Buone letture

Ho ascoltato in diretta il discorso di Gianni Cuperlo alla Convenzione Nazionale del PD. Sono già schierato con lui, sono convinto delle sue qualità e capacità da molto tempo; anche da prima di quel congresso di Firenze con il quale i DS scelsero di far parte del progetto Partito Democratico. Il discorso che Cuperlo pronunciò in quella occasione, ascoltato da una platea distratta dall’imminente intervento di un big, fu importante e netto, com’è tipico suo. Quel discorso conteneva l’ormai famosa ed abusata citazione di Umberto Saba, il poeta, ovvero “Gli italiani sono l’unico popolo, credo, che abbiano, alla base della loro storia, o della loro leggenda, un fratricidio. Ed è solo col parricidio, con l’uccisione del vecchio, che si inizia una rivoluzione. Gli italiani vogliono darsi al padre, ed avere da lui, in cambio, il permesso di uccidere gli altri fratelli”, che da sola spiega molte cose della storia, politica e sociale, del nostro paese – e di questo partito. Una citazione che altri, in apparenza insorti con la vocazione al parricidio, non arrivano neppure a sfiorare nella sua superficie. Il discorso di oggi non è arrivato a toccare punte di così feroce polemica intellettuale ma non è stato meno deciso, puntuale, ampio e programmatico. Citando valori, idee, musica (il ‘canone’ come metafora dei valori che mai dobbiamo trascurare e la cui validità non muta con il tempo) e letteratura sportiva (Osvaldo Soriano, filosofo del calcio come metafora della vita) ha stilato l’elenco delle cose da fare come partito, come forza sociale, come sinistra. Non ha negato errori, non si è concesso smargiassate: le riforme servono qui ed ora, non dal 9 dicembre e la rivoluzione, se davvero è questo che abbiamo in mente, non è un lavoro part-time, da alternare ad altri impegni. Detto questo, mi direte che ha letto il discorso (ve lo confermo, è difficile che vada a braccio) e che non lo ha interpretato: niente battute, niente pause (ha perfino interrotto gli applausi in un paio di circostanze), niente intonazioni ad effetto. Vero. La domanda tuttavia è: finalmente è arrivato il momento, in Italia ed a sinistra, di affidarsi a persone serie, responsabili e preparate anche se non brillanti o anche questa volta, in nome dello stramaledetto carisma (forza, fateci una finanziaria con il carisma..) ci affideremo a qualche simpatico improvvisatore?

(Se sono almeno riuscito ad incuriosirVi, il discorso di Cuperlo è sintetizzato qui).

The Walking PDead – stagione 2

Riassuntooh: la nuova stagione di Sbagliate Creanza è già stagionata. 150 anime ufficiali, ovvero uno sparuto drappello di ufficialmente vivi ed un crescente plotone di ufficialmente morti – ma in attività. I morti camminano sulla terra, percorrono le strade, rivendicano i propri diritti. E quindi..

“Si vota!” Un sorriso malizioso si dipinge sul viso del piccolo Matteo, nel momento in cui dà ufficialmente il via alle operazioni di voto. Non sono passati che pochi giorni dall’incontro notturno con l’ex-segretario, ex-tintore, ex-qualsiasi cosa Luca, eppure potrebbero essere passati mesi – anzi, a giudicare dalla qualità dei decadenti corpi che affollano la sede del Partito Progressista, ANNI. “Si vota, Signori!”, ripete, strofinando le paffute manine, osservando all’intorno: la sede non è piccola ma l’affollamento è tale da renderla insufficiente; manca persino l’aria, nonostante porte e finestre spalancate. Certo, il caldo soffocante è un problema solo per i pochi che ancora respirano..

Solo pochi giorni, nei quali Matteo, insieme a Sara, la fedele (ma a che?) vice-segretaria permanente (in quel momento, impegnata al seggio , indossando una maglietta con la dicitura: “Basta con il Governo delle Banche Intese”)  ed a Pier Paolo Dito, l’evoluente skater del Movimento 5 Rotelle (in quel momento, impegnato a spiegare, fuori dal seggio, che  “il nuovo sono io, sono io il nuovo – scusa mi raccogli l’occhio?”), ha convocato, organizzato e normato le votazioni per eleggere il nuovo segretario cittadino. Nuove regole, perché  il Partito Progressista deve essere trasparente ed aperto, aperto a tutta la società

Dalla porta aperta del partito aperto entra, a sorpresa, un pezzo di vecchio partito chiuso (che è chiuso in più d’un senso). Pallido, emaciato ma in buona salute (soprattutto in rapporto alla condizione di buona parte dei presenti), Luca fa il suo ingresso in quella stanza dove, fino ad un mese prima, svolgeva le sue funzioni politiche. E’ uscito dall’ospedale quella stessa mattina, dopo un intervento, riuscito, per riattaccare il braccio. Prima dell’operazione, si è assicurato che moncone e braccio staccato fossero adeguatamente disinfettati. A fuoco. Nessuna conseguenza, salvo il fatto che il braccio riattaccato funziona ma non lo sente; lo sentiva di più quando era staccato. Tuttavia, ha ancora in mente la precisa, serena, diagnosi del professor Aristide Lama, il luminare del taglia-e-cuci.

“Che pretende??  E’  la sinistra,  funziona  così:  ora-e-sempre-un-solo-progetto: rigetto, rigetto, rigetto”.

Lo spettacolo all’interno del circolo sembra offrirgli una chiave pratica di lettura di quello slogan, preferisce soprassedere. La luce del mattino, fredda e tagliente, fa di lui una sagoma rattoppata sulla soglia del partito. E’ questo che fa, la militanza: ti trasforma in una metafora di te stesso. Luca detesta le metafore, quindi parte all’attacco del giovane Matteo.

“Non siamo un po’ troppi, a votare?”. Matteo non dismette il suo sorriso fiducioso e mellifluo: “Niente affatto. Tutti iscritti. Il regolamento ammette le iscrizioni in qualsiasi momento, anche in bagno”.

Luca non demorde: “Da quello che vedo, qui qualcuno è iscritto dal 1870. Forse è il caso di restringere l’arco temporale”. Matteo neppure: “L’arco temporale non deve contraddire l’arco costituzionale. Questo è un paese libero, democratico e partecipativo. Tutti possono partecipare”. Il controluce nasconde il sopracciglio con sdegno sollevato da Luca: “Anche i redivivi?”. La replica del paffuto è fulminea.

“Vuoi mettere l’esperienza? E’ l’inizio di una nuova stagione: lo zombie, è progressista. Ritorna sempre”

(continua)

L’Impero colpisce ancora

L’Associazione Bancaria Italiana ha disdetto unilateralmente il contratto nazionale di categoria, ratificato nello scorso gennaio 2012. Una prima precisazione: il contratto non aveva scadenza 30 giugno 2014 come riportato dai media;  quella data fa riferimento alla scadenza tecnica di due anni che le parti si sono date da quando la durata effettiva del contratto stesso è stata elevata da tre a quattro anni. A quel termine prestabilito si ridiscute, ove necessario, solo la componente economica dell’accordo (insomma, in parole povere, l’adeguamento delle retribuzioni alle mutate condizioni economiche generali). Dunque, non sussiste, come sostenuto da ABI, il rispetto dei termini previsti per la disdetta contrattuale, se non, per l’appunto, con un cavillo tecnico: in realtà, è una precisa scelta politica, basata su una tempistica ai limiti dell’incoscienza. Difatti, l’ultima cosa che serve all’attuale Governo è un ulteriore fronte di malcontento sociale; per non parlare dell’eventualità (che certo non io auspico) che venga a mancare il Governo stesso, interlocutore di fondamentale importanza nell’eventuale trattativa (nonché probabile destinatario della richiesta ABI di intervento per coprire i costi sociali di nuove, pesanti “uscite” dalla categoria).

Di particolare durezza le parole di Francesco Micheli, presidente del comitato affari sindacali dell’ABI (riporto testualmente dal Corriere della Sera di oggi): “Il punto non sono le voci del Tfr ma un sistema che non è più sostenibile. Solo un esempio: Internet ha ridotto le transazioni del 50%. Dobbiamo trovare il coraggio di innovare introducendo nuovi mestieri. La consulenza va portata al cliente  fino a casa. Bisogna creare un maggior legame tra retribuzioni e risultati. E sempre più sarà necessaria flessibilità sugli orari di lavoro”.

Più che una dichiarazione, una piattaforma; alla quale mi auguro che la categoria e le rappresentanze sindacali sappiano dare adeguata ed altrettanto dura risposta. Basata magari su questi, concreti argomenti, nello stesso ordine di quelli enunciati dal presidente Micheli: 1) se il sistema non è più sostenibile, non lo si deve certo alle retribuzioni; 2) Internet non ha ridotto l’affluenza agli sportelli del 50%, l’affluenza é ridotta (dove è ridotta) perché l’utenza non ha liquidità da investire né altri motivi attraenti (vedi facilità di accesso alle forme di finanziamento o sostegno alle situazioni di difficoltà, che pure ci sono) per presentarsi ai nostri sportelli. Magari sarebbero da evitare costosi e fuorvianti spot pubblicitari, per una comunicazione meno penosamente ”simpatizzante” e più concreta; 3) Nuovi mestieri – e quali? I call center in videoconferenza  non sembrano proprio  “nuovi”  e se  comunque è questa  la  scelta  delle Banche che venga almeno normata  decentemente; 4)  La consulenza  viene già portata a casa del Cliente,sin dagli anni ’80;  5) Retribuzioni  e  risultati? Intende forse legare gli appannaggi di presidenti, a.d. e dirigenti di alto livello esclusivamente al risultato d”esercizio?;  6) Gli  orari sono  già  stati flessibilizzati nei  precedenti contratti: abbiamo le  notti, l’orario continuato, l’apertura  fino  alle  20  ed  al sabato. What  else??

 

24:p.d. – Leave Another Day

[banner network=”altervista” size=”300X250″]Quello che segue accade tra le 05:00′ e le 06:00′

Roma, nei pressi del Colosseo. L’agente Giacomo “Jack” Bauer, del Controllo Tenuta Unitaria scivola nelle ultime ombre della notte (che sono in realtà le prime luci dell’alba, ma non se n’è accorto: ha gli occhiali scuri), guidato da una segnalazione. Dal satellite del Partito, in orbita attorno a Ostia Lido – è un satellite sostenuto dallo sforzo dei volontari e dei militanti, di più non si poteva – è stato informato di una presenza imprevista tra gli spalti dell’antica arena.

Un giovane gladiatore turco.

Quindi, un gladiatore sveglio e attento: prima che Bauer riesca a scivolare tra le ombre delle arcate (che non fanno ombra, infatti erano riservate al pubblico vulgaris), lo apostrofa con voce solo leggermente annoiata: “Bauer. Ancora quella vecchia solfa del CTU. Lo sa che il vero guaio di questo partito è proprio la rimozione del conflitto?”

“Rimozione, Signore? Credo non mi siano state ancora rimosse le ultime pallottole che ho preso per il partito, Signore. Intendeva questo?”, ribatte, in tono afflitto, l’agente. Orfini solleva il mento e si gratta con delicatezza la barba, più folta di quanto l’iconografia del luogo consiglierebbe. Riflette. Nel frattempo, lancia due tweet. Alla fine, riprende, con aria assorta (simile allo scivolare nelle ombre di Bauer): “Agente, nel modo in cui stiamo nel governo abbiamo cancellato l`idea del conflitto: non si sa cosa ci stiamo a fare, per rappresentare chi. I nostri ministri, dal presidente del consiglio al capodelegazione Franceschini, sembrano ministri tecnici. Non fanno un`iniziativa che porti nell`agenda di governo il nostro punto di vista. L’ho dichiarato al Manifesto”

“Lo sappiamo, Signore. Seguiamo con attenzione i suoi movimenti, Lei pensa che nel partito ci siano professionisti del conflitto?”. Orfini si volta, osservando l’agente con malcelata contrarietà: “Ma mi ascoltate, oltre a seguirmi? Se c`è una cosa che abbiamo pagato in questi anni è la rimozione del conflitto, che è la fisiologia della democrazia. Teorizzare la fine del conflitto ha prodotto enormi vantaggi per i più forti. È una delle ragioni per cui sono aumentate le diseguaglianze. E per cui la sinistra ha tradito se stessa. Negare l`esistenza di contrapposizioni di interessi nella società significa smettere di rappresentare i più deboli e, per la sinistra, perdere di senso: quello che ci è accaduto. Ce ne fossero, di professionisti del conflitto, non saremmo ridotti così».

“Con tutto il rispetto, Signore ho sempre creduto che ci fossimo ridotti così per il nostro dna divisionista. La sinistra non esiste, se non si frantuma – sempre con tutto il rispetto, Signore. Non mi sembra un modo sereno di prepararsi al congresso”

Orfini sbuffa, senza darlo a vedere, mentre lancia un post su Facebook e due sms: Bauer è vecchio, come personaggio e come serie. Gli ascolti calano, inutile perdere tempo con lui. Comunque, già che c’è, risponde. “Se non c`è la crisi di governo, il congresso va fatto. Non capisco il gruppo dirigente asserragliato al Nazareno che cerca di ritardarne in tutti i modi la convocazione. E visto che molti agiscono in nome di Bersani, spero che Bersani prenda le distanze e dia una mano a convocare rapidamente la data. Lo riferisca ai suoi superiori, Bauer”. Si gratta ancora la barba, quindi, con plastico movimento aggraziato, si appoggia alla balaustra, contemplando l’arena. “Dovremmo tenerlo qui il congresso, un’assemblea di gladiatori della politica che lottano per la primazìa inter pares delle idee. Com’era, questa, Jack? Ho un’altra intervista, stamattina”

Bauer è ancora fermo al conflitto ma non rimuove il suo imbarazzo. “Buona, Signore. Pensa anche di sfilare davanti al reggente Epifani declamando ‘Ave Guglielmo MoriTURCHI Te Salutant’?”. A questa battuta, Orfini si porta una mano allo stomaco (con l’altra risponde ad un messaggio da WhatsApp), simulando un’improvvisa fitta: “Vede, Bauer, questa è proprio una battuta idiota, degna di quel rottamato che gliel’ha scritta. Riferisca anche questo”. A questo punto, il giovane dirigente volta le spalle all’agente del CTU, ignorandolo. Riprende ad accarezzarsi la barba, pensoso. Nel medesimo istante, posta un nuovo intervento, senza accorgersi che sta usando l’orologio.

Bauer lo osserva, pensoso a sua volta, solo per un attimo, mentre si allontana, ombra tra le ombre (eddai). Prima di abbandonare gli spalti, osserva ancora: c’è qualcosa.. nell’aria.. Si accorge che Orfini sta vistosamente annusando. E prima che Bauer possa fare domande, Orfini posta a voce alta.

“Mi piace, l’odore del conflitto di prima mattina. Profuma di.. segreteria”

05:59′:57″ … 05:59′:58 …  05:59′:59″

N.B.: quelle in grassetto, sono dichiarazioni testuali, dalla citata intervista. Tutto il resto, as usual, è mio: e mi assumo la responsabilità solo della mia parte. Così. Senza rimuovere.

THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

Memo: Sbagliate Creanza, 150 anime in cerca di corpo non tumefatto. L’ex-Sindaco Luca vaga nottambulo e auto-mutilato per le strade di paese, cercando di ritrovare il senso della vita (politica, quella biologica sembra molto più compromessa). L’oscurità gli riserva un incontro inaspettato, un vivace bambino che gli intima di procedere a congresso: ha fretta di diventare segretario e sindaco. E la notte è ancora lunga..

“Allora, hai deciso?”

“Che cosa?”

“La data del congresso”

“L’unica cosa che ho deciso è quella di riaccompagnarti a casa e chiedere ai tuoi genitori cosa ci fai in giro per il paese a quest’ora”

Luca accompagna l’ultima risposta con un gemito, è incredibile quanto male possa fare un braccio staccato, soprattutto se è il sinistro. Tra sè, Luca considera anche quanto facile sia stato staccarselo, quel braccio, quasi che volesse staccarsi. Immerso in queste considerazioni, si lascia sorprendere dalla replica del piccolo Matteo.

“Giro quanto mi pare, visto che ho il permesso. I miei genitori stavano litigando ed io ho avuto l’autorizzazione a maggioranza dall’assemblea”

“Quale assemblea?”

“Quella dei miei amici. Li ho chiamati su Facebook”

“Sublime. Un voto su Facebook non è valido”

A questa risposta, il volto di Matteo si fa livido, la bocca stretta e le sopracciglia aggrottate: “Con questo dimostri la tua arretratezza, nonché la tua inadeguatezza a guidare questo partito. I tuoi strumenti sono vecchi e superati, è ora che tu ti ritiri e lasci il partito in mani giovani e moderne. Quando si fa il congresso?”

Vorrebbe rispondere, Luca, avrebbe argomenti da vendere. Eppure, non riesce – manca in lui la convinzione che quello della data sia davvero un problema più urgente ed importante degli altri. Il braccio sinistro ancora sanguina, dal moncherino attaccato alla spalla e dal braccio stesso, saldamente in mano alla destra. Al diavolo, pensa l’ex-sindaco.

“La vita NON E’ una metafora, ragazzo. La realtà è quella che abbiamo attorno, non quella che vogliamo che sia: e la realtà è che qui, prima di una data, ci serve un’idea. E ci servono persone. Vedi molte persone ATTIVE, intorno a te?” L’espressione di Matteo torna a farsi corrucciata, decisamente infantile – ma è subito trasfigurata da un malizioso lampo nello sguardo: “Attorno a me vedo un sacco di elettori delusi, è arrivato il momento di parlare con loro, di riavvicinarci a loro. Continueremo a perdere, a forza di avere la puzza sotto il naso”.

A quelle parole, la reazione di Luca non è solo spontanea, è chimica: “Non è puzza, è DECOMPOSIZIONE, qui sta tutto andando in malora e noi ce ne stiamo qui, al buio, in piena notte, a discutere di date, di sindaco e segretario e.. puzza! Voi sapere a me, cosa mi puzza??”. Matteo fa un passo indietro, spaventato dalla reazione: “Oh, oh, buono! Ricordati che sono un bambino”. Luca, però, è irrefrenabile. Una mente ed un braccio COMUNQUE collegati.

“Quello che mi puzza è che qui è pieno di stronzetti come te che lasciano fare tutto agli imbecilli come me, lasciano che mi prenda le palate di fango di tutti, lasciano che rischi in prima persona, che finisca con lo sbagliare – e poi saltano fuori, con queste belle faccine e tengono lezione, e ti spiegano quanto sei inadeguato e le cose meravigliose che avrebbero fatto al tuo posto.. nel frattempo, si tengono bene ai margini, hai visto mai che tocchi sudare in prima persona! Tu ti senti pronto, vuoi fare il sindaco, il segretario e magari vuoi anche la mia tintoria? Beh, sentiamo: qual’è il tuo programma?”. Quasi non si accorge d’avere sventolato in aria il braccio amputato, con la mano stretta a pugno.

“Ah, beh, il programma.. ci ho un amico che lo sta preparando per bene, è uno ganzo, uno scozzese, sai?”. Luca lo interrompe, di nuovo sventolando il braccio. “No. Fammi indovinare. Joshua McKinsey”. La sorpresa di Matteo è sincera.”Oh bella, lo conosci?”

Con calma, con lentezza secolare (da vecchio, insomma), Luca si appoggia alla parete dietro di lui, lasciandosi scivolare fino a terra; tiene lo sguardo fisso sul ragazzo ma è come se vedesse attraverso di lui. Come se vedesse quello che al ragazzo forse sfugge: il quadro completo. “Lo conosco. Conosco lui e conosco la sua famiglia, una famiglia numerosa, tutta in giro per il mondo e tutti con lo stesso curioso hobby”. Sospira.

“Spiegare a chiunque il suo programma”

(McContinua..)

24:p.d. – Leave Another Day

Quello che segue accade tra le 03:00′ e le 04:00′

Roma, nei pressi di Palazzo Madama. Giacomo (detto “Jack”) Bauer, ritrovato agente del Controllo Tenuta Unitaria del Partito Democratico, osserva le severe linee architettoniche del palazzo, sede del Senato della Repubblica. Data l’ora, nessuno dovrebbe trovarsi all’interno, salvo forse qualche turista smarritosi durante l’orario di visite. Bauer ha notato qualcosa, tuttavia, quindi attiva il proprio cellulare in modalità “Traccia-senatori”, grazie ad una nuova ‘app’ appena scaricata illegalmente. Pochi secondi ed ecco, un puntino verde s’illumina sul display che riproduce in computer graphic il vetusto palazzo. Se l’aspettava. Non significa soltanto che il suo prossimo interlocutore si trova ancora nel proprio ufficio.

Significa anche una bella passeggiata per fogne e condotti d’aria. Non importa. Per quanto  antigienica possa essere la situazione, in questa serie le giacche non sono mai sporche.

Scoperchia il tombino accanto a lui, s’immerge. Destinazione: l’ufficio del Capogruppo del PD al Senato, On.Luigi Zanda. Dopo un percorso acrobatico che lo lascia più olezzante che spossato, Bauer si cala dal soffitto della stanza, di colpo, cadendo in piedi davanti alla scrivania del Capogruppo. Il quale, tuttavia, più che sorpreso appare seccato.

“E’ lei Bauer? Che diamine ci fa qui? Non ha qualcun altro da spiare, un terrorista, un frazionista, un giovane turco o un vecchio pirla? Non vede che sto lavorando?”. Giackomo lo osserva con espressione indecifrabile (la stessa di quando si guarda allo specchio, ormai non si decifra più nemmeno lui), spazzolandosi nel frattempo il completo blu immacolato. (E i liquami di fogna? Ve l’avevamo detto).

“Con tutto il rispetto, lei conosce la mia missione, Signore. La tenuta dell’Uli.. union.. dell’Unitarietà è un superiore interesse. Questo significa che ognuno di noi deve superare la verifica dei necessari requisiti: posso chiederle cosa sta facendo qui, a quest’ora?”. Il Capogruppo lo fissa aggrottando le sopracciglia (e ha già un aspetto minaccioso al naturale): “Non lo vede? Osservi questa pila di carte, questi documenti, anche questi qui ingialliti e spiegazzati.. sto lavorando alla nostra strategia di disorientamento”

“Signore?” domanda Bauer con la faccina compunta, domanda e faccina a lungo provate per circostanze di questo tipo (del tipo “non-ci-capisco-un-beato-cip”). “Diamine, Bauer, ma non ha colto gli indizi? I sintomi? Ma non vede come tutti ci danno addosso, a causa di disegni di legge che non abbiamo presentato ieri e nemmeno la settimana scorsa ma mimino – minimo!! – un mese fa?”. D’improvviso, l’intuito soccorre l’ancora olezzante agente Unificante: “Intende.. il disegno di legge per sostituire il principio di ineleggibilità con quello di incompatibilità, Signore?”. “Ma certo! E NON SOLO!”, di colpo alzando il tono di voce, il Capogruppo Zanda scavalca la scrivania con un balzo insospettabilmente agile, sostituendo il principio di gravità con quello di levità.

“Nessuno se ne è accorto.. sono anni che depositiamo disegni di legge a rilascio graduale.. ad ogni scadenza legislativa si ripropongono, come un virus informatico.. abbiamo un disegno di legge per sostituire il principio di incostituzionalità con quello di incomunicabilità.. il principio di solidarietà con quello di solidità.. un disegno di legge per abolire le leggi finanziarie e sostituirle con le leggi forfettarie.. l’intero Parlamento è disseminato del nostro disegno.. ahahahah”. Bauer trasale. Ora che si trovano l’uno di fronte all’altro, faccia a faccia, non può non notare lo sguardo determinato e lucido del Capogruppo. Non un semplice Capogruppo. Un Capogruppo con un piano.

“Capisco, Signore. L’idea è quella di portare a spasso i competitors, di stordirli e sfiancarli con inutili e vane discussioni polemiche”. Zanda lo abbraccia, commosso: “Esatto, ragazzo mio! Questa è l’idea! Soltanto che.. deve esserci un difetto nel piano..”. Il viso del Capogruppo perde di colpo tutta la giovialità mostrata negli ultimi secondi, per assumere un’espressione ancora più mesta e severa del solito (e qui, ci vogliono i tecnici degli effetti speciali).

“Signore? Quale difetto, Signore?”

“Il difetto, ragazzo.. è che ci cascano SOLTANTO I NOSTRI!! Ma si rende conto?? Continuiamo a litigare tra di noi, MALEDIZIONE”.

Tace. Si rende conto d’avere, in effetti, alzato troppo i toni – questo nuoce all’unitarietà. Sempre servizievole, Bauer raccoglie alcuni fogli caduti e li restituisce al Capogruppo, impietrito, lo sguardo fisso nel vuoto. Saluta con un virile e silente cenno del capo. Quando è già sulla porta (almeno uscire, vuole uscire normale), Zanda lo richiama.

“Bauer. Che ne dice di un disegno di legge per sostituire il porcellum con il procellosum?”

“Signore. E com’è il procellosum, signore?”

“Doppio turno all’italiana, sbarramento variabile, quota inversamente proporzionale ed formazione dirette delle liste con il televoto!! Premete uno per candidare Zanda, premete due per candidare Bauer, premete tre.. e così via! Certo, anche qui c’é una difficoltà..”. Bauer, in effetti, comincia a subire gli effetti del disorientamento. “Vede Bauer, per farlo, serve un telecomando ministeriale. Un telecomando unificato, uguale per tutti. Altrimenti, potrebbero esserci interferenze”.

Il Capogruppo fa ritorno alla scrivania, con un carpiato all’indietro degno d’un tuffatore. “Preparo subito un disegno di legge per l’istituzione del telecomando unico attivabile attraverso l’inserimento del tesserino sanitario nazionale, con presa USB per collegarsi direttamente al cervellone del Viminale. Che ne dice, Bauer?”

Bauer esita, prima di rispondere: ancora una volta, deve spingersi oltre i suoi limiti.

“Non lo so, Signore. Ma dato lo scopo, credo che il Ministero dovrebbe anche fornire le batterie”

03:59′:57″.. 03:59′:58″.. 03:59′:59″

THE WALKING PDEAD – Seconda Stagione

PROLOGO: Sbagliate Creanza, 150 abitanti trapassati e resuscitati grazie alle esalazioni d’un mefitico smacchiatore. Ingredienti sbagliati, macchie persistenti, comunità in decomposizione. Il responsabile, involontario, abbandonata ogni carica politica, vaga per le strade del paese, forse diretto a casa. SE esiste ancora un luogo da chiamare “casa”.

E’ notte, le strade sono avvolte in un’oscurità che non può essere neppure intaccata dall’esile falce di luna a malapena distinguibile in un cielo fitto di nubi. L’ex-sindaco e forse anche ex-tintore Luca avanza barcollando lungo il viale principale di Sbagliate Creanza. A differenza dei suoi compaesani, non sta subendo gli effetti di una lenta decomposizione: proprio per evitare di subire quella trasformazione, si è amputato un braccio, medicandosi poi alla meglio. Sa di essere svenuto e non gli occorre l’orologio – che, del resto, si è fermato – per capire d’essere rimasto incosciente per alcune ore. L’ultima volta che ha perso coscienza, il mondo si è capovolto: chi è vivo è un sopravvissuto, i morti governano seguendo logiche morte e non più sepolte.

Gliel’avevano detto, che la politica si stava estinguendo. Nessuno aveva previsto QUELLO sviluppo, però. Non è questo che ha in testa, mentre cerca di mettere un passo avanti all’altro, intontito dal dolore e dall’orrore; non è questo che lo angustia mentre tiene con la mano rimasta – chissà perché – il braccio amputato. Quasi riesce a sorridere al paradosso: è il braccio sinistro, “mi sono amputato la sinistra”. Di sicuro, qualcuno lo accuserà di grave cedimento alla destra conservatrice.

“Diranno che ho messo la sinistra in mano alla destra” e davvero quasi riesce a ridere – ma non esiste più, una cosa come ‘ridere’: i cittadini di Sbagliate Creanza non ridono, ghignano a denti e gengive scoperti. Nessuno ride, tutti si lamentano. Un lamento continuo. Funebre. “E’ colpa della crisi”, pensa Luca, domandandosi se per caso quell’argomento, dopo tanto tempo, non sia da superare. Non è solo la crisi, è anche qualcos’altro. Magari, uno smacchiatore sbagliato: e lo sporco, invece di scomparire, si diffonde. L’idea gli sembra interessante ma un’ombra furtiva interrompe i suoi dolenti pensieri (la testa non è l’unica parte che gli duole, anche il braccio gli fa parecchio male. Quello amputato, of course), oltre a spaventarlo. Un’ombra piccola, agile, veloce.

Un bambino. Riesce a vederlo, avvicinandosi, grazie alla debole ed oscillante luce d’un vecchio lampione (quante volte ha messo nel programma elettorale il rifacimento dell’illuminazione stradale? Mancavano sempre i fondi..); un bambino, in mezzo alla strada, a quell’ora. Lo osserva, ha il volto girato da una parte, sembra quasi imbarazzato per essere stato visto. Entrambi si scrutano, in silenzio. Luca sa di non essere un bello spettacolo; nel contempo, vorrebbe poter vedere bene in viso il bambino, per capire. Per sapere.

Sapere se è del tutto vivo. Oppure, no.

Decide di rompere gli indugi. “Ciao. Io sono Luca. Tu come ti chiami?”. Nessuna risposta. “E’ un po’ tardi per una passeggiata. Cosa ci fai qui?”. A questa domanda, il bambino decide di rispondere.

“Ti sto osservando”. “Scusa?”, risponde Luca, presagendo un’altra pessima svolta nella giornata. “Perché mi stavi osservando? Mi vuoi dire come ti chiami?”

“Mi chiamo Matteo e ti osservo perché voglio fare il sindaco ed il segretario di partito”

“Si, eh? Da grande?”

“No, da subito. Tanto, te quanto duri, ancora?”

(continuaaahhh)

THE WALKING PDEAD – Diciannovesimo Episodio

Riassunto: empasse politico-cimiteriale nel paese di Sbagliate Creanza. Il sindaco-tintore Luca scopre di essere, dal punto di vista politico, un cadavere in avanzato stato di decomposizione. I suoi cittadini, viceversa, non si accorgono d’essere, dal punto di vista umano, dei cadaveri in avanzato stato di decomposizione. Una contraddizione filosofica di difficile soluzione – ma di sicuro  olezzo..

“Carne”. Non serve l’istinto del buon politico e neppure il buon senso del padre di famiglia per capire che la situazione sta precipitando; “carne”, Luca non ci aveva pensato – proprio per questo commettendo l’errore che i suoi cittadini gli stanno rimproverando. Non ha capito, non ha visto l’evolversi della crisi, le conseguenze. Ha perso di vista la gente, i veri bisogni.

Ad occhio e croce, escludendo i non-ritornati, su 150 anime, 120 bisogni in avanzato stato di astinenza da cibo. Un unico cibo, un solo alimento che può placare la fame del popolo: la carne. E  va già bene che nessuno stia precisando di quale qualità.

Anche se, da come lo guarda Pier Paolo Dito. Quella che gli cola dall’angolo della mascella pendula, non é forse bava?

“Quindi, fatemi capire: il punto centrale del programma é  provvedere ad un approvigionamento di carne tale da soddisfare le.. eehr.. nuove esigenze della comunità?”, domanda, ben sapendo di non poter ottenere altro che un deciso ciondolare di teste in segno di assenso. Un paio di teste, per l’intenso sforzo condivisivo, rotolano a terra – ma vengono subito recuperate. Luca prosegue, ragionando più tra sé, a voce alta, che con l’assemblea.

“E va bene, certo, ci dobbiamo adeguare al mutamento dei tempi, trovare soluzioni nuove  alla crisi, rispondere alle esigenze dei cittadini.. qualcuno mi dice come la pagheremo, tutta questa carne? Il nostro bilancio presenta entrate per diecimila euro e spese per dodicimila – siamo già in rosso di duemila euro. Qualche idea? Tagli al bilancio? Alle spese? Nuove entrate? Vendiamo metà della centrale del latte ai privati?”

Qui giunto, Luca s’accorge d’avere commesso un altro errore,  di nuovo la foga oratoria ha  fatto venire meno la lucidità  politica: la centrale del latte, da dieci anni ormai, é privatizzata al 100%. Anzi, passando di proprietà in proprietà,  ora non é più nemmeno italiana. Il sindaco-tintore sceglie di fare buon viso a  cattivo gioco, di attendere le proposte. Che arrivano, come no. Nell’ordine:

Qualche  idea? Tante, i cittadini sono una miniera, basta ascoltarli (riconosce la voce, é di nuovo Sara, al terzo cambio di T-shirt. Questa recita.”Il  popolo ha sempre raggione”, due ‘g’, sostantivo rafforzativo);

Tagli  al bilancio? Sì, aboliamo i contributi per le scuole private e facciamo liquidità vendendo gli immobili comunali (Luca sogghigna, non é l’unico a doversi aggiornare: l’unica scuola privata di Sbagliate Creanza era l’Istituto Informatico Bistazzoni, fallito dopo che  il Dott.Bistazzoni era stato arrestato per utilizzo del proprio hardware su software minorile. Quanto agli immobili comunali, l’unica proprietà di Sbagliate Creanza é il municipio, ricavato da una vecchia cascina. Il Comune sta ancora pagando il mutuo quarantennale per l’acquisto dal vecchio proprietario, il fattore Fedrighini, defunto da venticinque anni e dunque presente alla riunione – la proposta deve averla suggerita lui..);

Tagli alle spese? Un  coro: ridurre i costi dell’amministrazione comunale, dimezziamo i dipendenti (questa dura lo spazio d’un secondo, il tempo di precisare che i dipendenti comunali si quantificano in ragione di uno. Qualcuno propone di dimezzare ugualmente);

Nuove entrate? Qui grande intervento del leader del momento, pardon: del movimento, P.P.Dito: “Servono nuove entrate MATERIALI. Il popolo chiede carne e carne deve avere: abbiamo le scandalose percentuali dell’invenduto annuale, degli scarti, di tutto quello che le multinazionali della carne mandano al macero. Dobbiamo intervenire, dobbiamo requisire. Ed una volta creato questo flusso di carne in entrata …”

“No, per favore” pensa con improvviso e gelido timore Luca, “non un’altra proposta rivoluzionaria..”.  E’ un pensiero cattivo e viene subito punito, P.P.D. conclude:

“.. redistribuirlo sotto forma di SPUNTINO  DI CITTADINANZA”

Applausi (per lo più a braccio singolo), urla (di agonica gioia), approvazione famelica. Il momento è cruciale, Luca lo sa, soprattutto sa cosa deve fare. Ha scelto, non tornerà indietro.

“Sapete che c’é? Io questo programma non lo voto. Non voto un bilancio così. E siccome su queste materie, é in discussione la fiducia alla Giunta, non mi voto neppure la fiducia. E quindi, conseguentemente, mi dimetto. Fatevela da soli, la Giunta”.

E prima che qualcuno possa replicare, si avvia verso la porta dell’aula.

(continua – meno uno al finale di stagione. E senza aspettare Halloween)

THE WALKING PDEAD – Diciottesimo episodio

Riassunto, mentre la polvere dei secoli si deposita: swiiiiiifffer. (Traduzione: Sbagliate Creanza, 150 anime – effettive – travolte dalla crisi. Anime tormentate, anime risolute a trovare una soluzione. Anime. La carne, in effetti, é scesa di qualità)

“La tua squallida manovra per raggirare la volontà popolare é fallita. Il tuo penoso tentativo di falsare le regole elettorali naufraga davanti alla verità, all’ordine naturale delle cose: finché c’é Movimento, c’é vita. Noi rappresentiamo la nuova società, il cambiamento, la rivoluzione. Siamo più che riformisti, siamo risorti. Tu, invece, sei morto”

“Una logica ineccepibile”, riflette in contingente silenzio Luca. “Ineccepibile, certo, se ti chiudi in bagno da solo a masturbarti”, si risponde, in astinenza d’assenzio. Vorrebbe essere ancora in negozio, nel retro, a miscelare gli ingredienti dello smacchiatore: ce l’aveva quasi fatta, non avesse sbagliato la dose di acido, avrebbe avuto l’arma finale contro lo sporco. Sarebbe stata una rivoluzione. La rivoluzione del bucato.

“Non é tempo di rivoluzioni”, proclama, stoppando con una presa volante di sinistro l’ultimo carpiato autofilettante (coefficiente di difficoltà 3,0) di  Pier Paolo Dito, il leader dei 5 Rotelle. “C’é una crisi che impone soluzioni ragionate ed interventi a tutto campo, senza escludere nessuno. I vostri sette punti interessano solo a voi”

Dito, riuscendo comunque a terminare il salto autofilettante, punta verso di lui un indice alla memoria (nel senso: tende la pargoletta mano ormai ridotta ad un melograno, senza più dita ognor): “Noi? Svegliati, cadavere – noi siamo i Cittadini, noi siamo la società, siamo le vittime del tuo sistema, siamo quelli che hai ridotto in miseria con le tue ruberie”. “Miseria” e “Ruberie”, funzionano, rianimando l’assemblea che s’era temporaneamente assopita. Non che fosse proprio sonno. E neppure temporaneo.

“BBBBWWWaastaah con i politici corrottiiiIIIHHH.. MMMBBBBBAAhhstaaa con la vecchiaaAAHHaaaAAAKKLAaaasseh dirigenteeeMMMGGGHHH.. A casaaahMMMMMGGGutti a MMMMMGGGGGaasah”

“Sei scemo?”, interviene con la consueta, serena lucidità Sara, la sua (in)fedele vice-segretaria: “Cosa vuoi fare, metterti contro i tuoi stessi cittadini? Alienarti dalla realtà? Dobbiamo restare nelle strade, nelle piazze, dove si vive la vita vera!!”

Vita vera? VITA vera? Con un branco di avanguardisti del movimento “si scopron le tombe/si levano i morti/i martiri nostri/son tutti risorti” che dà a lui – a  LUI – del cadavere? Luca conta lentamente da dieci a zero, un buon politico, un buon amministratore sanno quando è il momento di mantenere la calma, di mantenersi lucidi.

“IO sarei un corrotto? Sono quindici anni che lavo i vostri panni sudici, che smacchio le schifezze che vi impastate sulla camicia, sulla giacca, sulla gonna.. vi ho lavato tutti, a prezzi inferiori a quelli di mercato, perché cercavo di aiutarvi, perché capivo la difficoltà.. vi ho smacchiato a secco e quasi a gratis.. risciacquo e centrifuga a prezzo politico.. pantaloni stirati perfettamente in linea.. in linea.. la linea.. una volta,  c’era la linea, c’era un progetto, un obiettivo comune e si seguivano delle regole e ADESSO, adesso venite a dirmi che c’é  la rivoluzione, c’é il movimento, c’é la società nuova MA VI SIETE GUARDATI BENE??”

Si ferma. E’ consapevole: sta sbagliando tutto, prima o poi ci sarà un’altra elezione, i cittadini vanno blanditi, vanno capiti, giustificati, scusati, sempre. Sta sbagliando. MA. Non ne può più – com’é quella vecchia barzelletta? Oh, come si chiamano gli abitanti di Sbagliate? Gli Sbagliati? Beh, lui é il Sindaco. E’ il Primo Sbagliato. E conclude, sullo slancio.

“Vi siete guardati? Siete così nuovi, così bravi, così puliti che l’intera popolazione di insetti ed anellidi di questo paese si sta nutrendo di voi. E se vi rimanesse qualche bulbo oculare, potrei anche andare a caccia di travi”.

“Cacciaaa??”, strilla P.P.Dito, “il Movimento é contrario alla caccia!! La caccia fa parte della vecchia politica, é parte del sistema. Noi aboliremo la caccia ed apriremo ai supermercati”

“Cosa c’entrano i supermercati, adesso?” chiede Luca.

“E’ normale che un politico arrogante e vecchio non capisca i bisogni dei cittadini, i bisogni veri, concreti di ogni giorno. Servono più supermercati perché serve più CARNE. Abbiamo FAME”. E nel dirlo, schiocca la mandibola.

Quella, gli è rimasta. E bella forte.

(continua – meno due al finale di stagione. Non granché, del resto é una stagione morta)

THE WALKING PDEAD – Diciassettesimo episodio

Riassunto, dall’inizio: prendete un giovane Segretario, di professione tintore, impegnato a vincere un’elezione e distillare un nuovo, potente smacchiatore. Mescolate, sbagliando le dosi, proprio come lui. Bang. A questo punto, svegliatevi in ospedale, senza sapere che sono passate due settimane e, nel frattempo, il mondo – almeno il vostro – si è capovolto. E che le elezioni, era meglio perderle.

Non vola una mosca, nell’aula di scienze della vecchia scuola elementare. Sono tutte posate, infatti, sulle avvizzite fattezze dei cittadini di Sbagliate Creanza, fanno oramai parte di loro: sono cittadini ronzanti. A loro modo, soddisfatte della situazione.

Non vola una mosca ed il sole sta tramontando, le ormai lise tende di tela grezza grigioverde lasciano trapelare lance di luce dorata, tendente all’imbrunire. Un soffuso disegno diagonale che gioca con le fattezze severe – genere: mummificato – dei presenti. Gioca con i capelli ramati di Sara, il cui vivace incarnato contrasta – genere: opposizione continua – con il livido pallore generale. Gioca con le orbide incavate di Pier Paolo Dito, il giovane skater, il nuovo che avanza, il rappresentante del Movimento  5 Rotelle. Nel gioco di luci tagliate ed ombre diffuse, la sua espressione non è decifrabile con facilità ma si potrebbe dire che stia ridendo.

Del resto, gli si è appena staccata una guancia, la sinistra. Gli rimane la destra, un pochino gonfia – ma é sempre un bel ragazzo. Ha le sue ammiratrici, pronte a staccarsi i capelli per lui. Cadrebbero, comunque.

Non vola una mosca, quindi, ma alte volano le proposte dei neo-assessori incaricati. Tutte, peraltro accomunate da un dato: prevalentemente intese a favorire una ed una sola parte della comunità, per quanto, al momento, numericamente preponderante. Il nuovamente Sindaco Luca (neppure lui saprebbe dire come e perché ed il taglio di luce gli arriva dritto negli occhi, rendendogli difficile distinguere quelle traballanti ombre assiepate davanti a lui) sa che é arrivato il suo momento, la  parola é a lui, per l’ultima proposta, per completare il programma in otto punti. Non é che non trovi le parole. Non riesce proprio ad esprimere un’idea. Quel consesso tanto programmaticamente determinato quanto biologicamente in decadimento sta per sovvertire il naturale ordine delle cose come se mai ne fosse esistito uno. Le nuove regole altro non sono che la funebre parodia di quelle vecchie. In nome della comunità. In nome del nuovo. Riforme e progresso.

“Ma se nemmeno il sole si decide a tramontare”, pensa tra sé, lo stomaco perforato dall’acidità, “se nessuno é mai veramente morto, se nulla é mai davvero rimesso a nuovo.. qui fuori ci sono i ponteggi, da dodici anni. Lavori di ristrutturazione mai iniziati.  Questo posto ha qualcosa di sbagliato.. é iniziato tutto qui ma non é qui che finirà.. questi possono andare avanti per altri cento anni, a finire..”

E’ sopraffatto dalla disperazione, si sente inadatto, fuori luogo: lui é diverso, troppo diverso da tutti gli altri, eppure sono i suoi compaesani, i suoi clienti, suoi colleghi di partito, suoi familiari – più o meno stretti. Alcuni, non li vedeva da anni: del resto, erano – temporaneamente – collocati a eterno riposo. Eppure, proprio in quel frangente, proprio quando é sul punto di abbandonare, lo coglie l’idea, l’ispirazione generata dal dubbio. E’ molto semplice: se si é usciti dal giusto binario, l’unica soluzione é ripartire dall’inizio. Ora si sente pronto, ora ha la sua proposta.

“Punto otto del programma: revisione dei criteri di eleggibilità. Poiché il nostro statuto afferma che i partiti non possono tesserare i morti, allo stesso modo non sarà possibile candidare ed eleggere i risorti”.

Stringe gli occhi, più per affrontare la reazione della platea che per il fastidio della luce. Pensa di essere preparato ma ancora una volta l’evoluente Pier Paolo Dito lo sorprende, portando il dibattito su un terreno imprevisto. Con la semplicità di una piroetta.

“I partiti, no, certo. Ma i movimenti, sì: finché c’é Movimento, c’é vita. E’ l’ordine naturale”

(continua – meno tre al finale di stagione. Tranquilli: nessuno muore, in questa serie. E se muore, beh, ritorna..)