Buone letture

Ho ascoltato in diretta il discorso di Gianni Cuperlo alla Convenzione Nazionale del PD. Sono già schierato con lui, sono convinto delle sue qualità e capacità da molto tempo; anche da prima di quel congresso di Firenze con il quale i DS scelsero di far parte del progetto Partito Democratico. Il discorso che Cuperlo pronunciò in quella occasione, ascoltato da una platea distratta dall’imminente intervento di un big, fu importante e netto, com’è tipico suo. Quel discorso conteneva l’ormai famosa ed abusata citazione di Umberto Saba, il poeta, ovvero “Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli”, che da sola spiega molte cose della storia, politica e sociale, del nostro paese – e di questo partito. Una citazione che altri, in apparenza insorti con la vocazione al parricidio, non arrivano neppure a sfiorare nella sua superficie. Il discorso di oggi non è arrivato a toccare punte di così feroce polemica intellettuale ma non è stato meno deciso, puntuale, ampio e programmatico. Citando valori, idee, musica (il ‘canone’ come metafora dei valori che mai dobbiamo trascurare e la cui validità non muta con il tempo) e letteratura sportiva (Osvaldo Soriano, filosofo del calcio come metafora della vita) ha stilato l’elenco delle cose da fare come partito, come forza sociale, come sinistra. Non ha negato errori, non si è concesso smargiassate: le riforme servono qui ed ora, non dal 9 dicembre e la rivoluzione, se davvero è questo che abbiamo in mente, non è un lavoro part-time, da alternare ad altri impegni. Detto questo, mi direte che ha letto il discorso (ve lo confermo, è difficile che vada a braccio) e che non lo ha interpretato: niente battute, niente pause (ha perfino interrotto gli applausi in un paio di circostanze), niente intonazioni ad effetto. Vero. La domanda tuttavia è: finalmente è arrivato il momento, in Italia ed a sinistra, di affidarsi a persone serie, responsabili e preparate anche se non brillanti o anche questa volta, in nome dello stramaledetto carisma (forza, fateci una finanziaria con il carisma..) ci affideremo a qualche simpatico improvvisatore?

(Se sono almeno riuscito ad incuriosirVi, il discorso di Cuperlo è sintetizzato qui).

The Walking PDead – stagione 2

Riassuntooh: la nuova stagione di Sbagliate Creanza è già stagionata. 150 anime ufficiali, ovvero uno sparuto drappello di ufficialmente vivi ed un crescente plotone di ufficialmente morti – ma in attività. I morti camminano sulla terra, percorrono le strade, rivendicano i propri diritti. E quindi..

“Si vota!” Un sorriso malizioso si dipinge sul viso del piccolo Matteo, nel momento in cui dà ufficialmente il via alle operazioni di voto. Non sono passati che pochi giorni dall’incontro notturno con l’ex-segretario, ex-tintore, ex-qualsiasi cosa Luca, eppure potrebbero essere passati mesi – anzi, a giudicare dalla qualità dei decadenti corpi che affollano la sede del Partito Progressista, ANNI. “Si vota, Signori!”, ripete, strofinando le paffute manine, osservando all’intorno: la sede non è piccola ma l’affollamento è tale da renderla insufficiente; manca persino l’aria, nonostante porte e finestre spalancate. Certo, il caldo soffocante è un problema solo per i pochi che ancora respirano..

Solo pochi giorni, nei quali Matteo, insieme a Sara, la fedele (ma a che?) vice-segretaria permanente (in quel momento, impegnata al seggio , indossando una maglietta con la dicitura: “Basta con il Governo delle Banche Intese”)  ed a Pier Paolo Dito, l’evoluente skater del Movimento 5 Rotelle (in quel momento, impegnato a spiegare, fuori dal seggio, che  “il nuovo sono io, sono io il nuovo – scusa mi raccogli l’occhio?”), ha convocato, organizzato e normato le votazioni per eleggere il nuovo segretario cittadino. Nuove regole, perché  il Partito Progressista deve essere trasparente ed aperto, aperto a tutta la società

Dalla porta aperta del partito aperto entra, a sorpresa, un pezzo di vecchio partito chiuso (che è chiuso in più d’un senso). Pallido, emaciato ma in buona salute (soprattutto in rapporto alla condizione di buona parte dei presenti), Luca fa il suo ingresso in quella stanza dove, fino ad un mese prima, svolgeva le sue funzioni politiche. E’ uscito dall’ospedale quella stessa mattina, dopo un intervento, riuscito, per riattaccare il braccio. Prima dell’operazione, si è assicurato che moncone e braccio staccato fossero adeguatamente disinfettati. A fuoco. Nessuna conseguenza, salvo il fatto che il braccio riattaccato funziona ma non lo sente; lo sentiva di più quando era staccato. Tuttavia, ha ancora in mente la precisa, serena, diagnosi del professor Aristide Lama, il luminare del taglia-e-cuci.

“Che pretende??  E’  la sinistra,  funziona  così:  ora-e-sempre-un-solo-progetto: rigetto, rigetto, rigetto”.

Lo spettacolo all’interno del circolo sembra offrirgli una chiave pratica di lettura di quello slogan, preferisce soprassedere. La luce del mattino, fredda e tagliente, fa di lui una sagoma rattoppata sulla soglia del partito. E’ questo che fa, la militanza: ti trasforma in una metafora di te stesso. Luca detesta le metafore, quindi parte all’attacco del giovane Matteo.

“Non siamo un po’ troppi, a votare?”. Matteo non dismette il suo sorriso fiducioso e mellifluo: “Niente affatto. Tutti iscritti. Il regolamento ammette le iscrizioni in qualsiasi momento, anche in bagno”.

Luca non demorde: “Da quello che vedo, qui qualcuno è iscritto dal 1870. Forse è il caso di restringere l’arco temporale”. Matteo neppure: “L’arco temporale non deve contraddire l’arco costituzionale. Questo è un paese libero, democratico e partecipativo. Tutti possono partecipare”. Il controluce nasconde il sopracciglio con sdegno sollevato da Luca: “Anche i redivivi?”. La replica del paffuto è fulminea.

“Vuoi mettere l’esperienza? E’ l’inizio di una nuova stagione: lo zombie, è progressista. Ritorna sempre”

(continua)

24:p.d. – Leave Another Day

Precedentemente, in 24:p.d.: l’agente Giacomo (purtroppo per lui detto Jack) Bauer, del Controllo Tenuta Unitaria, riceve l’incarico dal Colonnello pro-tempore Epifani, di sorvegliare i vertici del Partito Democratico durante lo svolgimento delle esercitazioni preliminari alle grandi manovre del Congresso. Bauer indaga con discrezione (soprattutto perché non se lo fila nessuno) ma un evento inaspettato arriva a complicare il suo lavoro..

Quello che segue accade tra le 06:00′ e le 07:00′

La notte non ha portato consiglio né, tanto meno, qualche oretta di sonno ristoratore. Il sorgere dell’alba trova comunque Bauer lavato, sbarbato e con abito stirato – come sempre, in questa serie. Lo stesso dicasi per la sua assoluta mancanza di qualsivoglia necessità fisiologica, impellente o meno – sesso a parte. La giovane proprietaria del piccolo bar appena aperto al quale si sta avvicinando per consumare una rapida colazione sembra risvegliare in lui qualcosa. Qualcosa di sopito ma non domo. Qualcosa che per una persona normale altro non sarebbe che normale desiderio. Non per lui.

E’ dura, lavorare per il PD. Un partito dove vige la più ferrea disciplina. Il più severo rigore. Dove la parola di un segretario è legge, ogni direttiva parole scolpite su pietra. Immerso in queste riflessioni, Bauer si rivolge sorridendo alla ragazza, per ordinare: “Stronzate, buongiorno”.

“Come, scusi?”

“Ho detto ‘un cappuccino, buongiorno”

Mentre la ragazza – alla quale non avrà mai più il coraggio di rivolgere la parola (e poi, è noto che le sue partner non durano mai a lungo. Il tempo di rimediare una pallottola) lo fissa con dubbiosa severità, quasi fosse un’iscritta del PD, Bauer si siede in fretta ad un tavolino, recuperando il cellulare di servizio dalla tasca interna della giacca. Ha ricevuto un messaggio. Osserva il display.

“Congresso del circolo Controllo Tenuta Unitaria, risultati. Votanti ed iscritti: 515. Hanno ottenuto voti: Quagliarulo 224, Peragalli 212, Terenghi 42, Ecumeni 31. Schede bianche: 5 Schede con Paperino: 1”

Con la velocità che gli è propria in queste situazioni, in meno di due frame Bauer raggiunge la sede del CTU, opportunamente celata in un’anonima palazzina a due piani sul lungomare di Ostia Lido. Dietro il muro sbrecciato, la siepe rinsecchita e le persiane storte e corrose dalla salsedine, cinque livelli sotterranei di pura tecnologia acquistata ed installata grazie allo sforzo dei volontari. Quindi, cinque gallerie romaniche altrimenti dette catacombe. In una di queste, arredata da ufficio grazie allo sforzo del circolo “Monta un partito” di una nota multinazionale del mobile, incontra Clodovea detta Cloe, sua preziosa ed inseparabile collaboratrice. E’ preparata, intelligente, dotata di acuto senso critico e spirito d’iniziativa (ora, non pretenderete che sia anche una top-model, vero?). Jack si rivolge a lei con la familiarità consolidata in anni di lavoro fianco a fianco.

“Che cazzo avete combinato?”

“E’ bello anche per me rivederti, Jack”

“Il nostro circolo, tanto per cominciare, è segreto. Da quando, teniamo congressi? E da quando abbiamo 515 iscritti? Siamo in 50 a pieno organico, ovvero MAI! C’è sempre qualcuno morto o ferito!”

“Jack, questo partito non ha segreti. Siamo aperti e trasparenti, per questo suscitiamo interesse. C’è interesse, ovunque. Stiamo crescendo.”

“Ma come fai ad essere così cret.. ehm.. ingenua? Dammi il computer.. dammi il satellite.. trova la scheda dei candidati.. trova i profili professionali.. adesso trova gli indirizzi IP.. entra nei loro database.. preleva i dati… incrocia.. hai fatto??”

“E’ bello sapere che senza di me non ti troveresti neppure la lampo dei pantaloni, Jack”

“Per quello che mi serve. Guarda qui: Quagliarulo fa anche il medico di base, gli iscritti sono tutti suoi pazienti, qualcuno ha persino votato sulla ricetta anziché sulla scheda.. Peragalli è undercover come insegnante, alle superiori.. metà dei suoi iscritti sono studenti, gli altri.. indovini? I genitori. Terenghi ed Ecumeni sono due agenti semplici, hanno fatto iscrivere amici e familiari, più i soci del club “24:p.d. – La serie” che si sono fregati la scheda firmata da me”

“Scusa, Jack ma tu quando hai votato? Sei in missione!”

“Infatti, non ho votato. Io non voto mai, sono fedele al Partito a prescindere dal Segretario. Io eseguo, non decido. Sono l’ultimo della mia specie, sono più dinosauro io della nostra Direzione Nazionale. Adesso, però, una decisione la prendo. Dolorosa”

“Non farlo, Jack. Decidere non è la cosa che ti riesce meglio. Vuoi un consiglio?”

“Da te? Sei una donna intelligente. Sei prepararata, colta e gentile. Hai partorito con dolore, hai fatto carriera con sacrifici inauditi senza far mancare alla tua famiglia il tuo appoggio. ll partito ti deve molto ma anche questa volta la tua candidatura non è andata. Insomma, dovrei accettare il consiglio di una sfigata?”

“Ineccepibile. Fa’ quello che vuoi, stronzetto”

“Certo. Questo congresso è una vergogna. Ora mi presento dal Segretario Epifani e non solo chiedo l’annullamento del congresso del CTU, restituisco anche il mio distintivo”

“No, Jack, questo non te lo meriti!”

“Forse sì. Non sono stato attento. Non sono stato abbastanza vigile. Con queste cose non si scherza: un’apertura qua, un cambio di regole là… ed il partito si trasforma in un luna-park. Addio, Cloe”

Con virile espressione addolorata, Jack esce dalla stanza; con femminile espressione ironica, Cloe lo osserva, meditando sul fatto che sarà forse la centesima volta che Jack le dice addio. Ritornerà. Ritorna sempre.

Che diavolo potrebbe mai fare, fuori dal Partito?

06:59′:57″ … 06:59′:58″ … 06:59′:59″

Nota dell’Autore: mi assumo completamente la responsabilità per il penoso esito del Congresso del CTU, il proliferare di tessere è interamente da attribuirsi alla mia disattenzione artistica e non ai candidati alla Segreteria Nazionale. Me ne scuso con i fan della serie, ai quali consegno le mie dimissioni virtuali. E questo è tutto: se vi aspettate scuse e dimissioni reali ed uno svolgimento corretto del congresso, beh, state davvero seguendo un serial..

 

24:p.d. – Leave Another Day

[banner network=”altervista” size=”300X250″]Quello che segue accade tra le 05:00′ e le 06:00′

Roma, nei pressi del Colosseo. L’agente Giacomo “Jack” Bauer, del Controllo Tenuta Unitaria scivola nelle ultime ombre della notte (che sono in realtà le prime luci dell’alba, ma non se n’è accorto: ha gli occhiali scuri), guidato da una segnalazione. Dal satellite del Partito, in orbita attorno a Ostia Lido – è un satellite sostenuto dallo sforzo dei volontari e dei militanti, di più non si poteva – è stato informato di una presenza imprevista tra gli spalti dell’antica arena.

Un giovane gladiatore turco.

Quindi, un gladiatore sveglio e attento: prima che Bauer riesca a scivolare tra le ombre delle arcate (che non fanno ombra, infatti erano riservate al pubblico vulgaris), lo apostrofa con voce solo leggermente annoiata: “Bauer. Ancora quella vecchia solfa del CTU. Lo sa che il vero guaio di questo partito è proprio la rimozione del conflitto?”

“Rimozione, Signore? Credo non mi siano state ancora rimosse le ultime pallottole che ho preso per il partito, Signore. Intendeva questo?”, ribatte, in tono afflitto, l’agente. Orfini solleva il mento e si gratta con delicatezza la barba, più folta di quanto l’iconografia del luogo consiglierebbe. Riflette. Nel frattempo, lancia due tweet. Alla fine, riprende, con aria assorta (simile allo scivolare nelle ombre di Bauer): “Agente, nel modo in cui stiamo nel governo abbiamo cancellato l`idea del conflitto: non si sa cosa ci stiamo a fare, per rappresentare chi. I nostri ministri, dal presidente del consiglio al capodelegazione Franceschini, sembrano ministri tecnici. Non fanno un`iniziativa che porti nell`agenda di governo il nostro punto di vista. L’ho dichiarato al Manifesto”

“Lo sappiamo, Signore. Seguiamo con attenzione i suoi movimenti, Lei pensa che nel partito ci siano professionisti del conflitto?”. Orfini si volta, osservando l’agente con malcelata contrarietà: “Ma mi ascoltate, oltre a seguirmi? Se c`è una cosa che abbiamo pagato in questi anni è la rimozione del conflitto, che è la fisiologia della democrazia. Teorizzare la fine del conflitto ha prodotto enormi vantaggi per i più forti. È una delle ragioni per cui sono aumentate le diseguaglianze. E per cui la sinistra ha tradito se stessa. Negare l`esistenza di contrapposizioni di interessi nella società significa smettere di rappresentare i più deboli e, per la sinistra, perdere di senso: quello che ci è accaduto. Ce ne fossero, di professionisti del conflitto, non saremmo ridotti così».

“Con tutto il rispetto, Signore ho sempre creduto che ci fossimo ridotti così per il nostro dna divisionista. La sinistra non esiste, se non si frantuma – sempre con tutto il rispetto, Signore. Non mi sembra un modo sereno di prepararsi al congresso”

Orfini sbuffa, senza darlo a vedere, mentre lancia un post su Facebook e due sms: Bauer è vecchio, come personaggio e come serie. Gli ascolti calano, inutile perdere tempo con lui. Comunque, già che c’è, risponde. “Se non c`è la crisi di governo, il congresso va fatto. Non capisco il gruppo dirigente asserragliato al Nazareno che cerca di ritardarne in tutti i modi la convocazione. E visto che molti agiscono in nome di Bersani, spero che Bersani prenda le distanze e dia una mano a convocare rapidamente la data. Lo riferisca ai suoi superiori, Bauer”. Si gratta ancora la barba, quindi, con plastico movimento aggraziato, si appoggia alla balaustra, contemplando l’arena. “Dovremmo tenerlo qui il congresso, un’assemblea di gladiatori della politica che lottano per la primazìa inter pares delle idee. Com’era, questa, Jack? Ho un’altra intervista, stamattina”

Bauer è ancora fermo al conflitto ma non rimuove il suo imbarazzo. “Buona, Signore. Pensa anche di sfilare davanti al reggente Epifani declamando ‘Ave Guglielmo MoriTURCHI Te Salutant’?”. A questa battuta, Orfini si porta una mano allo stomaco (con l’altra risponde ad un messaggio da WhatsApp), simulando un’improvvisa fitta: “Vede, Bauer, questa è proprio una battuta idiota, degna di quel rottamato che gliel’ha scritta. Riferisca anche questo”. A questo punto, il giovane dirigente volta le spalle all’agente del CTU, ignorandolo. Riprende ad accarezzarsi la barba, pensoso. Nel medesimo istante, posta un nuovo intervento, senza accorgersi che sta usando l’orologio.

Bauer lo osserva, pensoso a sua volta, solo per un attimo, mentre si allontana, ombra tra le ombre (eddai). Prima di abbandonare gli spalti, osserva ancora: c’è qualcosa.. nell’aria.. Si accorge che Orfini sta vistosamente annusando. E prima che Bauer possa fare domande, Orfini posta a voce alta.

“Mi piace, l’odore del conflitto di prima mattina. Profuma di.. segreteria”

05:59′:57″ … 05:59′:58 …  05:59′:59″

N.B.: quelle in grassetto, sono dichiarazioni testuali, dalla citata intervista. Tutto il resto, as usual, è mio: e mi assumo la responsabilità solo della mia parte. Così. Senza rimuovere.

THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

Memo: Sbagliate Creanza, 150 anime in cerca di corpo non tumefatto. L’ex-Sindaco Luca vaga nottambulo e auto-mutilato per le strade di paese, cercando di ritrovare il senso della vita (politica, quella biologica sembra molto più compromessa). L’oscurità gli riserva un incontro inaspettato, un vivace bambino che gli intima di procedere a congresso: ha fretta di diventare segretario e sindaco. E la notte è ancora lunga..

“Allora, hai deciso?”

“Che cosa?”

“La data del congresso”

“L’unica cosa che ho deciso è quella di riaccompagnarti a casa e chiedere ai tuoi genitori cosa ci fai in giro per il paese a quest’ora”

Luca accompagna l’ultima risposta con un gemito, è incredibile quanto male possa fare un braccio staccato, soprattutto se è il sinistro. Tra sè, Luca considera anche quanto facile sia stato staccarselo, quel braccio, quasi che volesse staccarsi. Immerso in queste considerazioni, si lascia sorprendere dalla replica del piccolo Matteo.

“Giro quanto mi pare, visto che ho il permesso. I miei genitori stavano litigando ed io ho avuto l’autorizzazione a maggioranza dall’assemblea”

“Quale assemblea?”

“Quella dei miei amici. Li ho chiamati su Facebook”

“Sublime. Un voto su Facebook non è valido”

A questa risposta, il volto di Matteo si fa livido, la bocca stretta e le sopracciglia aggrottate: “Con questo dimostri la tua arretratezza, nonché la tua inadeguatezza a guidare questo partito. I tuoi strumenti sono vecchi e superati, è ora che tu ti ritiri e lasci il partito in mani giovani e moderne. Quando si fa il congresso?”

Vorrebbe rispondere, Luca, avrebbe argomenti da vendere. Eppure, non riesce – manca in lui la convinzione che quello della data sia davvero un problema più urgente ed importante degli altri. Il braccio sinistro ancora sanguina, dal moncherino attaccato alla spalla e dal braccio stesso, saldamente in mano alla destra. Al diavolo, pensa l’ex-sindaco.

“La vita NON E’ una metafora, ragazzo. La realtà è quella che abbiamo attorno, non quella che vogliamo che sia: e la realtà è che qui, prima di una data, ci serve un’idea. E ci servono persone. Vedi molte persone ATTIVE, intorno a te?” L’espressione di Matteo torna a farsi corrucciata, decisamente infantile – ma è subito trasfigurata da un malizioso lampo nello sguardo: “Attorno a me vedo un sacco di elettori delusi, è arrivato il momento di parlare con loro, di riavvicinarci a loro. Continueremo a perdere, a forza di avere la puzza sotto il naso”.

A quelle parole, la reazione di Luca non è solo spontanea, è chimica: “Non è puzza, è DECOMPOSIZIONE, qui sta tutto andando in malora e noi ce ne stiamo qui, al buio, in piena notte, a discutere di date, di sindaco e segretario e.. puzza! Voi sapere a me, cosa mi puzza??”. Matteo fa un passo indietro, spaventato dalla reazione: “Oh, oh, buono! Ricordati che sono un bambino”. Luca, però, è irrefrenabile. Una mente ed un braccio COMUNQUE collegati.

“Quello che mi puzza è che qui è pieno di stronzetti come te che lasciano fare tutto agli imbecilli come me, lasciano che mi prenda le palate di fango di tutti, lasciano che rischi in prima persona, che finisca con lo sbagliare – e poi saltano fuori, con queste belle faccine e tengono lezione, e ti spiegano quanto sei inadeguato e le cose meravigliose che avrebbero fatto al tuo posto.. nel frattempo, si tengono bene ai margini, hai visto mai che tocchi sudare in prima persona! Tu ti senti pronto, vuoi fare il sindaco, il segretario e magari vuoi anche la mia tintoria? Beh, sentiamo: qual’è il tuo programma?”. Quasi non si accorge d’avere sventolato in aria il braccio amputato, con la mano stretta a pugno.

“Ah, beh, il programma.. ci ho un amico che lo sta preparando per bene, è uno ganzo, uno scozzese, sai?”. Luca lo interrompe, di nuovo sventolando il braccio. “No. Fammi indovinare. Joshua McKinsey”. La sorpresa di Matteo è sincera.”Oh bella, lo conosci?”

Con calma, con lentezza secolare (da vecchio, insomma), Luca si appoggia alla parete dietro di lui, lasciandosi scivolare fino a terra; tiene lo sguardo fisso sul ragazzo ma è come se vedesse attraverso di lui. Come se vedesse quello che al ragazzo forse sfugge: il quadro completo. “Lo conosco. Conosco lui e conosco la sua famiglia, una famiglia numerosa, tutta in giro per il mondo e tutti con lo stesso curioso hobby”. Sospira.

“Spiegare a chiunque il suo programma”

(McContinua..)

24:p.d. – Leave Another Day

Quello che segue accade tra le 02:00′ e le 03:00′

Roma, vicinanze Eur, un’elegante quanto anonima palazzina a tre piani, chiusa da un’alta recinzione di mattoni. Telecamere ai quattro lati del perimetro ed agli ingressi. All’interno, silenzio e luci spente, tranne che all’ultimo piano: è l’ufficio del Direttore del riformato Controllo Tenuta Unitaria, l’ex-sindacalista Generale Epifani. A dispetto dell’ora tarda e della notte afosa è sveglio ed impeccabile nel suo completo giacca-e-cravatta; è solo, seduto ad una scrivania molto più design che praticità e sta rileggendo degli appunti. Si interrompe, sollevando la testa, quasi annusasse qualcosa – un problema, ad esempio.

“Ben arrivato, Jack”, pronuncia a voce alta, in apparenza rivolgendosi alle tende, chiuse a metà, della parete-finestra davanti a lui. E’ la zona della stanza più in ombra e non sarebbe così facile arrivare sino lì scalando la facciata della palazzina, eppure.. La tenda si muove appena, rivelando l’agente Giacomo Bauer, detto Jack. Ha l’aria disfatta, un vistoso cerotto che copre un brutto taglio sulla guancia sinistra, le nocche delle mani spellate e sanguinanti. Tuttavia è perfettamente rasato e non ha il benché minimo bisogno di andare in bagno: è normale, in questa serie.

“Signore, il nome è Giacomo, signore”, risponde. “Ah, davvero? Giacomo. Non suona bene come Jack, quindi ti chiamerò Jack. Dobbiamo imparare a comunicare meglio, dobbiamo recuperare il dialogo con il paese reale. Jack è più reale, Jack. So che sei di Trieste.. sei con il gruppo di Kuperlov? Anche lui è di Trieste ma con quel nome.. potrebbe benissimo essere una spia sovietica”, replica il Generale Epifani, aggiustandosi la cravatta e ravviandosi i capelli accuratamente pettinati.

“Signore, lei sa che la mia lealtà è per il Partito, non faccio parte di nessun gruppo. Ho fatto cose per questo partito delle quali non sono orgoglioso – ma le ho fatte per il bene del Partito. Non credevo che avremmo riaperto il CTU ma ne sono felice. L’Ulivo è in pericolo”, dice Giacomo/Jack sfiorandosi la guancia ferita con la canna della pistola, saldamente impugnata con la sinistra. “Jack, Jack.. l’Ulivo non c’è più, ragazzo”, risponde con aria mesta il Direttore. “Mi scusi, signore. Avevo dimenticato l’Unione”

“Quella la vorremmo dimenticare tutti, Jack.. ma non siamo più il Controllo Tenuta Unione. Ora c’è il Partito Democratico, quello che dobbiamo garantire è la tenuta Unitaria. Mai come ora, è necessario mantenere la massima coesione. Quello che si è verificato durante le votazioni presidenziali non dovrà mai più accadere.. a proposito, Jack: ma tu, dov’eri?”. Prima di rispondere, Jack spinge inavvertitamente la canna della pistola contro la ferita: “Sull’aereo del Presidente Prodi, Signore. Al ritorno”

Il Direttore Epifani sorride, un sorriso mesto come prima della sigla di un accordo: “Tutti ce la siamo vista brutta ma i pericoli non sono finiti. Siamo stretti in una morsa, il pericolo è sullo scacchiere internazionale: dove ci porterà la crescita della Gioventù Turca? Ed il misticismo dell’Area Dem-Catt? Ci possiamo fidare dei filocomunisti islamici di Maxeem Daalem? E cosa ha riportato dall’esilio africano Valter Veltroni?”

Jack/Giacomo ha un guizzo, a quel nome. “Roma, Signore. Non si è mai mosso da Roma”. La replica del Direttore è secca: “Davvero? E perché, allora, ha i vestiti coperti di sabbia? I mocassini pieni di sabbia? Persino quando parla, si sente sapore di sabbia!”

“E’ una tattica, Signore, non dobbiamo farci coinvolgere. E’ sempre stato esperto nell’arte di scivolare via, come sabbia nella clessidra. E lasciar scorrere il tempo. Non è l’unico, a giocare con il tempo: c’è anche chi lo vorrebbe accelerare”. Jack s’interrompe, temendo d’avere detto troppo: non fa parte dei suoi compiti, giudicare; lui deve lavorare su ciò che unisce, non su ciò che divide. Ma ora che l’ha evocata, l’ultima ombra di divisione sembra stagliarsi come un gigante nella stanza illuminata solo da un abat-jour.

“Parli dell’Infante di Toscana, forse?”, sbotta il Direttore con un sogghigno così perfido da sembrare confindustriale, “colui che vorrebbe mandarci tutti in pensione infischiandosene delle nostre capacità, della nostra esperienza, di tutto..” – è solo un istante ma Jack coglie la rabbia repressa nella voce del Direttore, prima che concluda – “tutto quello che abbiamo fatto, in tutti questi anni”. Jack non vorrebbe, ma la puntualizzazione che segue fa parte dei suoi compiti.

“Non è l’unico a pensare che il bilancio del passato sia alquanto.. discutibile, Signore. Non spetta a me dirlo. E se posso, vorrei finalmente sapere perché mi ha richiamato in servizio. Signore”. Il Direttore lo osserva con attenzione, stringendo gli occhi come un falco che si concentri sulla preda. “Ben detto, Jack. Non spetta a te. E nemmeno a qualcuno che ha studiato la politica al Trivial Pursuit. Vuoi sapere perché ti ho richiamato? Non ci crederai, Jack – è sempre la solita vecchia storia. Volano pallottole e tocca a te fermarle. Dobbiamo arrivare al Congresso ed aprire una nuova fase”.

Lentamente, Jack rimette la pistola nella fondina, sotto l’ascella destra. Ha lo sguardo triste ma è probabilmente dovuto alle due arcate sopraccigliari, entrambe fratturate. “E’ un onore essere richiamato in servizio, Signore. Come ha detto lei, è una vecchia storia. Soprattutto quella della fase nuova. Ad ogni modo, sorveglierò il Partito e farò del mio meglio. Sono pronto”. Il Direttore riprende in mano i propri appunti, li osserva pensoso per un istante, quindi torna a rivolgersi a Jack: “Sto completando il mio rapporto. Sono in carica fino al Congresso e farò di tutto per arrivarci al meglio. Riceverai le tue istruzioni via file, farò modificare lo Statuto di modo che tu possa avere un tablet”.

In silenzio, si stringono la mano, entrambi consci della gravità del proprio compito. Jack si avvia verso la porta (in realtà, vorrebbe calarsi dal balcone ma questa se la tiene buona per un altro episodio); prima di uscire, volta la testa verso il Direttore. “Una parola, Signore”

“Jack?”

“Le modifiche allo Statuto non portano mai nulla di buono, Signore”

“Buonanotte, Jack”.

02:59′:57″…02:59′:58″…02:59′:59″

La Fiera delle Mozioni

Ultimissime dal laboratorio politico del PD: è nata la mozione “Poi Vediamo”. Ora, anche se il mio senso dell’umorismo è talmente sviluppato da costituire spesso un problema più che una soluzione, non sempre riesco a prenderla con spirito proprio, diciamo, filosofico. Se poi si tratta di politica, ambito nel quale la filosofia non avrebbe mai dovuto entrare, a volte la prendo proprio in acido. Quindi, non riesco a digerire la mozione “poi vediamo”, anche se pure io mi domando – come gli estensori di questo nuovo spiffero (dovrei chiamarlo “corrente”?) quale sia davvero l’importanza della questione “segretario e/o candidato premier”. Non ci sto perché anche questo dimostra quanto nel PD si sia lontani, persino nella comunicazione ludica, da quello che un partito moderno dovrebbe essere: serio e non serioso, votato all’affidabilità anche a scapito della meravigliosa visibilità personale, moderno e non modernizzante, giovane nelle idee e nel linguaggio senza scimmiottare penosamente linguaggi che non sa governare. Un partito che sia ‘democratico’ in quanto unione e superamento delle tre grandi culture che l’hanno fondato, una sintesi a NUOVO. Un partito del “vediamo subito” e – soprattutto – un partito plurale, non una sfilata di leader trendy e vanitosi (qui infilo il mio sostegno al ‘demodé’ Cuperlo. Quanti si ricordano che fu lui, forse, il primo in assoluto a citare quel passaggio di Saba sull’ “uccidere i padri” – ed in quale circostanza?). Un partito che faccia il proprio lavoro, insomma, non che si perda nella sterile rivendicazione del passato e dei territori interni: un partito che non abbia più la cinica abitudine a “ripartire” (quante “ripartenze” abbiamo già fatto? Ma cosa siamo, una moto usata?) ma che, semplicemente, continui.
Capisco che esagero: pretendo troppo. Per un risultato del genere, occorre minimo minimo un’altra mozione – ma in politica mi hanno insegnato la necessità della critica costruttiva, non mi tiro indietro. Presento anch’io la mia mozione, conseguente all’idea di partito che propugno. E dato quello che ho scritto, non può che essere la mozione “Total Recall”.
Ci serve un programma nuovo..