Non dire falso tesseramento

 

DeGasperi_U2_Renzi

“Dopo le discussioni in Direzione, ci sono stati grandi scontri mediatici dentro il Pd per la questione tesseramento. In soldoni: nei primi mesi dell’anno abbiamo avuto un crollo degli iscritti (pare che solo 1/5 abbia rifatto la tessera). Qualcuno ha detto che il Pd ha questo crollo perché non è in salute. A me pare che un partito che arriva dove non arrivava nessuno dal 1958, vince tutte le Regionali in trasferta (Piemonte, Abruzzo, Sardegna), stravince nei Comuni è un partito che gode di buona salute. Ma non possiamo girarci intorno: il tema tesseramento esiste. Poi io posso dire che preferisco avere una tessera finta in meno e un’idea in più“. Lo scrive sulla sua Enews il presidente del Consiglio Matteo Renzi e segretario del Pd Matteo Renzi. (fonte: AdnKronos)

Che cosa vuole dire il Premier/Segretario/Rottamatore, quando parla di tessere ‘finte’? A chi si rivolge, e con quale idea di partito e di storia in mente? Di sicuro, tradisce la sua limitata visione da piccolo integralista cattolico mediterraneo: lui è il vero e in verità, in verità ci dice che chi dissente da lui è falso. Chi mette in discussione – secondo regole democratiche che esistono e sono rispettate da millenni e comunque da prima che il Premier venisse alla luce – le sue affermazioni, e ancora più le sue proposte, commette eresia. E guai a fargli notare un triviale calo numerico, a tesseramento ancora in corso, sul numero degli iscritti. “Meglio una tessera finta in meno”.

Poiché, per la prima volta dal 1991 (anno di fondazione del Partito Democratico della Sinistra), non ho ancora deciso di rinnovare la mia iscrizione all’attuale Partito Democratico, devo ritenere di essere stato per ben 24 anni titolare di una tessera falsa, pur avendo (nel mio infimo) portato, nel corso del tempo, il mio contributo di idee (almeno, io le spaccio per tali). Ho provato, a portare un’idea in più, senza mai pormi il dubbio di custodire in tasca una tessera farisaica: non mi sarebbe mai venuto in mente, né per me né per chi, di volta in volta, ha condiviso o meno (molto meno) le mie idee. In un Partito Democratico normale, diciamo, si dovrebbero rispettare regole democratiche senza pretendere d’essere in assoluto nel giusto e nel vero. A meno di non considerare il Partito come il proprio tempio e avere deciso di scacciare i mercanti – ma solo quelli della concorrenza.

P.s.: nell’immagine vedete riprodotta un’opera del futuro Segretario/Premier, ecc. Ognuno ha i suoi punti di riferimento. Io, senza pretesa alcuna di rappresentare la mia generazione, sto tra D’Alema e gli Emperor. Insomma, metallico e orgoglioso di esserlo – ma soprattutto: metallo buono, mica moneta falsa. Volete darmi un morso?

La Lega Dei Gentiluomini Straordinari In Bianco.

 

Potere all'Uomo in ammollo
La Lega Dei Gentiluomini Straordinari In Bianco

L’ultimo post qui pubblicato risale a piu’ di quattro mesi fa. Nel frattempo, non mi sembra che le cose – in generale – siano migliorate gran che. Certo, da ieri, ci sono loro, la Lega Dei Gentiluomini Straordinari In Bianco; da ieri, e’ definitivamente chiaro qual e’ il percorso – e qual’e’ il programma – per risolvere i problemi (politici, economici, sociali) in Europa e in Italia.

Potere all’Uomo in ammollo.

24:p.d. – Leave Another Day

[banner network=”altervista” size=”300X250″]Quello che segue accade tra le 05:00′ e le 06:00′

Roma, nei pressi del Colosseo. L’agente Giacomo “Jack” Bauer, del Controllo Tenuta Unitaria scivola nelle ultime ombre della notte (che sono in realtà le prime luci dell’alba, ma non se n’è accorto: ha gli occhiali scuri), guidato da una segnalazione. Dal satellite del Partito, in orbita attorno a Ostia Lido – è un satellite sostenuto dallo sforzo dei volontari e dei militanti, di più non si poteva – è stato informato di una presenza imprevista tra gli spalti dell’antica arena.

Un giovane gladiatore turco.

Quindi, un gladiatore sveglio e attento: prima che Bauer riesca a scivolare tra le ombre delle arcate (che non fanno ombra, infatti erano riservate al pubblico vulgaris), lo apostrofa con voce solo leggermente annoiata: “Bauer. Ancora quella vecchia solfa del CTU. Lo sa che il vero guaio di questo partito è proprio la rimozione del conflitto?”

“Rimozione, Signore? Credo non mi siano state ancora rimosse le ultime pallottole che ho preso per il partito, Signore. Intendeva questo?”, ribatte, in tono afflitto, l’agente. Orfini solleva il mento e si gratta con delicatezza la barba, più folta di quanto l’iconografia del luogo consiglierebbe. Riflette. Nel frattempo, lancia due tweet. Alla fine, riprende, con aria assorta (simile allo scivolare nelle ombre di Bauer): “Agente, nel modo in cui stiamo nel governo abbiamo cancellato l`idea del conflitto: non si sa cosa ci stiamo a fare, per rappresentare chi. I nostri ministri, dal presidente del consiglio al capodelegazione Franceschini, sembrano ministri tecnici. Non fanno un`iniziativa che porti nell`agenda di governo il nostro punto di vista. L’ho dichiarato al Manifesto”

“Lo sappiamo, Signore. Seguiamo con attenzione i suoi movimenti, Lei pensa che nel partito ci siano professionisti del conflitto?”. Orfini si volta, osservando l’agente con malcelata contrarietà: “Ma mi ascoltate, oltre a seguirmi? Se c`è una cosa che abbiamo pagato in questi anni è la rimozione del conflitto, che è la fisiologia della democrazia. Teorizzare la fine del conflitto ha prodotto enormi vantaggi per i più forti. È una delle ragioni per cui sono aumentate le diseguaglianze. E per cui la sinistra ha tradito se stessa. Negare l`esistenza di contrapposizioni di interessi nella società significa smettere di rappresentare i più deboli e, per la sinistra, perdere di senso: quello che ci è accaduto. Ce ne fossero, di professionisti del conflitto, non saremmo ridotti così».

“Con tutto il rispetto, Signore ho sempre creduto che ci fossimo ridotti così per il nostro dna divisionista. La sinistra non esiste, se non si frantuma – sempre con tutto il rispetto, Signore. Non mi sembra un modo sereno di prepararsi al congresso”

Orfini sbuffa, senza darlo a vedere, mentre lancia un post su Facebook e due sms: Bauer è vecchio, come personaggio e come serie. Gli ascolti calano, inutile perdere tempo con lui. Comunque, già che c’è, risponde. “Se non c`è la crisi di governo, il congresso va fatto. Non capisco il gruppo dirigente asserragliato al Nazareno che cerca di ritardarne in tutti i modi la convocazione. E visto che molti agiscono in nome di Bersani, spero che Bersani prenda le distanze e dia una mano a convocare rapidamente la data. Lo riferisca ai suoi superiori, Bauer”. Si gratta ancora la barba, quindi, con plastico movimento aggraziato, si appoggia alla balaustra, contemplando l’arena. “Dovremmo tenerlo qui il congresso, un’assemblea di gladiatori della politica che lottano per la primazìa inter pares delle idee. Com’era, questa, Jack? Ho un’altra intervista, stamattina”

Bauer è ancora fermo al conflitto ma non rimuove il suo imbarazzo. “Buona, Signore. Pensa anche di sfilare davanti al reggente Epifani declamando ‘Ave Guglielmo MoriTURCHI Te Salutant’?”. A questa battuta, Orfini si porta una mano allo stomaco (con l’altra risponde ad un messaggio da WhatsApp), simulando un’improvvisa fitta: “Vede, Bauer, questa è proprio una battuta idiota, degna di quel rottamato che gliel’ha scritta. Riferisca anche questo”. A questo punto, il giovane dirigente volta le spalle all’agente del CTU, ignorandolo. Riprende ad accarezzarsi la barba, pensoso. Nel medesimo istante, posta un nuovo intervento, senza accorgersi che sta usando l’orologio.

Bauer lo osserva, pensoso a sua volta, solo per un attimo, mentre si allontana, ombra tra le ombre (eddai). Prima di abbandonare gli spalti, osserva ancora: c’è qualcosa.. nell’aria.. Si accorge che Orfini sta vistosamente annusando. E prima che Bauer possa fare domande, Orfini posta a voce alta.

“Mi piace, l’odore del conflitto di prima mattina. Profuma di.. segreteria”

05:59′:57″ … 05:59′:58 …  05:59′:59″

N.B.: quelle in grassetto, sono dichiarazioni testuali, dalla citata intervista. Tutto il resto, as usual, è mio: e mi assumo la responsabilità solo della mia parte. Così. Senza rimuovere.