Postmoderno post

[banner network=”altervista” size=”300X250″] “Il personaggio Renzi è la figura del politico comunicatore per antonomasia, fin dal suo affacciarsi nell’agone politico. “Matteo” rappresenta nel Pd l’espressione più marcata della post-politica e della post-ideologia. Non si può pensarlo se non nell’Italia dopo gli anni Ottanta nella quale la crisi della credibilità della politica è accompagnata per un verso alla “performing society”, per l’altro alla personalizzazione e mediatizzazione di chi faceva e fa politica.”

Definizione del Professor Massimiliano Panarari, docente di Comunicazione politica all’Università di Modena e Reggio Emilia in una breve intervista al sito www.formiche.net (testo completo qui); poco più avanti, ci si imbatte in un’altra interessante affermazione:

“Cuperlo è sicuramente un intellettuale ma rifiuta la post-modernità. In questo è “nobilmente resistente” ma dovrebbe trovare il modo di stare nella post-modernità, magari in maniera critica. Si tratta di un processo di rielaborazione che richiede molto tempo.”

Dunque, Cuperlo non è postmoderno, Renzi sì. Postmoderno? Altra definizione: mutuata dal filosofo Lyotard, secondo il quale l’epoca moderna che precede la contemporaneità postmoderna era caratterizzata dal progetto di spiegare il mondo attraverso l’applicazione di principi unitari. Ad esempio, i grandi movimenti della modernità quali l’illuminismo, l’idealismo e il marxismo, possedevano la pretesa di racchiudere il senso dell’intera realtà entro un principio unitario: la ragione per il primo, il movimento totalizzante dello spirito per il secondo, le leggi materialiste della realtà per il terzo. La postmodernità è caratterizzata invece dalla caduta di queste pretese e dal conseguente sfaldamento delle certezze stabili che possono indicare all’uomo un qualsiasi sentiero definitivo. Più o meno.

Per quanto ovvio, non è l’unica definizione possibile e teorizzata di ‘postmoderno’; altre si possono trovare, soprattutto con riferimento ai processi sociali ed alle arti. Certo, se seguiamo la tesi per la quale “una società così decentralizzata inevitabilmente generi percezioni e reazioni descritte come post-moderne, come ad esempio il rifiuto della unitarietà della metanarrativa e dell’egemonia, unitarietà vista come falsa e imposta; la rottura dei tradizionali steccati tra i generi, il superamento delle strutture e degli stili tradizionali; lo spodestamento di quelle categorie figlie del logocentrismo e il rifiuto delle altre forme di ordine artificialmente imposto” e pensiamo allo scenario politico e sociale italiano di oggi, possiamo vedere similitudini e processi preoccupanti. Per i quali possiamo dire che la politica nel nostro paese è molto ‘postmoderna’.

Tuttavia, prima di ricordare a tutti che, come nella migliore delle tradizioni d’ogni disciplina, anche la definizione di ‘postmoderno’ ha i suoi detrattori, si presta a critiche d’ordine, diciamo, cronologico e viene superata – siamo all’ovvio – dalla definizione di ‘post-post moderno’; e prima che un maelstrom filosofico si apra sotto i nostri piedi inghiottendoci, vorrei tornare alla prima definizione del Professor Panarari. Rileggete attentamente e provate a sintetizzare così: post-ideologia-anni ottanta-performing society (cos’é? Prof?)-mediatizzazione. Sintetizzate ancora: post-ottanta-society. Vi ricorda nulla – soprattutto, vi ricorda nessuno?

Non c’era già qualcuno, allora come oggi il sindaco di Firenze, che si muoveva con grande sfoggio di sicurezza, decisionismo, ansia di vittoria, di ridimensionamento (addirittura, schiacciamento) degli avversari, progetti grandiosi di riforma o di riformismo e mutamento sociale? Qualcuno nota una somiglianza, qualcuno ricorda un nome.

Io sì. Poi, magari, mi sbaglio al 90% (ok, mi tengo un grasso 10%, va bene?). Eppure, vedo comporsi i frammenti di questo nuovo postmodernismo, frammenti così dinamici, così liquidi (come i partiti postmoderni, no?) che si potrebbero bere. Come una volta si bevevano le città.

Ma ho mal di testa, stasera.

Buone letture

Ho ascoltato in diretta il discorso di Gianni Cuperlo alla Convenzione Nazionale del PD. Sono già schierato con lui, sono convinto delle sue qualità e capacità da molto tempo; anche da prima di quel congresso di Firenze con il quale i DS scelsero di far parte del progetto Partito Democratico. Il discorso che Cuperlo pronunciò in quella occasione, ascoltato da una platea distratta dall’imminente intervento di un big, fu importante e netto, com’è tipico suo. Quel discorso conteneva l’ormai famosa ed abusata citazione di Umberto Saba, il poeta, ovvero “Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli”, che da sola spiega molte cose della storia, politica e sociale, del nostro paese – e di questo partito. Una citazione che altri, in apparenza insorti con la vocazione al parricidio, non arrivano neppure a sfiorare nella sua superficie. Il discorso di oggi non è arrivato a toccare punte di così feroce polemica intellettuale ma non è stato meno deciso, puntuale, ampio e programmatico. Citando valori, idee, musica (il ‘canone’ come metafora dei valori che mai dobbiamo trascurare e la cui validità non muta con il tempo) e letteratura sportiva (Osvaldo Soriano, filosofo del calcio come metafora della vita) ha stilato l’elenco delle cose da fare come partito, come forza sociale, come sinistra. Non ha negato errori, non si è concesso smargiassate: le riforme servono qui ed ora, non dal 9 dicembre e la rivoluzione, se davvero è questo che abbiamo in mente, non è un lavoro part-time, da alternare ad altri impegni. Detto questo, mi direte che ha letto il discorso (ve lo confermo, è difficile che vada a braccio) e che non lo ha interpretato: niente battute, niente pause (ha perfino interrotto gli applausi in un paio di circostanze), niente intonazioni ad effetto. Vero. La domanda tuttavia è: finalmente è arrivato il momento, in Italia ed a sinistra, di affidarsi a persone serie, responsabili e preparate anche se non brillanti o anche questa volta, in nome dello stramaledetto carisma (forza, fateci una finanziaria con il carisma..) ci affideremo a qualche simpatico improvvisatore?

(Se sono almeno riuscito ad incuriosirVi, il discorso di Cuperlo è sintetizzato qui).

Oltre il giardino comunale

Matteo Renzi dalla Festa Democratica di Piombino: “Ci sono migliaia di persone che chiedono che la politica regali una cosa bella. Sta succedendo una cosa molto più bella: tante donne e tanti uomini stanno riprendendo a partecipare, un inno d’amore nei confronti della politica”

Profonda. Originale. Davvero nuova. Lo riconosco – è lui: presto ci dirà anche che c’è una stagione per seminare ed una per raccogliere.

Buon vecchio Chance Gardener.

Words and Music

Trascrivo testualmente dal sito nazionale del Partito Democratico una antologia quasi fresca di giornata del Renzi-pensiero:

“Non mi interessa la data di scadenza del governo – è stata la sottolineatura di Renzi – quella interessa a Letta non a me, io posso aspettare. L’importante è che non aspettino le famiglie, le imprese, la gente”;  (..) Passando a parlare del partito, Renzi ha affermato: “O tutti insieme ci diamo una smossa e proviamo a portare Pd e Italia o non si va da nessuna parte. La frontiera è esattamente dove sta il Pd”; (..) Rivolgendosi al segretario del Pd, il sindaco di Firenze ha affermato: “Se ci chiamiamo Pd, dobbiamo fare il congresso”. “Avevo capito – ha rimarcato – che non ti candidavi tu, non che non ci facevi fare il congresso. Dobbiamo rispettare le regole, sennò non si va da nessuna parte”. Per Renzi “entro il 7 settembre vanno fatte le regole, è una questione di principio. Chiediamo agli altri di rispettare le sentenze e noi non rispettiamo le scadenze?” E ancora: “Se divento segretario la prima cosa che rottamiamo saranno le correnti. Abbiamo bisogno di idee e di speranze, non di acrimonia e rivalità. Rottamiamo le correnti di questo partito se vogliamo un Pd che non perda le elezioni”. (..) “La speranza non si eredita, si conquista – è stata la conclusione del sindaco di Firenze -. Anche il Partito democratico non si eredita, si conquista”.

Letto bene? Ora, cambiamo musica (io sono decisamente più sinistra metallica del Sindaco of Florence) e diamo corpo alle parole – ovvero: cosa c’è dietro i jingle e gli slogan.

Lui può aspettare. Certo, fa apposta ad aspettare e non fare niente (soprattutto, non  partecipare mai alle Direzioni) così gli altri si logorano: Letta con il Governo, Epifani con le idi di Marzo permanenti del PD, Berlusconi e Grillo con le proprie ossessioni nevrotiche. L’importante è che non aspetti il Paese, anche se la frontiera è dove sta il PD. E dove sta il PD? Non si sa, abbiamo il navigatore guasto; Renzi, poi, è un boy-scout: lui si orienta con le stelle che da Terra, ormai, si vedono soltanto in caso di black-out. Ma per fare del PD la prossima saga di Star Trek, serve il congresso: gentile da parte di Renzi ricordare a Epifani che non deve candidarsi (si sa, questi anziani, con la memoria..), quanto alla data – beh, quello è un altro giochino per logorare gli altri. Lui, tanto può aspettare, magari nel frattempo fa il bis alle Comunali e fa i provini per “Chi vuol essere Segretario?”. E detto che una sentenza ed una scadenza NON sempre rappresentano una condanna, anche se il PD è condannato a cambiare segretario di continuo, la vera perla della settimana arriva qui: “Abbiamo bisogno di idee e di speranze, non di acrimonia e rivalità. Rottamiamo le correnti di questo partito se vogliamo un Pd che non perda le elezioni”. Ecco fatto: non mi aspettavo certo che dicesse idee DIVERSE e speranze COMUNI (non in senso municipale), ha detto solo due cose così, tanto per l’applauso. Il capolavoro è la rottamazione delle correnti: perché chiedere un’assunzione di responsabilità ed intelligenza quando, semplicemente, basta abolire le correnti? Quando sarà Segretario lui, ci sarà solo la corrente dei Renziani – gli altri, democraticamente, o si adeguano o sono fuori. Chiaro?

E per essere sicuro ed evitare fraintendimenti, aggiunge pure: il PD non si eredita, si conquista. Ah, che nostalgia, ritornano le gioiose macchine da guerra. Finalmente avremo un segretario heavy metal, con borchie e accette – i Manowar, insomma. Il ragazzo è proprio monocorde e pesante come uno qualsiasi dei loro dischi. Questo, tuttavia, mi conforta: se il terreno di scontro è questo, mi schiero con Hetfield ed Ulrich (Metallica, per i non adetti) al fianco.

For Whom The Bell Tolls, Sindaco.

Buone letture

[banner]Gianni Cuperlo, candidato sottovoce alla segreteria del Partito Democratico, è intervistato da Vittorio Zincone sull’ultimo numero di “Sette” (magazine del Corriere della Sera). Parla di partito, FGCI, modelli, sinistra, idee, film (il preferito? “Barry Lindon o un altro qualsiasi di Stanley Kubrick” – già questa risposta vale un programma). L’intervistatore lo ritrae come capace di citare “con disinvoltura politologi americani e filosofi tedeschi,romanzieri russi e storici assortiti”. Poi, si arriva alla domanda: “Il governo Letta potrebbe resistere ad una vittoria di Renzi al congresso?”. Risposta: “Renzi ha detto che non lavora contro il governo. E Renzi è un uomo d’onore”.

A quanto pare, ha letto anche Shakespeare. La domanda, allora, è: sapendo chi è Bruto, chi fa Giulio Cesare e chi Antonio?