire uno sciopero. In un Paese Democratico, ove si tratti di difesa dei Lavoratori e dei diritti, spetta alle Organizzazioni Sindacali, questa valutazione: dissentire dalle ragioni non deve far perdere di vista questo punto formale e sostanziale. Per capirci meglio: S.E. il Ministro troverebbe corretto se un sindacato (o, orrore!, un partito, fosse anche il Perpetuo Dibattere) stabilisse per Lui i criteri guida del suo Ministero? Lo considererebbe spirito di servizio o una plateale invasione di campo?

Il paese. intanto, evolve. Rapidamente. Non sarà dunque lontano il giorno felice in cui, per convocare uno sciopero, occorrerà prima ascoltare il parere della Protezione Civile, trattandosi infatti di masse in movimento incontrollato. La Democrazia è importante.

Ma, hai visto mai che esondi?

Assoggetta alla critica

Davide Serra
Davide Serra

 

“La sede in un paradiso fiscale non è un illecito, ma è un fatto che si assoggetta alla critica di appartenere a una legislazione non trasparente”. Queste le conclusioni del sostituto procuratore di Milano, Luigi Orsi, nella causa intentata dal finanziere Davide Serra avverso l’ex-segretario nazionale del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, reo d’essersi riferito a lui con l’ormai celebre frase “Direi che qualcuno che ha la base alle Cayman non può permettersi di dare giudizi”. La vicenda traeva origine dalle critiche, non certo lievi, che Serra aveva rivolto a Bersani in tema di politica economica, critiche altresì accompagnate dal pubblico sostegno di Serra a Matteo Renzi, all’epoca ‘solo’ sindaco di Firenze e membro non-frequentante della direzione nazionale (una più estesa ricostruzione in questo articolo dell’Espresso). Chi di spada ferisce di spada perisce, soprattutto in politica ma Serra non aveva ritenuto di limitarsi a incassare la risposta tranchant di Bersani, per cui – non senza grancassa mediatica – aveva scelto di portare la questione in tribunale.

Chissà se il finanziere si rende conto d’avere peraltro contribuito a un ulteriore ingolfamento e rallentamento di quell’apparato giudiziario che di sovrabbondanza d’incartamenti e discussioni inutili già sta soffocando; speriamo che almeno si renda conto della durezza (magari anche della pesantezza) insita nell’elegante frase con la quale il Pm ha chiuso la questione: quel “è un fatto che si assoggetta alla critica” vale più d’un intero discorso e tracima dagli argini della questione in sé come un fiume in piena. A differenza tuttavia dei danni che l’umanità s’infligge con il dissesto idrogeologico, questa definizione danneggia soltanto l’arroganza, la pienezza di sé, la pretenziosità di tutti quanti, in Italia e non solo, pretendono di disattendere le regole della comunità, vantarsene e per di più risultare immuni alle critiche.

Insomma, Andersen revisited: l’Imperatore non è più soltanto nudo, non si “assoggetta alla critica” per l’esposizione delle sue nudità e cita in giudizio il bambino, colpevole d’avere descritto la sua palese condizione. La quale, guarda un po’ che s’inventa il Pm, non è un illecito ma “un fatto”. E i fatti, nella loro concretezza, si possono osservare, considerare, condividere e, qualche volta, persino criticare.

P.s.: sentitevi liberi di NON condividere quanto ho appena scritto: questo blog si assoggetta alla critica ben volentieri, senza far perdere tempo alla magistratura – e soldi alla collettività: triviale ma è un fatto. Vediamo se questi due semplici concetti entrano in testa a qualcuno, cominciando da una certa classe politica che si assoggetta soltanto agli applausi degli amichetti.

 

Posto

Renzi Leopolda 5

“Il mondo è cambiato, il posto fisso non c’è più”

“D’ora in avanti, l’unica certezza sarà l’incertezza del posto di lavoro”

Di queste due frasi, la prima è una citazione testuale, la seconda un indelebile ricordo mnemonico. Sembrano entrambe pronunciate in questi giorni ma non è così: la prima, appartiene al Premier/Segretario Matteo Renzi, è di oggi. La seconda, è di Luigi Abete, pronunciata durante l’incarico di presidente di Confindustria, tra il 1992 e il 1996. Sembrano saldarsi alla perfezione e in effetti lo fanno.

Lo slogan della 5a edizione della cosiddetta Leopolda è stato “Il futuro è solo l’inizio”.

Il Premier deve essere un fan di Star Trek: e a curvatura 2.0 ha appena saldato il futuro al passato.

 

 

Non dire falso tesseramento

 

DeGasperi_U2_Renzi

“Dopo le discussioni in Direzione, ci sono stati grandi scontri mediatici dentro il Pd per la questione tesseramento. In soldoni: nei primi mesi dell’anno abbiamo avuto un crollo degli iscritti (pare che solo 1/5 abbia rifatto la tessera). Qualcuno ha detto che il Pd ha questo crollo perché non è in salute. A me pare che un partito che arriva dove non arrivava nessuno dal 1958, vince tutte le Regionali in trasferta (Piemonte, Abruzzo, Sardegna), stravince nei Comuni è un partito che gode di buona salute. Ma non possiamo girarci intorno: il tema tesseramento esiste. Poi io posso dire che preferisco avere una tessera finta in meno e un’idea in più“. Lo scrive sulla sua Enews il presidente del Consiglio Matteo Renzi e segretario del Pd Matteo Renzi. (fonte: AdnKronos)

Che cosa vuole dire il Premier/Segretario/Rottamatore, quando parla di tessere ‘finte’? A chi si rivolge, e con quale idea di partito e di storia in mente? Di sicuro, tradisce la sua limitata visione da piccolo integralista cattolico mediterraneo: lui è il vero e in verità, in verità ci dice che chi dissente da lui è falso. Chi mette in discussione – secondo regole democratiche che esistono e sono rispettate da millenni e comunque da prima che il Premier venisse alla luce – le sue affermazioni, e ancora più le sue proposte, commette eresia. E guai a fargli notare un triviale calo numerico, a tesseramento ancora in corso, sul numero degli iscritti. “Meglio una tessera finta in meno”.

Poiché, per la prima volta dal 1991 (anno di fondazione del Partito Democratico della Sinistra), non ho ancora deciso di rinnovare la mia iscrizione all’attuale Partito Democratico, devo ritenere di essere stato per ben 24 anni titolare di una tessera falsa, pur avendo (nel mio infimo) portato, nel corso del tempo, il mio contributo di idee (almeno, io le spaccio per tali). Ho provato, a portare un’idea in più, senza mai pormi il dubbio di custodire in tasca una tessera farisaica: non mi sarebbe mai venuto in mente, né per me né per chi, di volta in volta, ha condiviso o meno (molto meno) le mie idee. In un Partito Democratico normale, diciamo, si dovrebbero rispettare regole democratiche senza pretendere d’essere in assoluto nel giusto e nel vero. A meno di non considerare il Partito come il proprio tempio e avere deciso di scacciare i mercanti – ma solo quelli della concorrenza.

P.s.: nell’immagine vedete riprodotta un’opera del futuro Segretario/Premier, ecc. Ognuno ha i suoi punti di riferimento. Io, senza pretesa alcuna di rappresentare la mia generazione, sto tra D’Alema e gli Emperor. Insomma, metallico e orgoglioso di esserlo – ma soprattutto: metallo buono, mica moneta falsa. Volete darmi un morso?

L’Antipatico pubblico numero 1 e l’Altro

Yes We BanD’Alema_Renzi_Verdini

L’Antipatico pubblico numero 1 e l’Altro: D’Alema e Renzi, basta nominarli (soprattutto il primo) e si scatenano i dissidi. Io sono di parte, esercito da sempre la mia dose di antipatia naturale – è un dono alla rovescia: anche quando risulti utile e (pro)positivo, non ti ringrazia nessuno, anzi. Questo non mi trattiene, ad ogni modo, da fare anche oggi la mia parte, con una piccola sfida.

Leggete l’intervista (il link è qui sopra) MA fate finta che l’intervistato non sia D’Alema; ed evitate di sovrapporre la figura di Renzi a quella del Premier. Insomma, escludete dal testo ogni e qualsiasi riferimento e caratterizzazione personale e ascoltate solo gli argomenti. Soppesateli. La mia convinzione è che, alla fine, vi scoprirete più o meno antipatici anche voi.

Questa era la parte seria. Non voglio comunque chiudere tralasciando una deleteria nota umoristica, di quelle che fanno male solo a me: uno sarà anche l’Antipatico pubblico numero 1 MA l’altro è il cocco della maestra.

Sono sicuro che anche alle elementari avesse convinto tutti dell’utilità di modificare le regole per l’elezione del capoclasse.

Diario di viaggio, grazie, sì.

Renzi diario di viaggio USA

Ascoltate il diario di viaggio USA del Premier Renzi. E’ probabile che, come me, a 0:55′ non ne possiate già più – e dura 4:05′. Ne vale la pena, comunque: il Premier traccia un bilancio del suo viaggio negli Stati Uniti; un viaggio che, solo l’altro ieri, quando il centrosinistra ancora ragionava e si poneva dubbi, sarebbe stato accolto da una valanga di critiche. La visita ai sancta sanctorum della tecnologia e dell’industria USA (alle cui fortune, chissà, contribuisce in qualche modo la storica mortificazione del meglio della nostra industria informatica e automobilistica); il riferimento all’operazione “Mare Nostrum” e ancora più quello alle Nazioni Unite come se l’una e l’altra fossero, in questo momento, risposte sufficienti ed esaurienti ai problemi che sono chiamate ad affrontare. E la beatificazione di Sergio Marchionne, la cui biografia aggiornata, oramai, contiene soltanto il capitolo Fiat-Chrysler: e anche quello, depurato di tutte le ombre.

Non mancano i momenti cult, cominciando dalla pronuncia di “Yahoo” che diventa quasi il marchio di una nota casa produttrice di yoghurt; e le due citazioni “doc” per arricchire il discorso. Della prima, la sola nota d’interesse è che appartiene a Giorgio La Pira, storico sindaco di Firenze: per carità, siamo italiani, non facciamoci mai mancare un po’ d’aria di casa (non si sarà anche portato la pasta, negli States?) . La seconda, che vorrebbe essere la summa non soltanto del viaggio ma di tutti il Renzi-pensiero nonché manifesto dell’azione di governo, una frase di Dag Hammarskjold, segretario generale dell’Onu dal 1953 al 1961, quando morì in un incidente aereo mentre si recava in Congo per risolvere la grave crisi politica in corso (mi tengo la dietrologia per un’altra volta):

“Al  passato, grazie. Al futuro, sì”.

Detta dal defunto segretario Onu, ha un senso preciso e profondo. Detta dall’uomo del cronoprogramma, dei cento giorni che diventano mille, delle segreterie alle sette del mattino, beh, suscita un dubbio: e per il presente?

YAKU’!