CHI OSA LA CHIOSA

“I lavoratori bancari vogliono partecipare al risanamento del Paese. E i banchieri?

Quali comportamenti credibili intende proporre ABI per modificare un sistema che
ha impoverito le famiglie, non sostiene le imprese, il territorio e che,
contemporaneamente, arricchisce personaggi di dubbia eticità, generando crediti
divenuti inesigibili che, in troppi casi, stanno affondando nelle sofferenze gli stessi
istituti di credito?”

E’ la conclusione del volantino che verrà distribuito nelle giornate del 30 e del 31 p.v. durante i presidi organizzati a sostegno dello sciopero nazionale dei bancari; nel testo che precede vengono illustrati in sintesi gli obiettivi, durissimi, che ABI si propone di raggiungere con questo attacco frontale a ciò che resta di un sistema di diritti e garanzie acquisiti. La conclusione, tuttavia, non conclude – anzi, contraddice; dimostrando altresì il ritardo conflittuale, la difficoltà strategica e la subalternità culturale delle rappresentanze sindacali. Perchè? Punto per punto:

– “I lavoratori bancari vogliono partecipare al risanamento del Paese”: correzione, i lavoratori bancari HANNO GIA’ partecipato al risanamento del Paese; la grave crisi finanziaria del 2008 avrebbe avuto effetti ben peggiori, sulle famiglie come sulle aziende, senza il senso di responsabilità e l’etica (la propria, non quelle delle aziende) di migliaia di colleghi che hanno fatto tutto il possibile con i mezzi dati. Lo riscrivo: tutto il possibile con i mezzi dati. In queste circostanze, quando ci si fa in quattro per salvare il rispetto delle normative, estendere le opportunità di accesso al credito e salvare chi non arriva alla terza settimana o chi non riesce a pagare i fornitori, il prezzo da pagare è l’esaurimento nervoso. Chi scrive che i lavoratori “vogliono partecipare” come se fosse un’impeto nuovo, non mette piede in agenzia da troppo tempo e non legge neppure le statistiche ufficiali sulle malattie;

-“(..) modificare un sistema che ha impoverito le famiglie”, etc. Idem come sopra, con l’aggravante della disattenzione: all’interno del “sistema” ci sono migliaia di lavoratori che quel “sistema” non condividono, cercando, pur nel rispetto delle regole, di attenuarne le storture. Insistere nel parlare di “sistema” delle banche non è soltanto un’involontaria (spero) contraddizione ed indifferenziazione, è anche l’anticamera dell’accettazione di tutto lo stupidario demagogico e populista – di gran voga, ormai, soprattutto in rete – contro il quale da sempre ci battiamo proprio con la nostra serietà e responsabilità di lavoratori;

– “(..) generando crediti divenuti inesigibili”, etc. Ancora in tema di distinguo e di criteri fondamentali: non sono le banche a prendere decisioni in materia macroeconomica, questo è e deve restare compito primario della politica; dove la politica latiti o non persegua gli interessi del Paese o riveli manifesta incapacità, non possono che conseguire storture e comportamenti aberranti. Questo non significa giustificare ma assegnare a ciascuno le proprie responsabilità: la tesi secondo la quale i “banchieri” hanno fatto tutto da soli è falsa e fuorviante. La Storia (politica, sociale ed economica) non può essere ridotta al Bilderberg.

Conclusione della conclusione: così come è tempo di dimostrare quella compattezza, e quella capacità di lotta e di antagonismo che sono spesso mancate in passato (e sovrapporre un giorno di ferie al giorno dello sciopero NON E’ utile, ai fini di una sacrosanta rivendicazione), parimenti è tempo di liberarci da vecchi e stupidi pregiudizi e rivendicare con forza il nostro ruolo attivo, i sacrifici di anni, l’attenzione e la cura che abbiamo sempre riservato alla nostra clientela. La perfezione non esiste, le mele marce ci sono in ogni cesto: ma questo non deve significare consegnare il nostro lavoro e la nostra professionalità alla cieca furia del pregiudizio – altrimenti nota come alibi di chi nasconde le proprie responsabilità ed interessi nella difesa aprioristica e acritica del “povero utente”.

Oltre il giardino comunale

Matteo Renzi dalla Festa Democratica di Piombino: “Ci sono migliaia di persone che chiedono che la politica regali una cosa bella. Sta succedendo una cosa molto più bella: tante donne e tanti uomini stanno riprendendo a partecipare, un inno d’amore nei confronti della politica”

Profonda. Originale. Davvero nuova. Lo riconosco – è lui: presto ci dirà anche che c’è una stagione per seminare ed una per raccogliere.

Buon vecchio Chance Gardener.

Words and Music

Trascrivo testualmente dal sito nazionale del Partito Democratico una antologia quasi fresca di giornata del Renzi-pensiero:

“Non mi interessa la data di scadenza del governo – è stata la sottolineatura di Renzi – quella interessa a Letta non a me, io posso aspettare. L’importante è che non aspettino le famiglie, le imprese, la gente”;  (..) Passando a parlare del partito, Renzi ha affermato: “O tutti insieme ci diamo una smossa e proviamo a portare Pd e Italia o non si va da nessuna parte. La frontiera è esattamente dove sta il Pd”; (..) Rivolgendosi al segretario del Pd, il sindaco di Firenze ha affermato: “Se ci chiamiamo Pd, dobbiamo fare il congresso”. “Avevo capito – ha rimarcato – che non ti candidavi tu, non che non ci facevi fare il congresso. Dobbiamo rispettare le regole, sennò non si va da nessuna parte”. Per Renzi “entro il 7 settembre vanno fatte le regole, è una questione di principio. Chiediamo agli altri di rispettare le sentenze e noi non rispettiamo le scadenze?” E ancora: “Se divento segretario la prima cosa che rottamiamo saranno le correnti. Abbiamo bisogno di idee e di speranze, non di acrimonia e rivalità. Rottamiamo le correnti di questo partito se vogliamo un Pd che non perda le elezioni”. (..) “La speranza non si eredita, si conquista – è stata la conclusione del sindaco di Firenze -. Anche il Partito democratico non si eredita, si conquista”.

Letto bene? Ora, cambiamo musica (io sono decisamente più sinistra metallica del Sindaco of Florence) e diamo corpo alle parole – ovvero: cosa c’è dietro i jingle e gli slogan.

Lui può aspettare. Certo, fa apposta ad aspettare e non fare niente (soprattutto, non  partecipare mai alle Direzioni) così gli altri si logorano: Letta con il Governo, Epifani con le idi di Marzo permanenti del PD, Berlusconi e Grillo con le proprie ossessioni nevrotiche. L’importante è che non aspetti il Paese, anche se la frontiera è dove sta il PD. E dove sta il PD? Non si sa, abbiamo il navigatore guasto; Renzi, poi, è un boy-scout: lui si orienta con le stelle che da Terra, ormai, si vedono soltanto in caso di black-out. Ma per fare del PD la prossima saga di Star Trek, serve il congresso: gentile da parte di Renzi ricordare a Epifani che non deve candidarsi (si sa, questi anziani, con la memoria..), quanto alla data – beh, quello è un altro giochino per logorare gli altri. Lui, tanto può aspettare, magari nel frattempo fa il bis alle Comunali e fa i provini per “Chi vuol essere Segretario?”. E detto che una sentenza ed una scadenza NON sempre rappresentano una condanna, anche se il PD è condannato a cambiare segretario di continuo, la vera perla della settimana arriva qui: “Abbiamo bisogno di idee e di speranze, non di acrimonia e rivalità. Rottamiamo le correnti di questo partito se vogliamo un Pd che non perda le elezioni”. Ecco fatto: non mi aspettavo certo che dicesse idee DIVERSE e speranze COMUNI (non in senso municipale), ha detto solo due cose così, tanto per l’applauso. Il capolavoro è la rottamazione delle correnti: perché chiedere un’assunzione di responsabilità ed intelligenza quando, semplicemente, basta abolire le correnti? Quando sarà Segretario lui, ci sarà solo la corrente dei Renziani – gli altri, democraticamente, o si adeguano o sono fuori. Chiaro?

E per essere sicuro ed evitare fraintendimenti, aggiunge pure: il PD non si eredita, si conquista. Ah, che nostalgia, ritornano le gioiose macchine da guerra. Finalmente avremo un segretario heavy metal, con borchie e accette – i Manowar, insomma. Il ragazzo è proprio monocorde e pesante come uno qualsiasi dei loro dischi. Questo, tuttavia, mi conforta: se il terreno di scontro è questo, mi schiero con Hetfield ed Ulrich (Metallica, per i non adetti) al fianco.

For Whom The Bell Tolls, Sindaco.

Buone letture

[banner]Gianni Cuperlo, candidato sottovoce alla segreteria del Partito Democratico, è intervistato da Vittorio Zincone sull’ultimo numero di “Sette” (magazine del Corriere della Sera). Parla di partito, FGCI, modelli, sinistra, idee, film (il preferito? “Barry Lindon o un altro qualsiasi di Stanley Kubrick” – già questa risposta vale un programma). L’intervistatore lo ritrae come capace di citare “con disinvoltura politologi americani e filosofi tedeschi,romanzieri russi e storici assortiti”. Poi, si arriva alla domanda: “Il governo Letta potrebbe resistere ad una vittoria di Renzi al congresso?”. Risposta: “Renzi ha detto che non lavora contro il governo. E Renzi è un uomo d’onore”.

A quanto pare, ha letto anche Shakespeare. La domanda, allora, è: sapendo chi è Bruto, chi fa Giulio Cesare e chi Antonio?

La Fiera delle Mozioni

Ultimissime dal laboratorio politico del PD: è nata la mozione “Poi Vediamo”. Ora, anche se il mio senso dell’umorismo è talmente sviluppato da costituire spesso un problema più che una soluzione, non sempre riesco a prenderla con spirito proprio, diciamo, filosofico. Se poi si tratta di politica, ambito nel quale la filosofia non avrebbe mai dovuto entrare, a volte la prendo proprio in acido. Quindi, non riesco a digerire la mozione “poi vediamo”, anche se pure io mi domando – come gli estensori di questo nuovo spiffero (dovrei chiamarlo “corrente”?) quale sia davvero l’importanza della questione “segretario e/o candidato premier”. Non ci sto perché anche questo dimostra quanto nel PD si sia lontani, persino nella comunicazione ludica, da quello che un partito moderno dovrebbe essere: serio e non serioso, votato all’affidabilità anche a scapito della meravigliosa visibilità personale, moderno e non modernizzante, giovane nelle idee e nel linguaggio senza scimmiottare penosamente linguaggi che non sa governare. Un partito che sia ‘democratico’ in quanto unione e superamento delle tre grandi culture che l’hanno fondato, una sintesi a NUOVO. Un partito del “vediamo subito” e – soprattutto – un partito plurale, non una sfilata di leader trendy e vanitosi (qui infilo il mio sostegno al ‘demodé’ Cuperlo. Quanti si ricordano che fu lui, forse, il primo in assoluto a citare quel passaggio di Saba sull’ “uccidere i padri” – ed in quale circostanza?). Un partito che faccia il proprio lavoro, insomma, non che si perda nella sterile rivendicazione del passato e dei territori interni: un partito che non abbia più la cinica abitudine a “ripartire” (quante “ripartenze” abbiamo già fatto? Ma cosa siamo, una moto usata?) ma che, semplicemente, continui.
Capisco che esagero: pretendo troppo. Per un risultato del genere, occorre minimo minimo un’altra mozione – ma in politica mi hanno insegnato la necessità della critica costruttiva, non mi tiro indietro. Presento anch’io la mia mozione, conseguente all’idea di partito che propugno. E dato quello che ho scritto, non può che essere la mozione “Total Recall”.
Ci serve un programma nuovo..

Paranoid

Dunque, vediamo: durante le ultime presidenziali americane, uno dei più forti argomenti impugnati dall’ala repubblicana e dagli ambienti industriali e finanziari ad essa vicini avverso Barack Obama suonava più o meno così: Obama porterà l’America alla rovina, in quanto non ha intenzione di abbandonare l’Europa al suo destino. Seguiva profluvio di analisi tecniche tutte volte a dimostrare incontrovertibilmente quanto il vecchio continente fosse prossimo al collasso socio-economico. Ora, Obama ha vinto, nonostante questo argomento, nel cuore di molti good guys a stelle e strisce avesse un non indifferente appeal; ha vinto, ed ha mantenuto il punto: l’America non uscirà dalla crisi senza l’Europa.

Detto questo, che succede in questi giorni? Succede che un bravo ragazzo arruolato dalla più famosa agenzia del mondo in qualità di spia, abbia una profonda crisi di coscienza e decida di rivelare al mondo intero l’acqua calda: gli Stati Uniti spiano tutti – ma proprio tutti e lo fanno da anni. Boom. Conquistati i media in ogni ordine, grado e forma, la spia pentita (avete presente cosa deve saper fare meglio di tutto una spia, vero?) si rende invisibile in un terminal che, con buona probabilità, è frequentato più da spie di ogni paese che da comuni passeggeri. Mentre tutti trepidano per la sorte di qualcuno che, forse, lo scrivo giusto perché è un mondo paranoico, sta ancora prendendo ordini, buona ultima in ordine cronologico, l’Europa si adombra e chiede spiegazioni e riparazioni agli Stati Uniti.

Ora, la domandona: (e subito l’aiutino: esclusi i terroristi internazionali, ovvero il motivo ufficiale di cotanto spiare) a chi giova, dunque, se America ed Europa litigano e, magari, i solidi legami globalizzati si allentano un pochino – o decisamente – e la vecchia Europa viene lasciata in balia degli speculatori/sciacalli finanziari più potenti, il cui gotha si trova proprio negli Stati Uniti?

Tranquilli, avete tempo per rispondere. Ma solo se siete paranoici, of course.

Visions

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi; navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.

Ma non avevo ancora visto un b’rlusk-o’noid peloso mettersi il rossetto, gridando: “Siamo tutti puttane!”

Ho girato la mia nave e sono tornato su Alpha Centauri: lì, l’Azienda Sanitaria Stellare passa la rimozione dalla memoria degli eventi traumatici.

Meglio Ius Soli che male accompagnati (dalla badante)

Che profondità di pensiero, che modernità di concetti, quale scioltezza intellettuale: l’articolo di quest’oggi firmato sul “Corriere” dal Professor Giovanni Sartori sciorina concetti di tale levatezza da provocare le vertigini ad un cittadino rozzo e malaccorto come me. Rivolgendosi al Ministro per l’integrazione, Signora Kyenge Kashetu (persona alla quale, sin dalla nomina, pochi commentatori, invero, hanno prestato attenzione), impartisce una lectio magistralis in tema di integrazione. Dopo essersi con sincero stupore domandato “cosa ne sa di ‘integrazione’, di ius soli e correlativamente di ius sanguinis” una persona che è “nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica”, il Professore mette il dito nella piaga: detto che “la nostra oculista” non ha letto il suo seminale trattato “Pluralismo, Multiculturalismo e Estranei”, che la Sinistra “avendo perso la sua ideologia ha sposato la causa (ritenuta illuminata e progressista) delle porte aperte a tutti”, chiesto “quanti sono gli immigrati che battono le strade e le rendono pericolose”, Sartori punta il dito contro “la brava Ministra” ed ammonisce: “se lo Stato italiano le dà i soldi, si compri un dizionarietto e scoprirà che ‘meticcio’ significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse”.

Non posso che inchinarmi davanti a siffatta capacità di analisi, serena e critica, la lama di un bisturi intellettuale. Sorprende davvero la competenza estesa in materia di integrazione, considerando che il Professore è nato in Italia, si è laureato in Scienze Politiche e Sociali e si è specializzato in Storia della Filosofia Moderna, oltre che nel riempire alcuni spazi giornalistici altrimenti destinati a triste vacuità. Che dire? Un brano da meditare, una luce, anzi: il plenilunio in una serena Notte dei Cristalli.

Consiglio finale per “la nostra oculista”: se lo Stato le dà i soldi, non manchi di comprare l’opera omnia del Professore. A fascicoli, in edicola con il Corriere. Insomma, integrazione e marketing: è per la crescita (culturale) del Paese.

La Quercia Caduta

Di recente, e’ tutto un fiorire di (tardivi) riconoscimenti, nel PD, per il lavoro svolto dall’ex-segretario Bersani. Non so perché, tuttavia mi sono tornati alla memoria i versi di una poesia di Pascoli, quel fanciullino rimante:

Dov’era l’ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!

Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!

Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell’aria, un pianto… d’una capinera

che cerca il nido che non troverà.

Ecco, appunto. Alla prossima capinera.