Il come della Rosa

E’ possibile che nei presidi organizzati già da domani dalle rappresentanze sindacali dei bancari, a sostegno della giornata di sciopero del 31/10, venga offerta ai passanti, oltre al volantino esplicativo delle ragioni della protesta, anche una rosa.

Un omaggio floreale che i media hanno già ribattezzato “operazione simpatia”, senza sapere, forse, di cogliere un nervo scoperto delle nostre organizzazioni di categoria: sì, perché per quanto brutta s’andasse facendo, negli ultimi venti anni, la situazione all’interno, parlarne al di fuori, spiegare non solo le nostre ragioni ma la progressiva involuzione del settore e del lavoro, era un tabù. Proibito. Sbagliato. Ed infatti. Il nostro contratto sta per essere definitivamente sepolto grazie anche all’assordante silenzio dei grandi comandanti succedutisi via via nelle rispettive plance nazionali.

E non soltanto il loro. Perché, in effetti, proprio così impermeabili e invisibili non siamo: c’è chi ci vede ogni giorno, chi vede in quali condizioni siamo chiamati ad operare e quali responsabilità gravano sulle nostre spalle – a cominciare da quella sacrosanta normativa antiriciclaggio che piace a tutti finché non bisogna firmare un questionario. Sono gli utenti, è la comunità, il territorio. Forse che questo ha cambiato, in quegli stessi maledetti venti anni, l’immagine sprezzante e pregiudiziale con la quale veniamo descritti? No, noi siamo sempre quelli che non fanno un k@##o tutto il giorno, che escono alle cinque dopo essere arrivati in ritardo, che se ne fregano dei problemi del popolo – e via declinando lo sciocchezzaio comodo e strumentale.

Anche questo, ci ha portati qui: deboli all’interno e deboli all’esterno. Malvisti all’interno delle grandi confederazioni sindacali (vuoi mettere quante tessere portano i pensionati? Vuoi vedere che è per questo che i sindacati sono tanto favorevoli agli esodi?); malgiudicati, per pigrizia mentale, da quel territorio che pure da noi pretende quell’impegno che non è disposto a riconoscerci. Così, per ennesimo misunderstanding, le OO.SS. reputano, senza arrossire, che dobbiamo rifarci un’immagine e che per questo basti, galantemente, offrire una rosa. Vorrei dissentire, non tanto sull’eleganza di un omaggio, sul come; quanto sulla scelta, il cosa.

Più che le rose, troverei appropriati i carciofi.

L’Impero colpisce ancora

L’Associazione Bancaria Italiana ha disdetto unilateralmente il contratto nazionale di categoria, ratificato nello scorso gennaio 2012. Una prima precisazione: il contratto non aveva scadenza 30 giugno 2014 come riportato dai media;  quella data fa riferimento alla scadenza tecnica di due anni che le parti si sono date da quando la durata effettiva del contratto stesso è stata elevata da tre a quattro anni. A quel termine prestabilito si ridiscute, ove necessario, solo la componente economica dell’accordo (insomma, in parole povere, l’adeguamento delle retribuzioni alle mutate condizioni economiche generali). Dunque, non sussiste, come sostenuto da ABI, il rispetto dei termini previsti per la disdetta contrattuale, se non, per l’appunto, con un cavillo tecnico: in realtà, è una precisa scelta politica, basata su una tempistica ai limiti dell’incoscienza. Difatti, l’ultima cosa che serve all’attuale Governo è un ulteriore fronte di malcontento sociale; per non parlare dell’eventualità (che certo non io auspico) che venga a mancare il Governo stesso, interlocutore di fondamentale importanza nell’eventuale trattativa (nonché probabile destinatario della richiesta ABI di intervento per coprire i costi sociali di nuove, pesanti “uscite” dalla categoria).

Di particolare durezza le parole di Francesco Micheli, presidente del comitato affari sindacali dell’ABI (riporto testualmente dal Corriere della Sera di oggi): “Il punto non sono le voci del Tfr ma un sistema che non è più sostenibile. Solo un esempio: Internet ha ridotto le transazioni del 50%. Dobbiamo trovare il coraggio di innovare introducendo nuovi mestieri. La consulenza va portata al cliente  fino a casa. Bisogna creare un maggior legame tra retribuzioni e risultati. E sempre più sarà necessaria flessibilità sugli orari di lavoro”.

Più che una dichiarazione, una piattaforma; alla quale mi auguro che la categoria e le rappresentanze sindacali sappiano dare adeguata ed altrettanto dura risposta. Basata magari su questi, concreti argomenti, nello stesso ordine di quelli enunciati dal presidente Micheli: 1) se il sistema non è più sostenibile, non lo si deve certo alle retribuzioni; 2) Internet non ha ridotto l’affluenza agli sportelli del 50%, l’affluenza é ridotta (dove è ridotta) perché l’utenza non ha liquidità da investire né altri motivi attraenti (vedi facilità di accesso alle forme di finanziamento o sostegno alle situazioni di difficoltà, che pure ci sono) per presentarsi ai nostri sportelli. Magari sarebbero da evitare costosi e fuorvianti spot pubblicitari, per una comunicazione meno penosamente ”simpatizzante” e più concreta; 3) Nuovi mestieri – e quali? I call center in videoconferenza  non sembrano proprio  “nuovi”  e se  comunque è questa  la  scelta  delle Banche che venga almeno normata  decentemente; 4)  La consulenza  viene già portata a casa del Cliente,sin dagli anni ’80;  5) Retribuzioni  e  risultati? Intende forse legare gli appannaggi di presidenti, a.d. e dirigenti di alto livello esclusivamente al risultato d”esercizio?;  6) Gli  orari sono  già  stati flessibilizzati nei  precedenti contratti: abbiamo le  notti, l’orario continuato, l’apertura  fino  alle  20  ed  al sabato. What  else??