Vae Victis

Orfini Corsera 26112014

 

“Vae Victis”, ‘guai ai vinti’, sembra proclamare, nelle dichiarazioni riportare dal Corriere della Sera di questa mattina, il Presidente PD Matteo Orfini, rivolgendosi ai reprobi della minoranza del partito, rei di non avere fatto convergere un voto (possibilmente, entusiastico) sul Jobs Act di S.E. il Presidente del Consiglio. Meno pacato e sereno dell’intervista video di poche ore prima ma comunque ispirato, il Presidente ha voluto commentare le vicende politiche ultime con queste alate parole:

“Sono vittime di protagonismo a fini di posizionamento interno. Ma alla fine si sono autoisolati. E poi quanti sono, 30? Il dieci per cento del gruppo PD bel risultato: vi ricordo che contro Renzi all’inizio c’era la maggioranza dei deputati. E poi questa è tutta gente che ha ingoiato senza dar cenni di sofferenza il voto sul pareggio di bilancio in Costituzione e la legge Fornero”.

Che eleganza, che squisitezza di pensiero. Si aggiunga che, sempre secondo il Corriere, Orfini avrebbe anche liquidato i dissidenti alla stregua di “primedonne”, tout court. Quindi, ‘primedonne’ ‘vittime di protagonismo’, ‘gente che ha ingoiato’. Sì sa, il Presidente è giovane; e quando il testosterone politico incalza, si rischia sempre un filo di misoginia dialettica. E’ normale. Quello che sorprende, viceversa, nella trasformazione da Giovane Turco a Giovane Gallo (quello del “Vae Victis” era Brenno, il nonno di Asterix) è il ricorso neppure tanto celato a una tattica molto, molto più vecchia di lui.

Si chiama “demonizzazione dell’avversario” e, piaccia o no quest’affermazione, è una strategia da vecchi comunisti, da stalinisti (per la precisione): è l’estrema difesa (perché è sempre l’attacco la migliore forma di difesa così come la politica è la continuazione della guerra senza indossare divise) a cui ricorrere quanto non si hanno solidi argomenti e quando, soprattutto, gli argomenti dei competitors appaiono non del tutto privi di concretezza. Demonizzare l’avversario rivela un tratto ideologico, diciamo.

Probabilmente, esperto di stile politico e di musica metallica com’é, il Presidente Ispirato ha voluto concedersi una pausa retrò dall’impegno incessante alla ricerca del nuovo e del progressivo; vogliamo qui aiutarlo a riprendere la rincorsa con qualcosa di assolutamente attuale, tanto nell’edizione quanto nel testo. Soltanto, ognuno di noi, queste parole, le ascolterà con un orecchio differente: eppure, l’ispirazione è la stessa.

“Let new life be, Old life goodbye, and now we die/For we are One/Forever young/And with this now we die/Are you ready, standing at the edge of the world”

 

Ispirazione

 

Matteo Orfini

Ispirazione, questa è la parola chiave: secondo il giovane – ma non più turco – Presidente del PD, Matteo Orfini, rivoltosi in una dichiarazione odierna a quanti ancora si ostinano a non condividere il processo di riforme presentato dal Governo (minoranza Pd e organizzazioni sindacali, per cominciare), “si può non essere d’accordo su un provvedimento, però l’ispirazione è la stessa” e anche chi non ha votato oggi in aula “nel tempo (…) si renderà conto che questo è un provvedimento che fa bene al mondo del lavoro”.

Nel tempo di questa intervista, il Presidente PD mantiene lo sguardo, ispirato sebbene lievemente accigliato, fisso sugli interlocutori; sembra più parlare a sé stesso che alla platea, pur esprimendo concetti precisi e pensati. Di più, ispirati: l’ispirazione è la stessa, come non vederlo? Renzi e Cuperlo non sono d’accordo neppure sull’ora (l’orologio di Renzi infatti va avanti mentre quello di Cuperlo, si sa, segna le ore in numeri romani) ma l’ispirazione è la stessa. Il Governo e le Organizzazioni Sindacali non riescono a sedersi allo stesso tavolo neppure al ristorante ma l’ispirazione è la stessa (tutti hanno delle crepes nelle proprie teorie, infatti). Se ci penso bene, io stesso dissento dal Cavalier Silvio Berlusconi anche sull’aria che respiriamo, tuttavia l’ispirazione (calcistica) è la stessa: rossonera. Per inciso, sembrerebbe la stessa anche del Presidente PD, d’ora in avanti il Presidente ispiratore.

E poiché i toni pacati, sereni e affabili di Matteo Orfini finiscono con l’essere contagiosi, colgo l’ispirazione al balzo e intravedo la nuova evoluzione del PD, formale e importante: la chiave è nel passaggio in cui il Presidente pronuncia le parole “nel tempo”. Certo, nel tempo: si sa, il tempo sana tutti i mali, fastidiose minoranze incluse. Senza perder tempo, però, è pronto il passo in avanti della struttura. Da Partito Democratico a Passate Domani.

Domani, è un altro giorno.

24:p.d. – Leave Another Day

[banner network=”altervista” size=”300X250″]Quello che segue accade tra le 05:00′ e le 06:00′

Roma, nei pressi del Colosseo. L’agente Giacomo “Jack” Bauer, del Controllo Tenuta Unitaria scivola nelle ultime ombre della notte (che sono in realtà le prime luci dell’alba, ma non se n’è accorto: ha gli occhiali scuri), guidato da una segnalazione. Dal satellite del Partito, in orbita attorno a Ostia Lido – è un satellite sostenuto dallo sforzo dei volontari e dei militanti, di più non si poteva – è stato informato di una presenza imprevista tra gli spalti dell’antica arena.

Un giovane gladiatore turco.

Quindi, un gladiatore sveglio e attento: prima che Bauer riesca a scivolare tra le ombre delle arcate (che non fanno ombra, infatti erano riservate al pubblico vulgaris), lo apostrofa con voce solo leggermente annoiata: “Bauer. Ancora quella vecchia solfa del CTU. Lo sa che il vero guaio di questo partito è proprio la rimozione del conflitto?”

“Rimozione, Signore? Credo non mi siano state ancora rimosse le ultime pallottole che ho preso per il partito, Signore. Intendeva questo?”, ribatte, in tono afflitto, l’agente. Orfini solleva il mento e si gratta con delicatezza la barba, più folta di quanto l’iconografia del luogo consiglierebbe. Riflette. Nel frattempo, lancia due tweet. Alla fine, riprende, con aria assorta (simile allo scivolare nelle ombre di Bauer): “Agente, nel modo in cui stiamo nel governo abbiamo cancellato l`idea del conflitto: non si sa cosa ci stiamo a fare, per rappresentare chi. I nostri ministri, dal presidente del consiglio al capodelegazione Franceschini, sembrano ministri tecnici. Non fanno un`iniziativa che porti nell`agenda di governo il nostro punto di vista. L’ho dichiarato al Manifesto”

“Lo sappiamo, Signore. Seguiamo con attenzione i suoi movimenti, Lei pensa che nel partito ci siano professionisti del conflitto?”. Orfini si volta, osservando l’agente con malcelata contrarietà: “Ma mi ascoltate, oltre a seguirmi? Se c`è una cosa che abbiamo pagato in questi anni è la rimozione del conflitto, che è la fisiologia della democrazia. Teorizzare la fine del conflitto ha prodotto enormi vantaggi per i più forti. È una delle ragioni per cui sono aumentate le diseguaglianze. E per cui la sinistra ha tradito se stessa. Negare l`esistenza di contrapposizioni di interessi nella società significa smettere di rappresentare i più deboli e, per la sinistra, perdere di senso: quello che ci è accaduto. Ce ne fossero, di professionisti del conflitto, non saremmo ridotti così».

“Con tutto il rispetto, Signore ho sempre creduto che ci fossimo ridotti così per il nostro dna divisionista. La sinistra non esiste, se non si frantuma – sempre con tutto il rispetto, Signore. Non mi sembra un modo sereno di prepararsi al congresso”

Orfini sbuffa, senza darlo a vedere, mentre lancia un post su Facebook e due sms: Bauer è vecchio, come personaggio e come serie. Gli ascolti calano, inutile perdere tempo con lui. Comunque, già che c’è, risponde. “Se non c`è la crisi di governo, il congresso va fatto. Non capisco il gruppo dirigente asserragliato al Nazareno che cerca di ritardarne in tutti i modi la convocazione. E visto che molti agiscono in nome di Bersani, spero che Bersani prenda le distanze e dia una mano a convocare rapidamente la data. Lo riferisca ai suoi superiori, Bauer”. Si gratta ancora la barba, quindi, con plastico movimento aggraziato, si appoggia alla balaustra, contemplando l’arena. “Dovremmo tenerlo qui il congresso, un’assemblea di gladiatori della politica che lottano per la primazìa inter pares delle idee. Com’era, questa, Jack? Ho un’altra intervista, stamattina”

Bauer è ancora fermo al conflitto ma non rimuove il suo imbarazzo. “Buona, Signore. Pensa anche di sfilare davanti al reggente Epifani declamando ‘Ave Guglielmo MoriTURCHI Te Salutant’?”. A questa battuta, Orfini si porta una mano allo stomaco (con l’altra risponde ad un messaggio da WhatsApp), simulando un’improvvisa fitta: “Vede, Bauer, questa è proprio una battuta idiota, degna di quel rottamato che gliel’ha scritta. Riferisca anche questo”. A questo punto, il giovane dirigente volta le spalle all’agente del CTU, ignorandolo. Riprende ad accarezzarsi la barba, pensoso. Nel medesimo istante, posta un nuovo intervento, senza accorgersi che sta usando l’orologio.

Bauer lo osserva, pensoso a sua volta, solo per un attimo, mentre si allontana, ombra tra le ombre (eddai). Prima di abbandonare gli spalti, osserva ancora: c’è qualcosa.. nell’aria.. Si accorge che Orfini sta vistosamente annusando. E prima che Bauer possa fare domande, Orfini posta a voce alta.

“Mi piace, l’odore del conflitto di prima mattina. Profuma di.. segreteria”

05:59′:57″ … 05:59′:58 …  05:59′:59″

N.B.: quelle in grassetto, sono dichiarazioni testuali, dalla citata intervista. Tutto il resto, as usual, è mio: e mi assumo la responsabilità solo della mia parte. Così. Senza rimuovere.