Quando il naso sbatte contro la porta

“Amministrare non è solo proporre la propria idea di politica: è attuare quell’idea. Un’idea che deve essere il più possibile compatibile con la realtà. Amministrare vuol dire rappresentare tutti i cittadini, essere l’istituzione di chi ti ha votato e di chi non ti ha votato, vuol dire non essere il sindaco di una parte, ma essere il sindaco di tutti. Amministrare vuol dire calarsi nella politica reale, lavorare duramente affrontando i problemi, intraprendere con coraggio la strada che si ritiene migliore per la propria città, la più giusta e la più equa. E’ affrontare problemi reali, a volte, vuol dire anche non vincere alcune battaglie. Vero. Ma questo non vuol dire tradire un ideale. Non conta solo il risultato ottenuto per i cittadini, ma anche che l’idea di politica che si vuole lasciare per la propria città”.

Parole che condivido, affermazioni che ho sempre sostenuto. Vecchia battaglia: c’è sempre una differenza tra marciare attorno al Palazzo con un bel cartello colorato e varcarne la soglia, assumersi responsabilità, trasformare la protesta del giorno prima nell’azione concreta del giorno dopo. Come minimo, ti blocca quella cosa noiosa del fund raising, per dirla in modo elegante (meno elegante: trovare i soldi). Principi e parole già scritti e dibattuti, perciò: allora, per quanto repetita juvant, cosa c’è di nuovo?

C’è di nuovo che a scriverle e pubblicarle sulla propria pagina Facebook è il Sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. Ha già i guai suoi, non voglio aggiungere complicazioni. Una domanda per lui, però, ce l’avrei: pensava le stesse cose prima di governare, quando la politica era soltanto gridare ai quattro venti: vado, riformo il mondo e torno? A giocare con il fuoco, si può finire inceneriti (ops).

E’ facile infierire, soprattutto stando comodamente seduti dietro un monitor. A dimostrare la mia serietà – e, soprattutto, quella del Sindaco parmense – aggiungo la seconda parte del Pizzarrotti-pensiero, stessa fonte, paragrafo successivo: “Tutto questo significa amministrare in piena sintonia con i valori del Movimento. Con umiltà, serietà e coraggio, sapendo che solo con l’esempio si possono coinvolgere veramente le persone. Ma fintanto che non si governa tutte queste cose non si possono capire, senza viverle ogni giorno sulla propria pelle non si capiranno mai”.

Gioco, partita e incontro: se sostituisco “Movimento” con “Partito” la frase è perfetta. Pizzarrotti ha scalato la montagna, è approdato ai Principi Universali. Guardate come sottolinea la sua chiosa: “umiltà, serietà e coraggio” e “ogni giorno sulla propria pelle”. Esatto. Giusto a titolo di esempio menzionerò l’atteggiamento politico (?) di taluni che, recentemente, non hanno avuto né l’umiltà, né la serietà, né il coraggio di andare oltre la propria, orgogliosa, attitudine a dire sempre e soltanto ‘no’. Non facciamo nomi, tanto Pizzarotti s’è già inguaiato da solo.

P.s.: sempre senza fare nomi, avreste un esempio recente di Amministratore che propone idee sperando che qualcun’altro le metta in atto? E che non si fa scrupolo di perdere una battaglia perché è impegnato a vincere, sempre e comunque e con ogni mezzo? Se avete la risposta, tenetevela per voi: tanto, Lui se ne farà una ragione.

 

 

 

Postmoderno post

[banner network=”altervista” size=”300X250″] “Il personaggio Renzi è la figura del politico comunicatore per antonomasia, fin dal suo affacciarsi nell’agone politico. “Matteo” rappresenta nel Pd l’espressione più marcata della post-politica e della post-ideologia. Non si può pensarlo se non nell’Italia dopo gli anni Ottanta nella quale la crisi della credibilità della politica è accompagnata per un verso alla “performing society”, per l’altro alla personalizzazione e mediatizzazione di chi faceva e fa politica.”

Definizione del Professor Massimiliano Panarari, docente di Comunicazione politica all’Università di Modena e Reggio Emilia in una breve intervista al sito www.formiche.net (testo completo qui); poco più avanti, ci si imbatte in un’altra interessante affermazione:

“Cuperlo è sicuramente un intellettuale ma rifiuta la post-modernità. In questo è “nobilmente resistente” ma dovrebbe trovare il modo di stare nella post-modernità, magari in maniera critica. Si tratta di un processo di rielaborazione che richiede molto tempo.”

Dunque, Cuperlo non è postmoderno, Renzi sì. Postmoderno? Altra definizione: mutuata dal filosofo Lyotard, secondo il quale l’epoca moderna che precede la contemporaneità postmoderna era caratterizzata dal progetto di spiegare il mondo attraverso l’applicazione di principi unitari. Ad esempio, i grandi movimenti della modernità quali l’illuminismo, l’idealismo e il marxismo, possedevano la pretesa di racchiudere il senso dell’intera realtà entro un principio unitario: la ragione per il primo, il movimento totalizzante dello spirito per il secondo, le leggi materialiste della realtà per il terzo. La postmodernità è caratterizzata invece dalla caduta di queste pretese e dal conseguente sfaldamento delle certezze stabili che possono indicare all’uomo un qualsiasi sentiero definitivo. Più o meno.

Per quanto ovvio, non è l’unica definizione possibile e teorizzata di ‘postmoderno’; altre si possono trovare, soprattutto con riferimento ai processi sociali ed alle arti. Certo, se seguiamo la tesi per la quale “una società così decentralizzata inevitabilmente generi percezioni e reazioni descritte come post-moderne, come ad esempio il rifiuto della unitarietà della metanarrativa e dell’egemonia, unitarietà vista come falsa e imposta; la rottura dei tradizionali steccati tra i generi, il superamento delle strutture e degli stili tradizionali; lo spodestamento di quelle categorie figlie del logocentrismo e il rifiuto delle altre forme di ordine artificialmente imposto” e pensiamo allo scenario politico e sociale italiano di oggi, possiamo vedere similitudini e processi preoccupanti. Per i quali possiamo dire che la politica nel nostro paese è molto ‘postmoderna’.

Tuttavia, prima di ricordare a tutti che, come nella migliore delle tradizioni d’ogni disciplina, anche la definizione di ‘postmoderno’ ha i suoi detrattori, si presta a critiche d’ordine, diciamo, cronologico e viene superata – siamo all’ovvio – dalla definizione di ‘post-post moderno’; e prima che un maelstrom filosofico si apra sotto i nostri piedi inghiottendoci, vorrei tornare alla prima definizione del Professor Panarari. Rileggete attentamente e provate a sintetizzare così: post-ideologia-anni ottanta-performing society (cos’é? Prof?)-mediatizzazione. Sintetizzate ancora: post-ottanta-society. Vi ricorda nulla – soprattutto, vi ricorda nessuno?

Non c’era già qualcuno, allora come oggi il sindaco di Firenze, che si muoveva con grande sfoggio di sicurezza, decisionismo, ansia di vittoria, di ridimensionamento (addirittura, schiacciamento) degli avversari, progetti grandiosi di riforma o di riformismo e mutamento sociale? Qualcuno nota una somiglianza, qualcuno ricorda un nome.

Io sì. Poi, magari, mi sbaglio al 90% (ok, mi tengo un grasso 10%, va bene?). Eppure, vedo comporsi i frammenti di questo nuovo postmodernismo, frammenti così dinamici, così liquidi (come i partiti postmoderni, no?) che si potrebbero bere. Come una volta si bevevano le città.

Ma ho mal di testa, stasera.

THE WALKING PDEAD – Diciottesimo episodio

Riassunto, mentre la polvere dei secoli si deposita: swiiiiiifffer. (Traduzione: Sbagliate Creanza, 150 anime – effettive – travolte dalla crisi. Anime tormentate, anime risolute a trovare una soluzione. Anime. La carne, in effetti, é scesa di qualità)

“La tua squallida manovra per raggirare la volontà popolare é fallita. Il tuo penoso tentativo di falsare le regole elettorali naufraga davanti alla verità, all’ordine naturale delle cose: finché c’é Movimento, c’é vita. Noi rappresentiamo la nuova società, il cambiamento, la rivoluzione. Siamo più che riformisti, siamo risorti. Tu, invece, sei morto”

“Una logica ineccepibile”, riflette in contingente silenzio Luca. “Ineccepibile, certo, se ti chiudi in bagno da solo a masturbarti”, si risponde, in astinenza d’assenzio. Vorrebbe essere ancora in negozio, nel retro, a miscelare gli ingredienti dello smacchiatore: ce l’aveva quasi fatta, non avesse sbagliato la dose di acido, avrebbe avuto l’arma finale contro lo sporco. Sarebbe stata una rivoluzione. La rivoluzione del bucato.

“Non é tempo di rivoluzioni”, proclama, stoppando con una presa volante di sinistro l’ultimo carpiato autofilettante (coefficiente di difficoltà 3,0) di  Pier Paolo Dito, il leader dei 5 Rotelle. “C’é una crisi che impone soluzioni ragionate ed interventi a tutto campo, senza escludere nessuno. I vostri sette punti interessano solo a voi”

Dito, riuscendo comunque a terminare il salto autofilettante, punta verso di lui un indice alla memoria (nel senso: tende la pargoletta mano ormai ridotta ad un melograno, senza più dita ognor): “Noi? Svegliati, cadavere – noi siamo i Cittadini, noi siamo la società, siamo le vittime del tuo sistema, siamo quelli che hai ridotto in miseria con le tue ruberie”. “Miseria” e “Ruberie”, funzionano, rianimando l’assemblea che s’era temporaneamente assopita. Non che fosse proprio sonno. E neppure temporaneo.

“BBBBWWWaastaah con i politici corrottiiiIIIHHH.. MMMBBBBBAAhhstaaa con la vecchiaaAAHHaaaAAAKKLAaaasseh dirigenteeeMMMGGGHHH.. A casaaahMMMMMGGGutti a MMMMMGGGGGaasah”

“Sei scemo?”, interviene con la consueta, serena lucidità Sara, la sua (in)fedele vice-segretaria: “Cosa vuoi fare, metterti contro i tuoi stessi cittadini? Alienarti dalla realtà? Dobbiamo restare nelle strade, nelle piazze, dove si vive la vita vera!!”

Vita vera? VITA vera? Con un branco di avanguardisti del movimento “si scopron le tombe/si levano i morti/i martiri nostri/son tutti risorti” che dà a lui – a  LUI – del cadavere? Luca conta lentamente da dieci a zero, un buon politico, un buon amministratore sanno quando è il momento di mantenere la calma, di mantenersi lucidi.

“IO sarei un corrotto? Sono quindici anni che lavo i vostri panni sudici, che smacchio le schifezze che vi impastate sulla camicia, sulla giacca, sulla gonna.. vi ho lavato tutti, a prezzi inferiori a quelli di mercato, perché cercavo di aiutarvi, perché capivo la difficoltà.. vi ho smacchiato a secco e quasi a gratis.. risciacquo e centrifuga a prezzo politico.. pantaloni stirati perfettamente in linea.. in linea.. la linea.. una volta,  c’era la linea, c’era un progetto, un obiettivo comune e si seguivano delle regole e ADESSO, adesso venite a dirmi che c’é  la rivoluzione, c’é il movimento, c’é la società nuova MA VI SIETE GUARDATI BENE??”

Si ferma. E’ consapevole: sta sbagliando tutto, prima o poi ci sarà un’altra elezione, i cittadini vanno blanditi, vanno capiti, giustificati, scusati, sempre. Sta sbagliando. MA. Non ne può più – com’é quella vecchia barzelletta? Oh, come si chiamano gli abitanti di Sbagliate? Gli Sbagliati? Beh, lui é il Sindaco. E’ il Primo Sbagliato. E conclude, sullo slancio.

“Vi siete guardati? Siete così nuovi, così bravi, così puliti che l’intera popolazione di insetti ed anellidi di questo paese si sta nutrendo di voi. E se vi rimanesse qualche bulbo oculare, potrei anche andare a caccia di travi”.

“Cacciaaa??”, strilla P.P.Dito, “il Movimento é contrario alla caccia!! La caccia fa parte della vecchia politica, é parte del sistema. Noi aboliremo la caccia ed apriremo ai supermercati”

“Cosa c’entrano i supermercati, adesso?” chiede Luca.

“E’ normale che un politico arrogante e vecchio non capisca i bisogni dei cittadini, i bisogni veri, concreti di ogni giorno. Servono più supermercati perché serve più CARNE. Abbiamo FAME”. E nel dirlo, schiocca la mandibola.

Quella, gli è rimasta. E bella forte.

(continua – meno due al finale di stagione. Non granché, del resto é una stagione morta)